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Dichiarazione di Paolo DE CASTRO

Alla data della dichiarazione: Senatore


 

«Un errore affidarsi a trentenni di passaggio» - INTERVISTA

  • (02 febbraio 2009) - fonte: Il Mattino - Maria Paola Milanesio - inserita il 02 febbraio 2009 da 31

    Umiltà, capacità di accettare le critiche, maggiore coinvolgimento del territorio. E no a una innovazione che finisce per assomigliare più che altro a un repulisti. Parole nette quelle di Paolo De Castro, esponente del Pd, già ministro del governo Prodi e ora presidente dell’associazione Red.
    Non si torna indietro ma il progetto del Pd è incompiuto, dice Massimo D’Alema. Le chiedo dove si possa andare in questo clima di sospetti.
    «Il Pd è un progetto molto impegnativo e ambizioso, in cui tutti noi crediamo fortemente; e io in modo particolare, visto che il Pd è il naturale punto d’arrivo dell’Ulivo. È evidente che si tratta, però, anche di un progetto difficile. Dopo le primarie dell’ottobre 2007 probabilmente non abbiamo capito quanto fosse complicato amalgamare - se vogliamo ricorrere a questo termine - le due culture di riferimento, la socialista e la cattolica democratica. Ora occorre tanto lavoro, molta umiltà e un grande coinvolgimento delle voci che vengono dal territorio. Purtroppo non siamo partiti con il piede giusto, perché abbiamo pensato che questo partito, che si era immaginato ”liquido”, non avesse bisogno di una compenetrazione nel territorio. Per fortuna ora quest’idea è stata abbandonata».
    Il peccato originale non sono state proprio quelle primarie del 2007, più formali che sostanziali?
    «Io sono stato il primo firmatario della candidatura di Enrico Letta, perché ho creduto e credo che sia capace di interpretare al meglio la cultura che unisce le due anime del Pd. È stato eletto Veltroni e dobbiamo lavorare con lui. E si deve lavorare con umiltà, coinvolgendo tutte le risorse disponibili nel partito, smettendola con le decisioni verticistiche, con questa spinta - figlia del plebiscito delle primarie - a lasciare ai margini personalità importanti che possono dare una mano. Questa idea dell’innovazione a tutti i costi ha finito per essere più un repulisti. Nei momenti di difficoltà è un errore mettere da parte chi ha esperienza e affidarsi, invece, ai primi trentenni che passano».
    In questo arrovellarsi del Pd non c’è molto di quell’autolesionismo che caratterizza la sinistra?
    «È vero: abbiamo l’attitudine a una maggiore drammatizzazione, discutiamo di più, il partito si chiama democratico perché siamo per il confronto. Red lavora per il bene del partito e se suscita tanto seguito è perché interpreta una domanda di partecipazione che non sempre il Pd riesce a soddisfare».
    Arturo Parisi dice che il problema sta anche nel fatto che Veltroni è il segretario ma non il leader del partito.
    «Dico solo che si deve smettere di pensare che a ogni critica corrisponda la volontà di cambiare leader. Evidenziare alcuni aspetti di riflessione significa spronare a fare di più. Di leadership si parlerà al momento opportuno. Il quotidiano è fatto di partecipazione alla definizione di una linea politica che fin qui è stata un po’ altalenante. È stato un errore archiviare così presto l’esperienza di Romano Prodi, quasi come se ne provassimo vergogna e dimenticando, invece, che solo con Prodi abbiamo battuto due volte Berlusconi. Noi, ministri di quel governo, ci siamo trovati in difficoltà durante la campagna elettorale».
    La legge elettorale europea: il Pd che cosa deve fare, accettare o no lo sbarramento e quale?
    «In un momento di difficoltà - il Pd non è in una fase di grande crescita del consenso - non capisco perché dobbiamo provocare ulteriori litigi. Se la maggioranza si vuole fare questa legge, se la faccia da sola. Perché per contribuire alla stesura di un ”porcellum europeo” dobbiamo metterci in una condizione di difficoltà nei confronti dei nostri alleati attuali e potenziali a livello locale. Non possiamo permetterci di lasciare fuori nessuno e smettiamola con la velleità di andare da soli. E poi qualcuno mi spiega che cosa significa parlare di semplificazione per le Europee? Non ha senso per un Parlamento che rappresenta 27 Paesi diversi. Non solo: non capisco nemmeno il discorso del ”voto utile”. Anzi, penso che rischi di essere utile alla rovescia...».

    Fonte: Il Mattino - Maria Paola Milanesio | vai alla pagina
    Argomenti: pd, elezioni europee, politicanti, Red, crisi politica | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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Commenti (2)

  • Inserito il 02 febbraio 2009 da 31
    Noioso e inconcludente.
  • Inserito il 02 febbraio 2009 da 4110
    Ma di quali trentenni di passaggio vai cianciando? Ci sono 20,30,40enni che di passaggio non sono. Siete voi cariatidi che non vi volete spostare. Paura di perdere la comoda poltrona perchè alla fine si rivela che non sapete fare niente. Vivete di politica e basta. Non avete niente da comunicare. Nè di nuovo e neanche di vecchio. Siete la personificazione della catastrofe. Assumetevi le vostre responsabilità, diventate adulti e andatevene.

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