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Dichiarazione di Gianfranco FINI
«Tibet, 50 anni fa la rivolta: la solidarietà è un dovere»
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(10 marzo 2009) - fonte: Secolo d'Italia - inserita il 11 marzo 2009 da 31
Il 10 marzo 1959 Lhasa tentò, senza successo, di ribellarsi al regime. Il nostro Parlamento sollecita la Cina perché accetti un`indagine indipendente sulle regressioni e accolga osservatori dell`Onu. Ci si aspetta un anniversario tutt`altro che sereno in Tibet. In occasione del cinquantesimo anniversario della fallita rivolta contro il regime cinese, avvenuta il 10 marzo 1959, sono annunciate manifestazioni che Pechino si prepara ad affrontare con una dura repressione.
Le autorità cinesi l`hanno già anticipato e ne è una spia il bilancio della giornata di ieri, segnata da una pesante militarizzazione del confine, da proteste "sedate" dalla polizia e da due giornalisti italiani fermati per tre ore, dopo che avevano riferito dell`arresto di 109 monaci avvenuto il 25 febbraio. In Italia la ricorrenza sarà ricordata con un atto politico forte: la Camera voterà una mozione di solidarietà per il Tibet e il Dalai Lama, che è in esilio dal giorno della rivolta e che da allora non ha mai smesso di combattere per il proprio popolo con le armi della diplomazia e della sensibilizzazione della comunità internazionale.
«Continuo a pensare che vada riconosciuta l`autorevolezza morale e religiosa del Dalai Lama», ha detto ieri il presidente della Camera, Gianfranco Fini, spiegando di «non aver cambiato idea» sulla disponibilità a incontrare il leader tibetano. L`occasione è stata la presentazione dell`European Council on Foreign relations, insieme al premio Nobel per la Pace, ex presidente finlandese e copresidente dell`organismo, Martti Ahtisaari. Durante l`incontro, Fini ha anche sottolineato la necessità di una politica estera europea «più coerente e incisiva», soprattutto per quanto riguarda le relazioni complesse come possono essere quelle con l`Iran o con la Cina.
«L`Unione europea - ha sottolineato Fini - farebbe un errore clamoroso se sull`Iran cercasse un approccio sensibilmente diverso da quello degli Usa. Un errore ancor più grande - ha chiarito - se in Europa ci fossero posizioni diverse in ragione degli scambi commerciali, degli interessi di ciascun Paese con l`Iran». Anche per quanto riguarda i rapporti con Pechino, al centro del seminario "Quale futuro per le relazioni tra Ue e Cina", tenuto in relazione alle attività del nuovo organismo europeo, l`Ue ha bisogno di muoversi corri un unico soggetto politico. Per questo, secondo il presidente della Camera, i Paesi europei «devono convincersi ad agire insieme»: per una azione efficace bisogna «che l`Europa sia coesa» a cominciare - è l`auspicio di Fini - da una rapida ratifica del Trattato di Lisbona da parte di tutti gli Stati membri.
«La Cina ormai è un attore globale con cui bisogna confrontarsi in tutti i settori», ha detto Fini, ricordando che il suo ruolo è «destinato ad accrescersi» e che i singoli Stati membri «non hanno la forza e gli strumenti per una politica efficace nei confronti di Pechino». «È importante - ha proseguito il presidente della Camera - includerla nelle iniziative internazionali, piuttosto che confrontarsi con la Cina solo nei momenti di crisi. Questa - ha sottolineato - è la linea della presidenza italiana del G8».Anche il ministro degli Esteri Franco Frattini si è soffermato sull`argomento: «L`Italia ritiene sia il momento di offrire alla Cina un partenariato strategico che non si limiti a riconoscere a Pechino solo un ruolo di potenza economica», ha detto il titolare della Farnesina, sottolineando però che «insistere sul tema della trasparenza è necessario». «Bisogna incoraggiare la ripresa del dialogo tra Pechino e il Dalai Lama», ha aggiunto Frattini, sostenendo che questo non può avvenire se si inette in discussione l`integrità territoriale cinese». «Non credo - ha aggiunto il ministro degli Esteri - che un cambiamento radicale dal punto di vista politico in Cina possa esserci domani, ma - ha concluso - sollecitata in questa direzione la Cina può essere indotta a compiere passi in avanti». Della Cina, insomma, non si dimenticano le zone d`ombra, che emergono con maggiore forza proprio nella travagliata storia della regione tibetana. Non a caso nella mozione che si vota oggi alla Camera, e che già ieri in apertura della discussione ha avuto l`appoggio del governo, il primo impegno richiesto a Palazzo Chigi è quello di «reiterare al governo cinese» le richieste affinché si confronti con la comunità internazionale sul tema dei diritti umani, si presti a un indagine indipendente sulle repressioni in Tibet e apra i propri confini a osservatori internazionali che possano monitorare il rispetto dei diritti umani. E ancora la mozione - la prima a essere votata con il nuovo sistema antipianisti impegna il governo italiano a esprimere solidarietà al «presidente francese Sarkozy per la scelta di incontrare il Dalai Lama», che ha suscitato una dura protesta formale da parte di Pechino; a sollecitare in sede europea una politica comune a sostegno del governo tibetano in esilio e a dare la propria «disponibilità a reiterare l`incontro alla prima occasione possibile». Una mozione «sottoscritta da tutti i partiti politici per ribadire - ha sottolineato ieri il presidente di Montecitorio -- il dovere che la Camera sente di esprimere solidarietà al popolo tibetano, di riconoscere l`autorità morale religiosa e politica del Dalai Lama e l`invito alla Cina per una politica rispettosa dei diritti umani».
Fonte: Secolo d'Italia | vai alla pagina » Segnala errori / abusi