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Dichiarazione di Luciano VIOLANTE


 

«Dobbiamo toccare i santuari dei giudici» - INTERVISTA

  • (27 dicembre 2008) - fonte: Il Messaggero - Carlo Fusi - inserita il 27 dicembre 2008 da 31

    Il Pd non può pensare di realizzare le riforme lasciando fuori la magistratura

    Luciano Violante, ex presidente della Camera, parte dalla vicenda D’Alfonso per disegnare l’atteggiamento che dovrebbe avere il Pd sulla riforma complessiva della giustizia. Con una premessa: «Evitiamo le proteste o gli applausi, a seconda della parte politica cui si appartiene, quando si arresta; gli applausi o le proteste, a parti invertite, quando si scarcera: è un uso politico del processo, che allontana dalle soluzioni».
    Tuttavia la vicenda del sindaco di Pescara, arrestato e rilasciato poco più di una settimana, provoca sconcerto...
    «Il 15 dicembre si arresta un sindaco; nove giorni dopo lo si scarcera. Nel frattempo il sindaco, correttamente, si è dimesso e il Consiglio comunale è stato sciolto. Non è vero che i Gip sono sempre schiacciati dai Pm; ma le cose che si sapevano nove giorni dopo, non potevano sapersi anche nove giorni prima?».
    Berlusconi rilancia: la prime riforme saranno su giustizia e intercettazioni. Condivide?
    «La magistratura ha due profili, uno di servizio l’altro di potere. Il primo rimanda al tema dell’efficienza della funzione giudiziaria. Perchè a Bari, per esempio, i processi durano il triplo che a Torino? Prima di cambiare le norme bisognerebbe capire perchè quelle esistenti hanno effetti così diversi a seconda delle sedi, ed intervenire quindi sui capi degli uffici e sui modelli organizzativi. Se non si risolve questo preliminare aspetto sostanziale, le riforme falliranno. Il secondo profilo riguarda la chiarezza sul momento a partire dal quale il Pm può cominciare le proprie indagini. Oggi non c’è certezza e questo deficit costituisce una delicata questione democratica. Il Pm deve restare indipendente e deve continuare ad avere alle sue dipendenze la polizia giudiziaria. Ma i suoi grandi poteri sulle libertà dei cittadini devono essere esercitati in base a presupposti chiari. Torniamo al caso di Pescara: si arresta perchè ci sono le prove della corruzione oppure per cercarle? Il dubbio in base a notizie di stampa potrebbe riguardare anche Del Turco. Mi pare che nè per l’uno nè per l’altro si sia trovato il corrispettivo della corruzione. Ci sono stati probabilmente comportamenti impropri; ma la sensazione è che la politica possa essere considerata in sé come luogo di corruzione, indipendentemente dalle prove. Naturalmente la politica dovrebbe smentire l’assunto con fatti concreti».
    E invece?
    «Bisogna far presto. La politica non può rinunciare ad esprimere un’autonoma valutazione sulla responsabilità dei propri esponenti. Se l’unica responsabilità è quella penale, è evidente che i giudici espandano il proprio ruolo. Di Pietro correttamente sostiene che il figlio ha commesso errori ma non reati. Ha ragione. Ma, prescindendo dal caso specifico, che fa un partito quando un suo amministratore commette ”errori”? Oppure quelli che sembrano errori gravi al cittadino qualunque costituiscono modalità ordinarie dall’agire politico? Su questo punto tutti i partiti dovrebbero prendere posizione. Se non si mettono in primo piano le responsabilità politiche, non c’è riforma che tenga. E anche le misure per la giustizia, che sono sacrosante, rischiano di apparire vendicative se la politica non affronta il rapporto tra imprese, pubblica amministrazione e amministratori».
    E le intercettazioni?
    «L’Italia è considerata uno dei Paesi a più alto rischio di corruzione. E’ giusto combattere i fannulloni, ma è altrettanto giusto combattere i corrotti. E le intercettazioni sono uno dei pochi strumenti validi per scoprire le corruzioni. Invece credo che si debba essere molto severi sulla pubblicazione indebita di colloqui telefonici. La realtà è che l’intercettazione ha preso il posto che avevano le confessioni negli anni ’50 e ’60 e i pentiti nei venti anni successivi. Prima la regina delle prove era la confessione, poi le dichiarazioni dei pentiti, ora le intercettazioni. Forse la magistratura deve rendersi conto che la prova regina per condannare non esiste, una persona va arrestata o condannata sulla base di pluralità di elementi, non di uno solo».
    E’ vero che il Pd è più sensibile ai temi della giustizia oggi che molti suoi amministratori sono sotto inchiesta?
    «No. Se si rivedono le funzioni di Camera e Senato, quelle del premier e del governo... Può pensare la magistratura di essere estranea a questo ridisegno complessivo, ferma restando la sua piena indipendenza? O può il Pd pensare di tenerla fuori? E’ chiaro che così facendo si toccano santuari; ma i santuari vanno toccati, altrimenti non si risolve nulla».
    Però il Pdl dice: Veltroni è succube di Di Pietro e dunque questa cosa non la farà mai. E’ d’accordo?
    «Il Pd è un partito legalitario. Ma il giustizialismo è altra cosa. Rispetto Di Pietro, ma il suo atteggiamento è incompatibile con una funzione riformista. Fare della magistratura una sorta di consulta permanente per la moralità degli italiani non è compatibile con la repubblica democratica».

    Fonte: Il Messaggero - Carlo Fusi | vai alla pagina
    Argomenti: giustizia, intercettazioni, di pietro, corruzione, pubblica amministrazione, magistratura, sindaco, pescara, responsabilità | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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