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Gianfranco FINI in data 10 marzo 2009
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Pier Luigi BERSANI in data 09 marzo 2009
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Dario FRANCESCHINI in data 08 marzo 2009
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Furio COLOMBO in data 06 marzo 2009
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Anna FINOCCHIARO in data 05 marzo 2009
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Linda LANZILLOTTA in data 05 marzo 2009
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Paolo FERRERO in data 03 marzo 2009
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Paolo GIARETTA in data 02 marzo 2009
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Dario FRANCESCHINI in data 28 febbraio 2009
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» Ho diritto al dissenso
Francesco RUTELLI in data 25 febbraio 2009
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» Testamento biologico. «Linea comune del Pd»
Dario FRANCESCHINI in data 24 febbraio 2009
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» Testamento biologico. «Non è compito di Franceschini entare nel merito»
Dorina BIANCHI in data 24 febbraio 2009
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Francesco RUTELLI in data 24 febbraio 2009
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» «Franceschini? Con lui un'altra legnata» - INTERVISTA
Massimo Cacciari in data 19 febbraio 2009
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» "Troppo gelo intorno a me ora farò il militante semplice"
Valter VELTRONI in data 18 febbraio 2009
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Paolo GUZZANTI in data 18 febbraio 2009
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Paolo FERRERO in data 18 febbraio 2009
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Silvio BERLUSCONI in data 18 febbraio 2009
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» «Sono spaesato, mi ha voluto Walter, su suggerimento di Rutelli... [Dalla base sale un urlo sul web "Adesso via tutta la nomenklatura"]
Andrea SARUBBI in data 18 febbraio 2009
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Valter VELTRONI in data 17 febbraio 2009
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Vincenzo CUOMO in data 17 febbraio 2009
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Renato SORU in data 17 febbraio 2009
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» «Se vince la linea di Marino la convivenza nel Pd diventa impossibile» - INTERVISTA
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Marco PERDUCA in data 14 febbraio 2009
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Ignazio Roberto Maria MARINO in data 14 febbraio 2009
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» "Il mio impegno per una legge sul testamento biologico, che rispetti la libertà di cura e l'autodeterminazione di ogni persona, non è in discussione".
Ignazio Roberto Maria MARINO in data 13 febbraio 2009
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Roberto Morassut in data 12 febbraio 2009
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"Troppo gelo intorno a me ora farò il militante semplice"
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(18 febbraio 2009) - fonte: La Repubblica - Goffredo De Marchis - inserita il 18 febbraio 2009 da 31
Davanti agli occhi lucidi dei ragazzi dello staff, che protestano, si ribellano, lo supplicano di ripensarci, Walter Veltroni offre l`ultima lezione di politica da segretario: «Credetemi, è la scelta più giusta. Ci sono motivazioni serie per restare, ma tantissime per lasciare. Il progetto conta di più, io voglio bene al Partito democratico. Eppoi - sorride -non chiedete proprio a me la sceneggiata di quello che ritira le dimissioni». E l`atto finale di una giornata che Veltroni ha trascorso interamente nella sede del Pd, a Largo del Nazareno. Dalle 8,30 alle 20,30, quando ha spento il computer, staccato il cellulare. Entra segretario, esce ex. «L`avevo deciso lunedì sera guardando i risultati della Sardegna in televisione. Ho detto a Flavia: "Mi prendo le mie responsabilità, mi dimetto, non posso rimanere un minuto di più"». Ma perché, insistono i ragazzi, noi ci crediamo, guarda le mail, Walter, guardale, fallo per noi. Alcune dicono "fai bene a mollare", altre lo incitano ad andare avanti, "continuala battaglia contro i notabili, contro la nomenklatura". Niente da fare: dimissioni. «Non le ho concordate con nessuno, le ho decise senza rete, senza guardare i sondaggi», spiega a chilo segue dalla campagna perle primarie, ragazzi e ragazze che sotto la sua ala protettrice si sono fidanzati, lasciati, sono diventati amici. «Sarà una rivoluzione per la mia vita perché ho sempre fatto questo: politica, politica in prima linea. Adesso divento un deputato semplice, militante del Pd», annuncia ai collaboratori quando alla fine interrompono il pressing e domandano: ma che farai? Ci saranno gli altri mille interessi veltroniani: la solidarietà, la scrittura, il cinema. Mancherà il sogno, «una sfida in cui ho creduto tantissimo, la più impegnativa che nella mia esistenza abbia mai affrontato». Il Partito democratico, nato con lui. E che oggi nessuno può immaginare dove andrà. Anche davanti ai dirigenti del coordinamento Veltroni fa un intervento «dolce», come lo definisce Goffredo Bettini. Non uno sfogo. Niente astio. Gli hanno chiesto di rimanere, lui ci ha pensato due ore, all`ora di pranzo. La sua stanza è diventata un porto di mare, Bettini, Franceschini, Gentiloni, Fassino, Tonini, entravano e uscivano seguendo l`umore altalenante di chi doveva prendere una decisione importante. L`umore del "capo". Di oggi e dei giorni passati. Adesso Veltroni si può liberare. «Ci pensavo da mesi, alle dimissioni. Con stati d`animo variabili. Dopo la manifestazione del Circo Massimo ho ritrovato la motivazione, la forza. Dopo la vicenda del 4 per cento ho potuto toccare con mano il nostro virus autodistruttivo». La "vicenda" è una ferita aperta: il Pd ottiene un successo, il Pdl accetta le sue condizioni e concorda una soglia di sbarramento per le europee lasciando le preferenze. Così si semplifica la politica e si fanno decidere i cittadini. «Eravamo tutti d`accordo, poi sono arrivate le interviste, i distinguo, le obiezioni. Uno stillicidio difficilmente sopportabile». Si scorge nitido il fantasma di Massimo D`Alema dietro queste parole. Il solito fantasma. Ieri Veltroni ha sentito Prodi, Napolitano, Gianni Letta, Fini. Ma non D`Alema, l`assenza spicca in quell`elenco di telefonate. «Certo, il progetto del Partito democratico è partito tra mille difficoltà. Per difetti miei, chiaro. E per altre ragioni. Io volevo cambiare i rapporti di forza in questo Paese con un partito riformista. Il 33,4 per cento delle politiche è una cifra che non si era mai vista in Italia. Bisognava partire da li. Solidaristicamente avremmo costruito qualcosa di nuovo e di importante. Invece ho sentito il gelo intorno, una profonda mancanza di solidarietà». L`ex segretario non crede a una linea diversa, «la linea giusta per il Partito democratico è quella di questi mesi. C`è qualcosa di profondo nel Paese che soffia nelle vele di Berlusconi, non lo contrasti con la politica delle alleanze, con la battaglia navale, il risiko, gli accordi fatti a tavolino. Questa significa vocazione maggioritaria, non altro. Una battaglia da fare nelle pieghe della società, nella cultura del Paese». E il fantasma di D`Alema si riaffaccia davanti agli interlocutori che lo ascoltano. Veltroni parla di «eventi micidiali» che si sono abbattuti sul Pd e sulla sua leadership. Le sconfitte, certo, ma anche le divisioni, i problemi locali, la questione morale. Era colpa sua? «Io mi prendo la responsabilità di tutto, anche di quello che non mi appartiene come il disastro in Abruzzo. Che potevo fare lì, dopo quella bufera?». Ma bisognava far seguire i fatti alle parole, la bella politica delle sue lezioni doveva vincere sulle convenienze. «Preferisco dare un segnale di come concepisco l`impegno pubblico. Può aiutare il Pd e forse tutta la politica. Il potere è un mezzo non un fine. L`ho detto e ci credo». Poi, da anni, racconta Veltroni, un leader s`interroga sul momento del passo indietro, quello vero. «Conta molto come si esce di scena. Come? Così, credo, come sto facendo io. Magari non è molto usuale in politica, ma mi metto a posto con la mia coscienza». E il momento dei saluti. Oggi Veltroni riunisce il coordinamento, poi terrà una conferenza stampa. E preoccupato del dopo, ma «me ne vado per tutelare il progetto che non può resistere a un logoramento quotidiano. Se il problema sono io, meglio farsi da parte, no?». Aveva appena ricominciato a girare l`Italia per le Europee, a fare quel viaggio nel Paese profondo che nessuna alchimia tecnica può cambiare in quattro e quattr`otto. «Avevamo bisogno di tempo, di respiro» . Ci ha messo la faccia, è risalito dai momenti difficili del governo Prodi, ha perso, è ripartito, è caduto ieri. «L`impegno non finisce. Dobbiamo costruire il partito, mi raccomando», dice per consolare i ragazzi. Ma il fondatore adesso torna militante semplice.
Fonte: La Repubblica - Goffredo De Marchis | vai alla pagina » Segnala errori / abusi