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«Tre progetti per salvarci dalla crisi». - INTERVISTA
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(09 marzo 2009) - fonte: La Stampa - Federico Geremicca - inserita il 09 marzo 2009 da 31
Dritto e schietto, perfino più del solito: «Ma lasci stare... è soltanto propaganda. Che Franceschini sia diventato un signor no, è argomento buono - forse - per i loro comizi. Noi non diciamo solo no: avanziamo proposte alternative, come si è visto negli ultimi giorni».
Pierluigi Bersani cita l’ultimo esempio: il piano casa. «Il governo propone una via che può scardinare l’Italia. Bene, noi non diciamo solo no: aggiungiamo che è meglio puntare su una sorta di tridente, di cui magari le dirò...». E infatti, poi parleremo del tridente: prima, però, è ovvio chiedere a Bersani un parere sui passi d’avvio di Franceschini: «Io dico: bene. Dobbiamo riconoscergli dei meriti». E non basta, perchéio dall’unico leader democratico che ha già annunciato la sua candidatura alle primarie d’ottobre, arriva un importante chiarimento intorno al futuro di Franceschini: «Dietro la sua elezione non ci sono patti segreti. Nessuno gli ha detto “ti facciamo segretario, ma alle primarie non devi candidarti”. Deciderà Dario cosa fare: e se vorrà candidarsi, nessuno potrà impedirglielo».
Interessante... ma lei vorrà partire dal tridente, no?
«Con l’aria che tira, magari interessa più del futuro leader del Pd... Se il punto - col piano casa - è attivare il settore costruzioni ed edilizia, faccio una controproposta: attiviamo una sorta di tridente. Primo: i cantieri locali. Sbloccando un po’ di soldi per le grandi opere e mettendo un po’ di libertà al patto di stabilità dei Comuni, apriamo mille cantieri locali per manutenzione di scuole, strade, sovrappassi, rotonde, qualunque cosa ci sia da fare e che possa partire in sei mesi. Secondo: le detrazioni fiscali per le ristrutturazioni. Potenziamole. Il governo le aveva stoppate e le ha comunque complicate, ma sono la prova che si può attivare l’edilizia senza stravolgere le regole. Terzo: fare finalmente il piano casa pubblico. Questo governo ha bloccato soldi che avevano stanziato Prodi e Di Pietro, assieme alle Regioni: sono sempre lì, aspettano di essere investiti».
Si tratta di direttrici molto diverse l’una dall’altra...
«Sì, ma perfettamente in grado di rilanciare l’edilizia senza stravolgere le regole. Non si vede perché dovremmo scardinare l’Italia introducendo - unici in Europa - un meccanismo che non prevede nemmeno l’approvazione dei progetti».
E perché il governo lo propone? Crede davvero che si voglia cementificare il Paese?
«Questa è una sicura conseguenza, al di là delle intenzioni. E comunque il punto è che il governo, inventa diversivi e inscena colpi di teatro: ma non ha il bandolo della crisi. Primo, perchè manca un giudizio equilibrato su quel che sta accadendo: senza far catastrofismi, ci aspetteremmo però che il governo andasse in tv - come stanno facendo tutti i governi del mondo - dicendo “abbiamo un problema, e c’è un pezzo d’Italia che questo problema ce l’ha gravissimo”. Secondo: perché non coglie la particolarità italiana della crisi, legata al fatto che abbiamo un particolare rapporto banche-imprese, visto che solo qui le banche impegnano i due terzi dei loro crediti alle imprese. Insomma, c’è il rischio del cedimento di un sistema produttivo totalmente bancocentrico».
E come si potrebbe fronteggiare questo rischio?
«Una via potrebbe essere un intervento fiscale di detrazione degli investimenti retroattivo al 2008, perché il guaio maggiore oggi lo hanno le imprese che hanno investito e che adesso hanno i macchinari fermi e le banche che chiedono i soldi. Poi, si tratta di vedere con le banche se esiste una quota di questo credito - appunto quello relativo in particolare agli investimenti - che possa essere trasferito dal breve al medio-lungo periodo, anche con una parziale garanzia pubblica: rafforzando, cioè, un fondo che sostenga un’operazione di allungamento del debito almeno per una fascia di imprese che hanno investito».
Il problema è sempre lo stesso: dove prendere i soldi...
«E infatti, la questione è che, da un annuncio all’altro, il governo riciccia sempre gli stessi soldi. E’ come il gioco delle tre tavolette: i soldi sono ora su questa carta, poi su quella, ma quando vai a vedere non li trovi mai. Però, io che giro parecchio il Paese, le dico che c’è tanta gente che l’ha capito e dice “questi ci stanno prendendo in giro”...».
Ma la questione resta, no?
«Resta perché per affrontare la crisi un po’ di soldi veri ci vogliono. E quei soldi veri li procuri accettando per il 2009 uno 0,5% in più di deficit, e recuperando poi con alcune misure - in particolare di rientro dall’evasione - più qualche intervento di controllo della spesa corrente. Il problema, naturalmente, è volerla fare la lotta all’evasione...».
Andando al Pd, si avverte un nuovo clima: polemizzate meno, lavorate come una squadra e sostenete, invece che affondare, le iniziative del segretario. Le chiedo: perché state concedendo a Franceschini quel che non avete concesso a Veltroni?
«Non è giusto dire così... Non è così. In più, diamo anche a Dario dei meriti, no? E’ uno che lavora molto di squadra, ed è una qualità che gli va riconosciuta. Ma vorrei anche dire, per dare a Walter quel che è di Walter, che questa piega più consapevole del momento l’avevamo presa già nelle ultime settimane».
Franceschini ripete che non sarà candidato alla guida del Pd: è vero che questa rinuncia fa parte di un patto stipulato prima della sua elezione? Cioè, “noi ti eleggiamo segretario, ma tu non ti candidi alle primarie”...
«Non c’è nessun patto di nessun genere. Vale quello che è stato detto nell’assemblea che lo ha eletto: è un segretario vero, con pieni poteri. Secondo: questa storia di ridurre le nostre vicende a chi è il leader, non va bene. Occorre convincersi che in un grande partito non può esserci separazione tra leadership, il progetto organizzativo, il profilo culturale e le idee che porti. Se non abbiamo fatto le primarie improvvisate, è perché ci siamo tutti convinti che non può più essere così».
Però non ha risposto.
«Come no? Le ho appena detto che non ci sono patti di alcun genere».
Glielo chiedo in un altro modo. Lei sarà candidato alle primarie: vincerle senza Franceschini, non sarebbe un po’ strano?
«Come vede, in questi giorni ci stiamo occupando d’altro... Comunque, io dissi: mi candido perché ho qualche idea su come correggere l’andamento della barca. Il resto lo vedremo. Se ci sono altre idee, ci confronteremo».
Insisto: e Franceschini potrà, se lo vorrà, candidarsi alle primarie con le sue idee?
«Le ho detto che non esistono patti segreti: più di così! Deciderà Dario cosa fare. E mi pare chiaro che se vorrà partecipare alle primarie, nessuno potrà impedirglielo».
Un’ultima domanda: visto che già se ne discute, quale risultato considererebbe positivo per il Pd alle elezioni europee? Il 25%? Il 28? Il 30, come si ipotizzava un paio di mesi fa?
«Considero un buon risultato da dove siamo oggi in sù. Noi dobbiamo andare in su, poi le percentuali le vedremo. Abbiamo il problema di rimotivare chi ci ha votato nell’aprile scorso, e tutto quello che ci aiuta a ripartire va bene. L’importante è cominciare la risalita. E poi ragionare, naturalmente, sul rilancio strategico del nostro progetto politico».
Fonte: La Stampa - Federico Geremicca | vai alla pagina » Segnala errori / abusi