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«Elezioni Ue, la vera sfida per la classe dirigente pd» - INTERVISTA
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(01 giugno 2009) - fonte: Il Mattino - Adolfo Pappalardo - inserita il 01 giugno 2009 da 31
L’ultimo sprint di Paolo De Castro, capolista pd per le Europee, è un ennesimo tour nel Mezzogiorno. Ieri in Basilicata con Massimo D’Alema e poi ancora, insieme sempre sullo stesso palco, mercoledì a Napoli. Bagnoli, per la precisione. «Serve il massimo impegno - dice De Castro - per spiegare che queste Europee sono le più importanti da 35 anni a questa parte. E serve una classe dirigente seria e preparata».Perché, senatore De Castro?
«I 72 parlamentari italiani a Bruxelles, avranno poteri più importanti rispetto al passato, lo prevede il Trattato di Lisbona. E quindi sarà in vigore, per la prima volta, la codecisione: il potere del parlamento Ue sarà uguale al quello del Consiglio. Ovvero prima i pareri delle commissioni erano consuntivi, dalla prossima obbligatori e vincolanti. Dovremmo parlare di questo e non di gossip».
Da qui la decisione di candidare solo chi effettivamente andrà in Europa?
«Certo, il Pd ha il fulcro in valori diversi e sono onorato di essere capolista al Sud: un posto ricoperto cinque anni fa da D’Alema e prim’ancora da Giorgio Napolitano. Il nostro impegno è quello di costruire una delegazione che abbia conoscenze per affrontare il momento difficile che stiamo affrontando. A cominciare dalla crisi finanziaria. Per questo, con tutto il rispetto, non è più il caso di mandare gente del calibro di Iva Zanicchi: cose che potevano accadere solo nelle precedenti legislature».
Serve il gioco di squadra, quindi?
«Ci credo fermamente perché c’è bisogno di responsabilità. L’esatto contrario del Pdl dove non si scelgono personalità di alto profilo, come accade invece in tutti i partiti del centrodestra d’Europa, perché si è scelta la linea del referendum dell’imperatore».
Un passo indietro: lei ha girato molto in queste settimane, qual è la situazione del Mezzogiorno e quale la sfida del suo partito?
«Sono spariti i crediti d’imposta voluti da D’Alema e i patti patti territoriali di Prodi. Si era creata una stagione di sviluppo e ora invece questo governo toglie i fondi per finanziare l’Ici, il terremoto e l’Alitalia. Ci siamo giocati tutto. E l’ha ribadito anche il presidente della Confindustria pugliese, una persona super partes che non è candidato: parla di venti miliardi scippati da questo governo. E d’altronde proprio il ministro Calderoli, l’altro giorno, ha detto che è orgoglioso di aver tolto i soldi al Mezzogiorno».
Sta viaggiando da settimane: che impressione ha tratto da questo tour elettorale?
«C’è una grande voglia di riscatto, di cambiamento e finalmente la gente capisce che la crisi c’è e non è superata come vuole far credere il Cavaliere. Meno male che il governatore della banca d’Italia Draghi ha fornito i dati veri e smentito quelli di questo governo».
Eppure il Sud da anni, a livello regionale, Sicilia a parte, è governato dal centrosinistra. Non sarebbe anche ora di fare un po’ mea culpa?
«Errori ve ne sono stati anche da parte del centrosinistra. Qui come a Roma ma non paragonabili a quelli di questo governo che ha un dna tutto lombardo».
I due punti principali del programma.
«Al primo posto: difendere il Mezzogiorno. Tra un anno si deciderà su politica comune e occorre garantire che gli ultimi fondi per le aree depresse vadano al Sud e non agli altri territori. E maggior tutela dell’ambiente, per puntare sulla green economy: in modo da creare opportunità e non vincoli».
Serve una squadra forte a Bruxelles, eppure il Pd non ha ancora deciso in quale gruppo confluire.
«Problema chiuso con il lodo Marini».Ovvero?
«La possibilità di non andare nel gruppo socialista e iscriversi a uno da creare in cui potranno confluire Democratici e cattolici anche degli altri paesi».
Fonte: Il Mattino - Adolfo Pappalardo | vai alla pagina » Segnala errori / abusi