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«Bandiere bruciate? Più scossi dai bambini uccisi»
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(14 gennaio 2009) - fonte: Corriere della Sera - Maurizio Caprara - inserita il 14 gennaio 2009 da 31
«Io mi indigno anche per le bandiere bruciate, tuttavia non c’è il minimo dubbio che l’opinione pubblica italiana è molto più scossa per i bambini. Vorrei che lei non pensasse che l’opinione pubblica italiana è rappresentata da certi editoriali di giornali che rappresentano solo se stessi», ha risposto Massimo D’Alema quando Hamid Masoumi Nejad, corrispondente televisivo della Islamic Republic Iran broadcasting, gli ha domandato se non credeva che in Italia ci si indignasse più per le bandiere israeliane messe a fuoco in certe manifestazioni che non per i bombardamenti di Israele su Gaza.Da parte dell’ex ministro degli Esteri che nel 2006 visitò i quartieri bombardati di Beirut accompagnato da un dirigente di Hezbollah, nella risposta data ieri mattina davanti alla Stampa estera c’era la condanna dell’offesa allo Stato ebraico compiuta in recenti cortei («Nel mondo islamico non si dovrebbe incoraggiare quelli che bruciano», ha sottolineato), c’era la sua consueta botta ai giornali ritenuti non amici, c’era una sintesi del pensiero dalemiano in materia. «Non si bruciano le bandiere di nessuno», ha preferito dichiarare secco, nel pomeriggio, Walter Veltroni, il segretario del partito di D’Alema. E’ chiaro che il punto di divergenza tra i due non può essere sulle fiamme alle bandiere, ma quello di ieri per il Partito democratico è stato un giorno nel quale impostazioni diverse sul Medio Oriente tra i due principali ex eredi di Botteghe Oscure si sono intraviste dalle scelte lessicali e non da scontri frontali. Nei toni, nei visi.
Veltroni, che contro la massiccia risposta militare israeliana ai ripetuti lanci di razzi di Hamas ha evitato di ricorrere alla piazza, ha radunato tra le mura di San Macuto dirigenti del suo partito, l’ambasciatore d’Israele Gideon Meir e il rappresentante dell’Autorità palestinese Sabri Ateyeh. Amico delle parti. D’Alema, pur in sala, aveva dominato già un altro lato della scena mediatica presentandosi alla Stampa estera, di fatto, come il miglior amico degli arabi e di Abu Mazen, senza spingere oltre l’usuale le critiche a Israele.
Lanciare razzi è stata «un’azione criminale» di Hamas, ha risposto D’Alema al corrispondente della radio israeliana Yosi Bar. Ma nel deplorare l’offensiva su Gaza ha aggiunto.che «anche gli americani spesso fanno un uso sproporzionato della forza, dopodiché autocritica». Poi l’ex ministro ha circoscritto la sua tesi sulla necessità di dialogare con Hamas specificando che «nessuno chiede a Israele di negoziare un trattato di pace con Hamas» e che «con Hamas bisogna negoziare una tregua» su Gaza. Più tardi, in nome del realismo, D’Alema ha riallargato la tesi: «Discutemmo con israeliani che non riconoscevano il diritto dei palestinesi a uno Stato.. si può discutere anche con palestinesi che non riconoscono il diritto di Israele ad avere uno Stato.... non significa dare ragione».
Scelte di postura nella foto di gruppo del Pd, più che battaglia sulle decisioni di politica estera. Ma dopo che D’Alema, oltre ad attaccare giornali italiani, ha sottolineato i grandi ascolti di Al Jazeera per le cronache da Gaza, Meir ha parlato di «paragone offensivo». D’Alema ha sostenuto di non aver fatto paragoni. Botta e risposta non nuovo. Sempre con Israele, tuttavia.
Fonte: Corriere della Sera - Maurizio Caprara | vai alla pagina » Segnala errori / abusi