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Testamento biologico. Fermate la legge molto meglio non farla
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(18 marzo 2009) - fonte: Il Manifesto - Daniela Preziosi - inserita il 18 marzo 2009 da 31
Fermate quella legge, finita «la prova ideologica-muscolare del senato, ci si fermi, evitando di produrre una ferita alla convivenza civile». E ancora: «Si prenda una pausa di riflessione. Andiamo nelle università, diamo la parola a filosofi e giuristi; ascoltiamo la società italiana prima di andare avanti come un carro armato su una questione che rischia di spaccare il paese e di cui non si avverte in questo momento una reale esigenza».L`appello di Massimo D`Alema arriva dopo un pomeriggio di dibattito organizzato dalla sua fondazione, Italianieuropei, durante il quale medici e politici di diversi orientamenti si sono confrontati. Se il tono che usa è duro, quasi drammatico, non sarà per convinzione politica, per quella «ferita alla convivenza civile» che lui paragona alla legge 40 e indietro nel tempo alla scelta dì chi si opponeva alla legge sul divorzio.
C`è una vicenda personale a cui il presidente solo accenna, quando dice che «scelta morale è quando una madre o un padre chiedono a un figlio `lasciami morire in pace`. A me è capitato».
Il realtà ieri a palazzo Marini, alla vigilia dell`inizio della discussione sul ddl Calabrò, il dibattito ha anche segnato qualche passo in avanti, qualche futura convergenza delle opposizioni in vista del passaggio alla camera, dato che al senato, dove da stamattina è in discussione la legge sul testamento biologico (correttamente sarà meglio cominciare a scrivere che si tratta della legge che lo vieterà) il testo è praticamente blindato.
Ieri il presidente di palazzo Madama Renato Schifani ha annunciato una conduzione d`aula energica, come se non bastasse la potatura degli emendamenti alla legge già operata in commissione: all`indirizzo dei radicali, e dei tremila emendamenti sopravvissuti, ha avvertito che «l`ostruzionismo limita il diritto di parola e di confronto, sono pronto ad assumermi le mie responsabilità e a far rispettare il calendario». Per la cronaca dunque segnaliamo le possibili convergenze.A sorpresa Rocco Buttiglione, il filosofo vicepresidente di Montecitorio, «apre» alla terza via di Francesco Rutelli: le volontà espresse, dice, che per il ddl Calabrò non hanno alcun valore in caso di stato vegetativo, «possono essere prese in considerazione dal medico curante». Messa così, replica D`Alema, sarebbe «una legge assai migliore di quella che va in aula al senato». Ma alla fine nell`ex ministro degli esteri prevale la presa d`atto dell`irriducibilità fra opposti schieramenti, fra chi vuole affidare la scelta sul fine vita allo stato, («siamo al punto inconcepibile che un soggetto privo di coscienza diventa dipendente dallo stato e lo stato può decidere per lui»), e chi invece vuole affidarla ad una precedente scelta cosciente oppure, in sua mancanza, «ai tuoi cari, agli affetti che accompagnano il morente». E allora meglio niente piuttosto che una legge «eccessivamente invadente», che «rischierebbe di essere estremamente prescrittiva» e che per- sino finirà per «gravare sul medico, con il rischio di rendere estremamente difficile tale delicata professione».
Meglio niente che una legge che fatalmente provocherà i ricorsi dei cittadini e introdurrà «un elemento di ancora maggiore distanza tra il paese reale e le istituzioni». Accanto a lui c`è Ignazio Marino, il dottore senatore, uno di quelli che all`inizio di questa legislatura sosteneva la necessità di una legge sul fine vita. Anche D`Alema, insieme a tutto il partito democratico, la pensava così. Nel giugno scorso, prima che esplodesse il dramma della famiglia Englaro, il Pd ha addirittura fatto approvare una mozione che impegnava il governo a fare una norma. Ora la legge è arrivata, Anna Finocchiaro la definisce «orrenda», Marino «incostituzionale» e suscettibile di referendum abrogativo. Così D`Alema scarta: «Mi vado convincendo che potevamo accontentarci dei principi della Costituzione e della giurisprudenza che in questi ambiti potevano risultare sufficienti». E chiede ai suoi di battere un`altra strada, ovvero fermarsi. Usare la legge che il senato approverà già entro la fine della prossima settimana come un testo base, su cui aprire una discussione in tutto il paese. «La fretta non c`è, il paese ha ben altre urgenze». Entro la serata nessuno, nel Pd, gli risponde.
Solo Gaetano Quagliariello, a nome del Pdl, fa una replica che indica il tasso di disponibilità al dialogo della sua parte: «Non vorremmo che la politica post-ideologica di D`Alema fosse la seguente: quando si è in maggioranza si va avanti senza problemi, se invece si rischia di perdere ci si ferma ed è meglio non essere sconfitti».
Fonte: Il Manifesto - Daniela Preziosi | vai alla pagina » Segnala errori / abusi