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Alla data della dichiarazione: Deputato


 

Medio Oriente. «Priorità assoluta: ottenere la tregua» - INTERVISTA

  • (29 dicembre 2008) - fonte: Il Messaggero - Claudio Sardo - inserita il 29 dicembre 2008 da 31

    Hamas ostacolo alla pace, riconosca lo Stato di Israele e l’autorità di Abu Mazen

    «In queste ore drammatiche la priorità assoluta è ottenere la tregua, cioè la sospensione delle incursioni militari di Israele nella striscia di Gaza e la fine del lancio dei missili di Hamas nei villaggi del Neghev». Per Piero Fassino, ministro degli Esteri ombra, il tempo stringe e i rischi di escalation del conflitto sono altissimi, in termini di vite umane e non solo. «Nessun osservatore onesto può negare che in questi anni la comunità internazionale abbia agito debolmente, che non abbia fatto tutto ciò che poteva ed era necessario fare. Ora bisogna esercitare una pressione forte, usando tutti gli strumenti a disposizione, diplomatici, politici, economici, per indurre le parti a negoziare davvero».
    Si può arrivare ad una tregua senza attribuire chiaramente le responsabilità delle cause di questo conflitto?
    «La priorità, l’indispensabilità della tregua nasce dalla convinzione che la soluzione non può essere militare. Anche gli israeliani, che subiscono attacchi gravi e intollerabili nei villaggi del Sud, sbaglierebbero a sottovalutare oggi la simpatia verso Hamas che la loro reazione sta provocando nei Territori, gli spazi di propaganda lasciati ad Hezbollah e al governo iraniano, i fermenti in tutto il mondo arabo. Se non si vuole perdere la speranza della pace, bisogna evitare che il solco di odio si approfondisca ulteriormente».
    Ma la pace è ancora possibile? Oppure per arrivarci è necessario prima sconfiggere militarmente Hamas?
    «Il paradosso di oggi è che il conflitto è di nuovo esploso mentre le posizioni di israeliani e palestinesi si stavano avvicinando. Il governo di Tel Aviv è disposto a riconoscere le frontiere del ’67, è disposto a smantellare le colonie nel territorio del futuro Stato palestinese e, di contro, il governo di Abu Mazen e Fayyad è consapevole che il diritto dei profughi al rientro non possa mettere a repentaglio il carattere ebraico dello Stato di Israele. Non pare impossibile neppure un accordo su Gerusalemme capitale di due Stati. E nelle ultime settimane erano anche ripresi i colloqui tra Siria e Israele, e tanto l’Egitto che i Paesi del Golfo avevano mostrato un impegno maggiore del passato».
    È stato allora lo scontro interno palestinese a innescare il nuovo conflitto?
    «Certo, le divisioni in campo palestinese sono un grave ostacolo sulla via di una soluzione negoziata. Al Fatah ha fatto grandi passi nel dialogo con Israele. Hamas invece non è disposto a riconoscere il diritto all’esistenza dello Stato di Israele. Ma senza questo riconoscimento chiaro ed esplicito non è possibile la pace, che si fonda sul diritto legittimo di entrambi i popoli ad avere un proprio Stato. Non siamo di fronte ad un conflitto tra un torto e una ragione, ma tra due ragioni, tra due diritti, che solo la pace per via negoziale può rendere effettivi».
    Secondo lei, Hamas è un interlocutore al tavolo negoziale o è l’ostacolo da rimuovere?
    «Oggi Hamas è un ostacolo alla pace. Se vuole essere interlocutore e parte di un accordo è necessario che riconosca il diritto di Israele ad esistere e l’autorità di Abu Mazen come presidente rappresentativo di tutti i palestinesi».
    Come valuta le prime reazioni del governo italiano?
    «Mi pare che il governo italiano abbia reagito come l’Unione europea. L’obiettivo delle diplomazie oggi non può che essere quello di costruire nel più breve tempo possibile le condizioni della tregua. E noi chiediamo al governo italiano di sostenere ogni iniziativa promossa dall’Ue e dalla comunità internazionale per giungere a questo obiettivo».
    A suo giudizio, quanto ha pesato la transizione americana sulla scelta dei tempi da parte israeliana?
    «Non c’è dubbio che, nell’interregno tra l’elezione di Barack Obama e il suo insediamento, gli Stati Uniti siano più fragili nell’esercitare il loro ruolo internazionale. Il mio auspicio è che, quando si insedierà, Obama riesca ad imprimere una spinta forte verso la soluzione politica del conflitto mediorientale. La precedente amministrazione ha fatto meno di quanto ci si aspettava. Bush ad Annapolis aveva promesso la pace prima della fine del suo mandato. Purtroppo così non è».

    Fonte: Il Messaggero - Claudio Sardo | vai alla pagina
    Argomenti: guerra, politica estera, medio oriente, israele, governo ombra, unione europea, Obama, Hamas | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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