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Dichiarazione di Massimo Cacciari

Alla data della dichiarazione: Sindaco  Comune Venezia (VE) (Partito: DL) 


 

«Sinistra ferma agli anni ’70. È suddita della magistratura» - INTERVISTA

  • (27 dicembre 2008) - fonte: Il Giornale - Laura Cesaretti - inserita il 27 dicembre 2008 da 31

    «Eppure la giustizia è un problema colossale». «La Iervolino? In crisi politica, doveva dimettersi prima delle inchieste»

    In Abruzzo come in Campania, c’è sempre di mezzo il Pd. Ma son storie ben diverse, secondo il primo cittadino di Venezia, Massimo Cacciari.
    Sindaco, a Pescara spiccano un mandato d’arresto per corruzione nei confronti di D’Alfonso, che si dimette. Una settimana dopo il gip lo scarcera. Qualche problema c’è...
    «C’è un problema colossale, e sarebbe ora di mettere ordine nell’uso indiscriminato delle intercettazioni e di invitare la magistratura a procedere con maggior prudenza e accortezza. Non si può mettere in galera la gente, far dimettere un sindaco e imbastire procedimenti se non si è strasicuri che la costruzione accusatoria non vada a ramengo in una settimana».
    C’è chi invece non ci pensa neppure a dimettersi, come Rosa Iervolino a Napoli.
    «La Iervolino non è stata personalmente sfiorata da nessun’inchiesta. A Napoli e in Campania la crisi è tutta politica e prescinde dalle inchieste giudiziarie. Da ben prima che si muovessero i pm c’era una situazione di grave ingovernabilità, sia al Comune che in Regione, che ora si è aggravata per le vicende giudiziarie. E i responsabili politici avrebbero dovuto andarsene da tempo. La situazione è ben diversa da quella di Pescara, dove il sindaco ha governato bene e ha dimostrato, anche in questi frangenti, di godere di grande popolarità».
    Serve una riforma del sistema giudiziario?
    «La chiara distinzione dei poteri non va messa in discussione, perché è il principio che ci distingue dalle dittature. Non sono convinto che la separazione delle carriere cambierebbe granché, anzi forse un pm che fa il pm a vita diventerebbe anche meno attento di quanto sia ora. È difficile capire come intervenire, ed evitare le pulsioni a ridurre l’autonomia del magistrato. Ma che ci sia un problema di autocontrollo e di responsabilità della magistratura è chiaro. Non solo quella ordinaria ma anche quelle contabili, amministrative, eccetera: con il loro operato influenzano inevitabilmente l’azione politica, ma non sempre hanno presente il punto di vista del bene comune. Dire che nel condurre un’inchiesta su un’amministrazione comunale il magistrato dovrebbe porsi anche il problema dei danni che possono crearsi per i cittadini è ledere l’indipendenza del pm? A chi risponde il magistrato? Solo alla lettera della legge o anche al criterio di bene comune? In realtà, più che di nuove leggi c’è bisogno di una nuova cultura politica e giuridica».
    E il Pd è in grado di produrla?
    «Non mi pare. Il Pd ha alle spalle una storia non metabolizzata che affonda le sue radici ancor prima di Tangentopoli, negli anni di piombo. Da allora, la sinistra ha fatto una scelta di adesione totale e acritica alle scelte della magistratura. Quello che malamente viene definito “giustizialismo” è nato là, con l’emergenza terrorismo. Da quel momento in poi, il Pci non è mai riuscito ad essere autonomo neppure dalle posizioni più corporative, sia pur legittimamente, della magistratura. Tangentopoli, visto che giustamente o ingiustamente la sinistra era stata risparmiata, poteva essere l’occasione per liberarsi di questa sudditanza. Invece prevalse il meccanismo del “vinciamo noi”, esasperato poi dall’antiberlusconismo. La Bicamerale di D’Alema riaccese la speranza che fosse possibile arrivare ad una riforma condivisa e autonoma della giustizia, ma il tavolo fu fatto saltare».
    Di chi fu la colpa?
    «Di un bizzarro combinato disposto tra settori della magistratura che volevano bloccare ogni riforma e Berlusconi, che aveva perso interesse perché si vedeva già la vittoria in mano. La speranza svanì e stiamo andando avanti così».
    Napoli, Pescara. E la Sardegna è un caso ancora diverso?
    «In realtà sono tutti segnali di una crisi politica che investe il centrosinistra. Il caso Soru dimostra anche che la leadership carismatica nel Pd non ha fortuna. Mentre il popolo del Pdl anela ad una guida, a un uomo delle decisioni, il nostro non tollera il capo. Chi imita Berlusconi finisce come Soru, o come Illy prima di lui. Oggi in politica l’immagine del “capo” è essenziale: pensi a Blair, a Zapatero, a Obama. Da noi sono casi non riproducibili. Ed è un bel problema per il Pd, che avrebbe bisogno di leadership carismatiche per uscire dalle secche. A patto che siano vere, naturalmente, e non era così né per Illy né per Soru né, temo, per Veltroni. Ma bisogna cercarle, c’è poco da fare».

    Fonte: Il Giornale - Laura Cesaretti | vai alla pagina
    Argomenti: intercettazioni, campania, napoli, sardegna, magistratura, abruzzo, sindaco, pescara, pd, venezia, inchieste, separazioni funzioni magistrati, separazione delle carriere, amministrazione comunale, dirigenti, questione morale | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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