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Dichiarazione di Franco MARINI

Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) 


 

«Basta con la guerra dei topi e delle rane» - INTERVISTA

  • (26 novembre 2008) - fonte: Il Messaggero - Claudio Sardo - inserita il 27 novembre 2008 da 31

    Così si mette a rischio il partito. Il segretario è Veltroni e la verifica si farà tra un anno

    «Ora basta. Dobbiamo dare un taglio a questa guerra insensata. Mi ricorda la Batracomiomachia, la guerra dei topi e delle rane raccontata in quel poemetto greco. Noi l’abbiamo tradotta nella guerra dei pizzini e dei sospetti di complotto. Dalla mia posizione di ”riservista” posso rivolgermi a tutti i dirigenti del Pd: attenti, così rischiamo di distruggere quanto di buono abbiamo costruito». Franco Marini parla nel suo ufficio a Palazzo Giustiziani mentre ancora è in corso il coordinamento del partito. L’ipotesi, o la minaccia, del congresso anticipato non la prende neppure in considerazione: «Ma quale congresso? Sanno tutti dal primo giorno che non si può fare nulla prima dell’autunno 2009. Non c’è una platea definita di iscritti. E poi sarebbe un suicidio concentrarsi su questioni interne mentre il Paese è alle prese con una crisi gravissima». Marini però è preoccupato. E stavolta non vuole ammorbidire i toni: «Vedo in giro troppa leggerezza e un vago senso di irresponsabilità. Il 25 ottobre avevamo fatto un piccolo miracolo: quella manifestazione al Circo Massimo aveva rimotivato la nostra gente. Ora le polemiche stanno scoraggiando persino il quadro attivo del partito».
    Chi ha le maggiori responsabilità? Veltroni o D’Alema? Veltroniani o dalemiani?
    «Quando si crea una situazione come questa, c’è una responsabilità generale. E ora Veltroni e D’Alema devono impegnarsi per chiudere questa pagina. O il partito fa un salto di qualità o rischia di precipitare. Il Pd è un grande progetto riformista. Il più ambizioso che l’Italia abbia avuto. Per me è una scelta irreversibile: ai leader che vengono dai Ds dico che debbono avere consapevolezza delle aspettative di chi viene da una storia diversa».
    Sta dicendo che per un anno bisogna astenersi dalle critiche al segretario del Pd?
    «Dico che certe critiche a Veltroni mi sembrano dettate più dall’animosità che dalla razionalità politica. È il segretario, è stato legittimato dalle primarie, indebolirlo è autolesionistico. A fine 2009 ci sarà la verifica. Lì discuteremo di tutto, della linea e degli assetti interni. Questo però è il tempo delle critiche costruttive. Anch’io ho contestato il partito leggero, il partito frou frou, ma il mio intento era migliorare, correggere. E penso di aver ottenuto qualche risultato».
    Tutto sommato è più severo con i dalemiani.
    «Non voglio fare il grillo parlante. Con D’Alema parlo spesso, lo farò anche quando tornerà dall’America. L’Italia sta entrando in una stagione molto difficile. Gli effetti della crisi finanziaria hanno raggiunto l’economia reale. Dilaga la cassa integrazione. 500mila giovani precari rischiano di perdere anche i loro contratti. Il Pd deve impegnarsi innanzitutto su questo».
    Per dare battaglia al governo o per costruire un patto di coesione nazionale?
    «Questo dipenderà dal governo. Riconosco a Tremonti di aver visto la crisi in anticipo, ma purtroppo non è servito al Paese. Il governo è in ritardo nelle contromisure. In ritardo anche rispetto al resto d’Europa. Bisogna intervenire subito per integrare le pensioni e i salari più bassi. E per garantire il credito alle piccole e medie imprese. Berlusconi si muova immediatamente e troverà in Parlamento un’opposizione seria e responsabile».
    Il caso Villari alla Vigilanza Rai però ha fatto prevalere lo scontro sul dialogo.
    «Ho apprezzato le parole di Berlusconi, di Schifani e di Fini. Il loro invito alle dimissioni, rivolto a Villari, è stato un segnale positivo dopo tanti segnali negativi. Mi auguro che il Pdl prosegua su questa strada».
    A Villari cosa suggerisce?
    «Non mi pare che ascolti i suggerimenti. Comunque, non si lamenti dell’espulsione. Se uno va a giocare a bocce con gli scarponi, è ovvio che la bocciofila lo caccia fuori». Oltre alla polemica nei gruppi dirigenti, c’è anche la divisione tra i sindacati a minacciarne la tenuta del Pd. «Nel sindacato ci sono le mie radici. Le divisioni sono per me ancor più dolorose. Perché, oltre al Pd, indeboliscono le istanze sociali nel rapporto con il governo. Nella Cgil ci sono state troppe rigidità sulla riforma del regime contrattuale. Oggi è soprattutto a livello aziendale che i lavoratori possono ottenere aumenti salariali. Spero di aver colto ora qualche segnale di apertura. A Bonanni e ad Angeletti però voglio dire che si può anche fare un contratto senza la Cgil, non la riforma della struttura dei contratti».
    Altro punto critico: il rapporto con il Pse. Quale compromesso è possibile nel Pd?
    «Il Pd deve portare la sua novità in Europa. Anche a me è costato molto lasciare il gruppo popolare. Il Pd non può entrare nel Pse. Deve marcare la sua originalità per favorire anche in Europa la nascita di un nuovo rassemblament di riformisti. Ciò non impedirà di cercare a Strasburgo un rapporto privilegiato con il gruppo socialista. L’ipotesi di una federazione tra il nostro gruppo e il loro mi pare ragionevole».

    Fonte: Il Messaggero - Claudio Sardo | vai alla pagina
    Argomenti: pensioni, economia, salari, veltroni, europa, pd, precari, Rai, D'Alema, PMI, pse, CORRENTI di PARTITO, Ds, crisi finanziaria, Congresso, riformisti | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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