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«Troppi concorrenti non aiutano a scegliere in maniera chiara» - INTERVISTA
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(26 giugno 2009) - fonte: Il Gazzettino - Ario Gervasutti - inserita il 26 giugno 2009 da 31
Pierpaolo Baretta, capogruppo del Pd in Commissione Bilancio alla Camera e già segretario della Cisl, è al tempo stesso ottimista e spaventato. Ottimista perché giudica il suo partito al punto "di rimbalzo"; spaventato perché c’è il rischio che il rilancio e la discussione sul futuro del Pd si giochi sul "chi" lo guiderà e non sul "perché" e sul "per fare cosa". «È un rischio possibile. Ma il Pd l’ha corso durante tutto l’ultimo anno. Sarebbe un gravissimo errore se la discussione vertesse sulle persone e non sui progetti. Per quanto mi riguarda farò di tutto per privilegiare i contenuti sia a livello nazionale che al congresso veneto».Eppure si parla anche di altre candidature, di un "terzo uomo" che potrebbe essere Chiamparino...
«Al di là della persona, che nel caso specifico è bravissima, non credo che il moltiplicarsi delle candidature aiuti a raggiungere lo scopo. Le due candidature di Bersani e Franceschini ben identificano la pluralità di opinioni di quest’ultimo anno e mezzo. Il moltiplicarsi di candidature fraziona e non risolve le due grande opzioni che siamo chiamati a scegliere: se mantenere l’ipotesi socialdemocratica e andare oltre verso un riformismo moderno».
Ma con due candidati non c’è il rischio di riproporre lo schema Margherita-contro-Pd?
«Questo è un rischio già scongiurato. Letta ad esempio mi sembra orientato verso Bersani, e nel mondo ex Ds ci sono sensibilità moderne come si evince dall’intervista rilasciata al Gazzettino da Andrea Martella, che non fa un’opzione esplicita verso Franceschini ma esprime contenuti in cui tanti si ritrovano. Finalmente quel "mix" che va oltre le vecchie "parrocchie"».
Ma è sufficiente un rinnovamento generazionale?
«Io parlerei di rinnovamento e basta, dentro c’è anche l’aspetto generazionale. Se costruiamo una prospettiva per i prossimi vent’anni, serve anche gioventù: ma è una condizione necessaria ma non sufficiente. Non è taumaturgica».
C’è chi come il sindaco di Bari Michele Emiliano suggerisce la ricostruzione di una "egemonia culturale". Non è una strategia da "vecchio Pci"?
«Lascerei da parte parole ambigue. Serve invece una proposta culturale che parli alla gente, e che faccia riconoscere il Pd come un partito in prospettiva in grado di governare e in grado di rispondere ai problemi della gente. Lega dà risposte sbagliate a problemi veri, noi non dobbiamo negare i problemi».
Ha citato la Lega come esempio: esiste la "questione settentrionale" per il Pd?
«Esiste per la politica, non solo per il Pd. La Lega finora è riuscita a rappresentarla, in modo sbagliato ma lo ha fatto. Il motore economico del Paese, e il Veneto è una parte fondamentale, non trova complessivamente nella politica italiana risposte che non siano di rassicurazione, come ad esempio sulla sicurezza. Noi dobbiamo offrire risposte che vadano oltre la banale rassicurazione, e al contrario della Lega siamo in grado di elaborarle. Per questo ritengo che anche là dove abbiamo perso, come ad esempio a Venezia, siamo a un un punto di partenza. E poi c’è la Regione: il Pd veneto deve ripartire con un progetto esplicito perché il nostro 21% è solo lo zoccolo di partenza per obbiettivi ambiziosi».
Obbiettivi che possono comprendere un confronto senza pregiudizi con altre forze?
«Il vero competitore del Pd è la Lega, è con loro che dobbiamo confrontarci sui temi. Sicurezza, federalismo, riforme del lavoro: loro hanno dato risposte di divisione e rassicurazione. Noi invece a lungo abbiamo negato i problemi, che invece sono reali, concreti. Ha ragione Cacciari a sottolineare che ci sono specificità territoriali».
Ma su certe questioni la Lega, pur usando linguaggi drastici o magari non politicamente corretti secondo la concezione del Pd, ha dato risposte che gli elettori hanno dimostrato di condividere. È solo questione di sfumature linguistiche?
«In politica la forma non è un elemento marginale. C’è una questione culturale, la Lega forza i concetti caricando sulle divisioni, le paure, talvolta l’odio sociale. Piega i contenuti a una visione che ha obbiettivi strumentali. Il rigore va invece accompagnato da una concezione valoriale.
Il Veneto premia chi dice non all'immigrazione ma è in prima linea nel volontariato: questo è il Veneto che noi interpretiamo. La Lega parla solo alla prima parte. La proposta politica deve essere in grado di offrire alla gente una prospettiva, non solo cavalcare le sensazioni».A lungo il progetto politico del Pd è stato sintetizzato in uno slogan: "cancellare Berlusconi". Deve continuare ad essere una priorità?
«L’antiberlusconismo non ha pagato. Non serve a niente, dobbiamo dire cosa vogliamo noi, come vogliamo governare il Paese e i territori. Se guardiamo la campagna elettorale dei nostri uomini e donne in Veneto, si è basata su questioni concrete: mai Zoggia o la Puppato, o Zanonato hanno perso un minuto a parlare di veline o di gossip. Questo deve essere anche un messaggio per i vertici nazionali: la linea politica va distinta dalla cronaca dei giornali. Non ci si può far dettare la linea da nessun quotidiano».
Fonte: Il Gazzettino - Ario Gervasutti | vai alla pagina » Segnala errori / abusi