Ti trovi in Home  » Politici  » Luciano VIOLANTE  » Non fermiamo la riforma della giustizia

Chiudi blocco

Altre dichiarazioni nel periodo per gli stessi argomenti



Dichiarazione di Luciano VIOLANTE


 

Non fermiamo la riforma della giustizia

  • (18 dicembre 2008) - fonte: Il Riformista - Luciano Violante - inserita il 18 dicembre 2008 da 31

    La direzione del Partito democratico si riunirà domani.
    Discuterà certamente delle difficoltà politiche ed organizzative del partito, ma non potrà ignorare le in inchieste che stanno colpendo molti suoi amministratori.
    Le due questioni, quella politico-organizzativa e quella giudiziaria non sono tra loro indipendenti; la seconda è la conseguenza della prima.

    Tutti siamo presunti innocenti sino a sentenza definitiva. Ma questo vale nei tribunali. In politica la responsabilità è oggettiva: bisogna farsi da parte quando si interrompe il rapporto di fiducia con i cittadini e quando cessa la credibilità personale e politica. Il sindaco di Pescara lo ha fatto ed è stata una decisione saggia. Altri dovrebbero seguirlo. Tuttavia il Partito democratico non può trincerarsi dietro alcune singole dignitose decisioni individuali perché è in discussione il modello di partito.

    Le organizzazioni regionali e provinciali del partito non devono essere lasciate a sé stesse. La scelta del governo ombra ha separato il gruppo dirigente nazionale dal resto del partito. I ministri ombra, come i ministri veri, non si occupano del partito ma della attività parlamentare e del rapporto maggioranza-opposizione in relazione ai singoli temi. Conseguentemente sono scomparsi quelli che nei grandi partiti erano i responsabili di settore, dirigenti politici chiave di una forza politica che aiutava la crescita sul territorio, acquisiva idee, entrava in contatto con energie fresche, costruiva un ramificato rapporto con settori della società, del mondo del lavoro e delle professioni. I responsabili locali, quando c’era un problema, un segnale di allarme, una preoccupazione ne parlavano con il responsabile centrale. A quel punto il centro sapeva cosa accadeva in periferia e la periferia aveva indicazioni di comportamenti dal centro. Il ministro ombra non può fare questo perché non è questo il suo compito. Aver ritenuto fungibili le cariche di ministro ombra e responsabile di settore o aver ritenuto non più necessaria la figura del responsabile di settore è stato il primo errore.

    In periferia molto spesso le cariche istituzionali sono prevalenti nei confronti del partito. Il sindaco della grande città, il presidente della Provincia importante o della Regione sono eletti direttamente dai cittadini e questo conferisce loro un peso specifico assai rilevante anche nei confronti del partito. Ma qui sta anche un possibile punto debole della vita politica. Se il partito, come accade in molte realtà territoriali, è concretamente governato non dagli organismi dirigenti, ma dal sindaco o dal presidente di Regione, viene meno quel principio di bilanciamento tra pesi e contrappesi che consente ad entrambe le realtà, l’istituzione e il partito, di vivere un rapporto fondato sul confronto franco, e se necessario duro, tra soggetti autonomi l’uno dall’altro. Quando non è così il partito diventa uno sgabello, incapace di capire che cosa succede sulla propria testa e buono solo a fare da piedistallo alla carica istituzionale. Credo che in qualche realtà proprio questa situazione abbia impedito al Partito democratico di prevedere e di intervenire tempestivamente.

    Terza ed ultima questione. I partiti sono di due categorie: carismatici e democratici. La differenza, con un po’ di approssimazione è questa: nel partito democratico è il partito che sceglie il leader; nel partito carismatico è il leader che sceglie il partito e i suoi dirigenti a propria immagine e somiglianza. Partiti carismatici sono Forza Italia, La Lega e Italia dei Valori. Partiti democratici sono il Pd, Alleanza nazionale, l’Udc. Nei partiti carismatici il centro è la figura del capo; tutto ruota attorno a lui, alla sua volontà, alle sue dichiarazioni. Nei partiti democratici il centro è costituito dal gruppo dirigente, non elefantiaco, costituito da persone di età e generazioni diverse, di diversa provenienza territoriale che, per esperienza, cultura, serietà, stima e perché hanno dimostrato di valere, dirigono il partito insieme al segretario. Il Partito democratico ha bisogno di questo tipo di gruppo dirigente scelto in base al principio di responsabilità: se l’esperienza va bene si è confermati o promossi, se va male si è sostituiti. Nei partiti democratici quando manca un gruppo dirigente con queste caratteristiche si indeboliscono l’appartenenza e l’organizzazione, i valori ideali e la struttura: nelle crepe può infilarsi chiunque.

    Queste sono solo alcune delle idee che le vicende di questi giorni fanno venire in mente. Ma di due cose sono assolutamente certo: non c’è tempo da perdere e la riforma della giustizia non deve essere fermata dagli avvenimenti di questi giorni.

    Fonte: Il Riformista - Luciano Violante | vai alla pagina

    Argomenti: dirigenza, pd, partiti, riforma giustizia, governo ombra, dirigenti, questione morale | aggiungi argomento | rimuovi argomento
    » Segnala errori / abusi
    Pubblica su: share on twitter

 
Esporta Esporta RSS Chiudi blocco

Commenti (0)


Per scrivere il tuo commento devi essere loggato