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Dichiarazione di Ignazio LA RUSSA

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI)  -  Ministro  Difesa (Partito: PdL) 


 

«Prima tacciano le armi ma i nostri soldati sono pronti a partire» - INTERVISTA

  • (05 gennaio 2009) - fonte: La Repubblica - Alberto Mattone - inserita il 05 gennaio 2009 da 31

    Ministro della Difesa Ignazio La Russa, la guerra di Gaza potrebbe avere ripercussioni anche nel sud del Libano, dove sono impegnati i soldati italiani nella missione di pace dell’Onu?
    «Il contingente italiano ha innalzato il livello di allerta, ma al momento la situazione in Libano è tranquilla. Ho parlato con il capo di Stato Maggiore della Difesa, Vincenzo Camporini, e con il comandante della missione Unifil, il generale italiano Claudio Graziano, che mi hanno rassicurato: al momento non ci sono avvisaglie di un possibile innalzamento della tensione, anche se in quest’area non si può mai dare nulla per scontato».
    Sono stati ritrovati razzi puntati su Israele, proprio nella zona dove operano gli italiani. E il ministro della Difesa, Barak, avverte che lo Stato ebraico è pronto a rispondere ad eventuali attacchi di Hezbollah.
    «Sì, è stata scoperta una batteria di missili, ma si ritiene che appartenga a un gruppo locale. Il generale Graziano ha contatti telefonici quotidiani con tutte le parti: il ministro Barak ha espresso la volontà di non trasferire la tensione nel sud del Libano, mentre il premier libanese Siniora ha garantito che il suo esercito rafforzerà la collaborazione con la forza internazionale dispiegata nel sud del Paese».
    E con il movimento islamico Hezbollah, ha parlato il generale Graziano?
    «Mi ha detto di essere in contatto con tutte le parti quindi, credo, anche con Hezbollah».
    Per far tacere le armi a Gaza si è parlato di un possibile contingente internazionale di interposizione. L’Italia sarebbe pronta a sostenere, anche economicamente, questa missione?
    «I nostri soldati sono già in Libano, in Afghanistan e nei Balcani e sarebbero pronti ad affrontare qualsiasi situazione. Il lato economico, poi, dipende dal governo, non dalla Difesa. Ma il problema è un altro. Non vedo una prospettiva immediata per una missione militare internazionale: un contingente di pace può far rispettare gli accordi presi tra due contendenti, non imporli».
    Il segretario generale della Nato, Jaap de Hoop Scheffer, sostiene che l’Alleanza atlantica potrebbe aiutare la stabilizzazione del Medio Oriente.
    «Nella Striscia non vedo le condizioni per una forza di interposizione: in Georgia, prima hanno taciuto le armi, poi sono scesi in campo gli osservatori internazionali».
    L’invasione militare di Gaza ha diviso l’Europa. Qual è il suo giudizio?
    «Io concordo con il documento votato dalle commissioni Esteri del parlamento, e fatto proprio anche dal ministro degli Esteri ombra del Pd, Piero Fassino, ma non dai suoi compagni di partito, come dimostrano gli attacchi dell’opposizione. Si chiede il cessate-il-fuoco, l’incolumità dei civili. E si dice che la responsabilità è di Hamas, perché ha rotto la tregua. Auspico due popoli e due Stati, mala pace non sarà possibile fino a quando gli estremisti palestinesi negheranno l’esistenza di Israele».
    Non ritiene che la risposta militare dello Stato ebraico ai razzi lanciati da Hamas sia stata sproporzionata?
    «Bisogna mettersi nei panni degli israeliani: se a Napoli o a Milano arrivassero ogni giorno missili dall’estero la diplomazia, inevitabilmente, lascerebbe spazio all’azione militare».
    La Francia ha chiesto a Israele di fermare l’avanzata di terra: sono già stati uccisi oltre 500 palestinesi.
    «Come avrebbero dovuto comportarsi gli israeliani, farsi massacrare a centinaia dai missili di Hamas? La risposta non va proporzionata al numero di vittime, ma al grado di pericolosità che un’azione arreca a un popolo. Ciò non toglie che abbiamo il dovere di chiedere un immediato cessate-il-fuoco».
    In alcune città italiane ci sono state manifestazioni anti-israeliane, e sono state bruciate bandiere con la stella di David.
    «Anche ai tempi delle manifestazioni contro l’invasione in Ungheria dell’Unione Sovietica, noi giovani di destra non abbiamo mai dato fuoco a un vessillo. Una bandiera non rappresenta mai il governo di quel momento, ma un intero popolo: bruciarla è una delle cose più abiette che si possano fare».

    Fonte: La Repubblica - Alberto Mattone | vai alla pagina
    Argomenti: missioni internazionali, guerra, politica estera, medio oriente, onu, palestina, israele, libano, ministro della Difesa, Nato, francia, Hamas, gaza | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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