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Dichiarazione di Antonio MARTINO

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) 


 

«Il problema di Frattini? Purtroppo è un fifone» - INTERVISTA

  • (05 gennaio 2009) - fonte: La Stampa - Jacopo Iacoboni - inserita il 05 gennaio 2009 da 31

    «Il nostro amico (Frattini, nda) sa quale problema ha?»
    Quale, professor Martino?
    «Ha tante qualità, è un brav’uomo, ma ha un unico grande difetto: è un fifone. Non ha coraggio, in questa crisi a Gaza; e quando uno non ha coraggio non può darselo. Solo che in politica l’assenza di coraggio è il difetto peggiore. Non avendo coraggio, Frattini è attanagliato dal terrore di sembrare troppo aggressivo con i palestinesi, il risultato è che avalla l’idea, sciaguratamente sbagliata, che sia in corso un attacco di Hamas contro Israele. No! Hamas attacca l’Occidente tutto, attacca anche noi! E ci dovremmo difendere come si difende Israele».
    A Gaza c’è l’offensiva di terra, Israele avanza, muoiono molti civili palestinesi, Hamas però continua a scavare tunnel, e in Italia si discute se trattarci o no. Il solito scenario da paese surreale?
    «Vede, il dialogo è molto utile quando entrambe le parti hanno interesse a dialogare, altrimenti è inutile».
    È il dibattito che dilania la sinistra. Ma lasciamo stare la sinistra. Non dovrebbe innanzitutto il governo esser tenuto a dar prova, se non di un’iniziativa ferma per il cessate il fuoco, almeno di una chiara visione sulla questione?
    «Le dirò volentieri anche del governo, ma prima vorrei chiarire un punto. La crisi in corso non è un’ulteriore fase del conflitto israelo-palestinese. Quella fase è finita sette anni fa, quando, nonostante Ariel Sharon avesse fatto rilevanti concessioni territoriali, anche a costo di dividere il Likud, Gaza venne presa con un colpo di mano da Hamas, che la trasformò nella base logistica dei suoi attacchi terroristi. Ecco perché dico che questo non è più il conflitto israelo-palestinese. È, viceversa, una delle tante aggressioni dell’islamismo fondamentalista all’Occidente, spalleggiate a Nord, in Libano, dalla Siria, e a Sud, a Gaza, dall’Iran. La regia di tutto è a Teheran. Il programma - che è peraltro nello statuto di Hamas - è quello delineato da Ahmadinejad: l’annientamento di Israele, il Grande Satana, simbolo, tra parentesi, di tutto l’Occidente democratico».
    Lo statuto di Hamas ha effettivamente un punto che esorta a dare la caccia agli ebrei ovunque siano, fino alla morte. Tuttavia si dice: è comunque la forza votata dal sessanta per cento dei palestinesi. Se non loro, chi può interloquire?
    «Il tentativo di dialogo farebbe la stessa fine di Chamberlain, del dialogo con Hitler. Il XX secolo ci lascia questa eredità: i fondamentalisti quando dicono una cosa, spesso la fanno. Dinanzi a tutto questo l'Europa è politicamente assente, e demograficamente moribonda. Nell’Unione ci sono trenta Paesi con un tasso di nascite pari all’1,5, l’Italia è al 212° posto nel mondo... E spendiamo per la difesa neanche l’1 per cento del nostro bilancio, quando lo standard Nato prevede almeno il 2... La verità è che pensiamo che la pace ci tocchi come un dono per sempre, che non dobbiamo fare nulla per difenderci, che vogliamo, appunto, solo essere lasciati in pace. Se gli inglesi avessero ascoltato Churchill, che voleva riarmare la Gran Bretagna, magari anche la storia cruenta della seconda guerra mondiale sarebbe stata diversa».
    La Farnesina si sta muovendo bene, a suo giudizio? O potrebbe fare qualcosa di più, magari per stimolare un’azione europea comune?
    «Il nostro amico Frattini è un fifone, ed è anche colpa del nostro governo se si ha l’impressione che l’unica politica estera europea sia quella incarnata da Sarkozy».
    Presidente di un Paese tradizionalmente assai vicino ai palestinesi, in diplomazia, e talora esplicitamente anti-israeliano.
    «Anti-israeliano? Dica pura antisemita! Le parole vanno usate, i francesi antisemiti lo sono da sempre».
    Lei pensa che l’Italia dovrebbe essere su quel teatro con dei suoi soldati, se si profilasse l’eventualità?
    «Ma che ce li mandiamo a fare, gli infermieri? Abbiamo i migliori soldati del mondo ma non possono sparare. Che li teniamo a fare in Libano, ad aspettare che un razzo di Hezbollah gli cada in testa? Li mandiamo a condizione che non combattano...».
    Il Berlusconi degli esordi era su queste posizioni. E ora?
    «Sa, le cose sono complesse; ma il coraggio scarseggia, quando invece in politica bisognerebbe anche assumere dei rischi».

    Fonte: La Stampa - Jacopo Iacoboni | vai alla pagina
    Argomenti: guerra, politica estera, medio oriente, palestina, israele, antisemitismo, Ministro degli esteri, unione europea, Sarkozy, Hamas, gaza | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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