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La discontinuità di Obama susciti in ognuno la voglia di portare la sua pietra
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(21 gennaio 2009) - fonte: Il Messaggero - Carlo Azeglio Ciampi - inserita il 21 gennaio 2009 da 31
Il fardello della crisi che accoglie Obama sull’uscio della Casa Bianca è così pesante da imporgli sfide enormi: politiche, economiche, sociali, interne e internazionali. Sarà fondamentale il modo in cui le affronterà. Un primo punto decisivo, irrinunciabile, è rappresentato dalla capacità che avrà il nuovo presidente degli Stati Uniti di coinvolgere la gente, di farla sentire soggetto attivo non solo spettatore, come dire, ognuno dei cittadini americani dovrà avere voglia di portare la sua pietra. Tocca a lui dare il la alle politiche necessarie, ma tutti devono sentire fiducia e speranza, partecipare, vanno coinvolti. La totalità degli americani dovrà sentirsi nella condizione non di chi aspetta la manna dal cielo, ma di chi prende parte a un grande progetto che irradia fiducia e spinge ognuno, nel proprio piccolo, ad un ruolo attivo, a fare la sua parte. Un secondo punto, altrettanto decisivo, è il segno della discontinuità totale. Per intenderci, non soltanto rispetto al suo predecessore, il repubblicano Bush, ma anche rispetto a Clinton e al Partito democratico. Discontinuità rispetto al concetto stesso di alternanza politica. Il senso della sua sfida è quello del bene comune, in un momento terribile per la sua comunità e il mondo complessivamente. Per questo deve avere il sostegno e l’apporto pieno della sua parte ma anche coinvolgere l’opposizione in un’azione comune: il bene comune vuole un’azione comune. Insomma, deve saper parlare e coinvolgere l’intero Paese. Una linea di azione politica, economica e sociale che riveli una mentalità nuova, all’altezza dell’enormità dei problemi che ha di fronte, e dimostri, nei fatti, di guardare al di là dello schema partitico.L’avvento di Obama significa non solo il venir meno di ogni contrapposizione tra bianchi e neri ma l’impegno a farsi carico dei problemi di tutti gli emarginati, di qualunque colore e condizione. L’America di un solo partito non ce la potrebbe fare. Obama ne appare consapevole. Sa che la sfida più importante che ha davanti a sé è quella di contribuire a creare un nuovo ordine economico e finanziario internazionale ed è importante che abbia adottato il metodo del merito scegliendo Paul Volcker, il meglio che c’è tra i sopravvissuti alle macerie della finanza americana. Mostra di avere la mentalità nuova che serve e noi speriamo fortemente che l’abbia davvero.
Perché? Per una ragione molto semplice, che delinea il terzo punto decisivo della grande partita di Obama: bisogna fare una nuova Bretton Woods, lo abbiamo detto tante volte, è una signora che ha più di mezzo secolo di vita, non regge più. Il mondo può provare a uscire stabilmente dalla crisi soltanto ripartendo da lì, riscrivendo quelle regole a cominciare dalla finanza e dai metodi di controllo. È una sfida che fa tremare i polsi e il fatto stesso che si attenda questa svolta dall’America rafforza l’Europa. Perché solo l’Europa può (e deve) rafforzare l’America con un ruolo non solo complementare, ma in un quadro di rapporti paritari che siano di stimolo e aiuto reciproci.
In queste circostanze, in questi passaggi così delicati per il futuro del mondo, si può percepire fino in fondo l’importanza di avere creato l’euro e di avere dato vita a un soggetto politico che coinvolge oltre 400 milioni di persone. E’ ovvio che il soggetto in discussione che risponde al nome di Europa deve uscire dal tram tram di Bruxelles e deve fare un passo avanti dotandosi di un vero governo unitario. E’ nostra responsabilità farlo. Tocca all’Europa farsi sentire con una sola voce. Tocca ad Obama prendere atto della nuova situazione e muoversi di conseguenza guardando negli occhi la sua gente e vedendo nell’Europa il partner privilegiato per promuovere insieme un’altra Bretton Woods all’altezza del nuovo mondo di oggi.
Fonte: Il Messaggero - Carlo Azeglio Ciampi | vai alla pagina » Segnala errori / abusi