Ti trovi in Home  » Politici  » Debora Serracchiani  » «Nel Pd servono molte facce nuove» - INTERVISTA

Chiudi blocco

Altre dichiarazioni nel periodo per gli stessi argomenti



Dichiarazione di Debora Serracchiani

Alla data della dichiarazione: Deputato Parlamento EU  (Gruppo: S&D) 


 

«Nel Pd servono molte facce nuove» - INTERVISTA

  • (01 luglio 2009) - fonte: Oggi - Mauro Suttora - inserita il 01 luglio 2009 da 31

    Mai, nella storia d’Italia, c’è stata un ascesa politica più rapida. Fino al 2003 Debora Serracchiani di politica non s’interessava, se non leggendo i giornali. Fino a cento giorni fa non era mai scesa a Roma per una riunione nazionale del suo partito, il Democratico.
    Oggi, milioni di simpatizzanti sperano in questa 38enne romana-udinese per rinnovare il centrosinistra.
    In 144 mila l’hanno votata il7 giugno, spedendola all’Europarlamento. «E in Friuli ho battuto anche "papi"», scherza lei: settemila preferenze più del premier Silvio Berlusconi. Incontriamo il fenomeno con frangetta a casa sua, nella periferia estrema di Udine. Una casetta comprata col mutuo assieme al compagno Riccardo, 40 anni, romano pure lui, impiegato in un’impresa di telecomunicazioni. Debora, che da quindici anni fa l’avvocatessa specializzata in cause di lavoro, ci accoglie nel giardinetto.
    Poco più in là lo stadio dell’Udinese: «Da qui sentiamo gratis i concerti: ottimi di Vasco Rossi e Red Hot Chili Pepper, ora aspettiamo i Coldplay a fine agosto».
    Debora ha appena scritto un libro: Il coraggio che manca (ed. Rizzoli). Sottotitolo: A un cittadino deluso dalla politica.
    Racconta le incredibili dieci setti mane fra il suo primo discorso del 21 marzo a Roma e il trionfo alle Europee. Il giorno dell’equinozio primaverile 2009 «è stato forse il momento più basso nella storia della sinistra italiana». Il segretario del Pd Walter Veltroni si era dimesso. Sul tavolo del successore Dario Franceschini i sondaggi davano il partito al 20 per cento. Un disastro per gli eredi di Dc e Pci, attestati al 70 per cento per mezzo secolo. La Serracchiani, con un discorso di pochi minuti, è riuscita a galvanizzare i democratici. Era arrivata in corriera di notte da Udine assieme ai colleghi di base del Pd, non aveva dormito, era a disagio per la scarsa eleganza del proprio vestito rispetto ai dirigenti romani: «Pensavo a un incontro di partito, mi sono ritrovata in una convention». Eppure ha attirato l’attenzione di tutti i delusi dalla nomenklatura democratica, che l’hanno applaudita 35 volte. Dal giorno dopo, migliaia di mail e sms.

    Ma chi è la Serracchiani, da dove viene?

    «Sono nata nel 1970 a Roma, quartiere Casetta Mattei, zona Portuense. Mio padre era impiegato Alitalia, mia madre ha smesso di lavorare quand’è nato mio fratello Emiliano. Scuola dalle suore fino alla terza media. Poi istituto tecnico commerciale, perché allora non volevo andare all’università: ragioneria con lingue, inglese e francese. Ci ho aggiunto lo spagnolo. Fino a 18 anni ho giocato a tennis a livello agonistico. Ma le ore d’allenamento erano troppe: entrata all’università, non ho più toccato la racchetta per dieci anni. Laureata in legge nel ‘94 con 110 e lode, tesi di diritto commerciale su una direttiva europea per le srl».

    E nel tempo libero?

    «Musica: Bruce Springsteen, Zero Assoluto, Elisa. Libri: Orgoglio e pregiudizio di Jane Austeri, l’ho letto dieci volte, anche in inglese. E i legal thriller di Grisham. Cinema: Il marchese del Grillo con Alberto Sordi, grandi dialoghi e senso civico».

    Ha visto il film Mister Smith va a Washington di Frank Capra?

    «No».

    È la sua storia: un idealista digiuno di politica viene eletto deputato.

    «E poi?»

    Non riveliamo il finale. Ci dica lei piuttosto: com’è finita a Udine, e per di più in via Sondrio? Più a nord di così...

    «Ricordo ancora il giorno del trasloco: 3 gennaio ‘95. Un freddo incredibile. Ho seguito Riccardo, che aveva trovato lavoro qui».

    Lo ha trovato subito pure lei.

    «Sì, lo studio Businello mi ha fatto fare il praticantato. Mi sono specializzata in cause di lavoro».

    A proposito di lavoro. All’ultimo incontro del Pd lei ha affrontato un totem e tabù della sinistra: l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori. Che secondo alcuni tutela un po’ troppo i dipendenti, rendendoli quasi illicenziabili.

    «Ho posto il problema più in generale, sul mondo del lavoro. Il Pd deve dare risposte, dire chiaramente cosa pensa su alcuni temi fondamentali.
    Oggi, purtroppo, c’è troppa differenza fra lavoratori garantiti e precari. Anche per una questione di tempi: le cause di lavoro sono lunghissime».

    Stia attenta: a sinistra chi tocca i fili (l’articolo 18) muore.

    «La risposta è: migliorare gli ammortizzatori sociali. Che non devono proteggere settori improduttivi, ma accompagnare chi perde il posto a un nuovo lavoro».

    L’avvocato Businello, prima suo principale e poi socio, mi ha parlato molto bene di lei. Dice che le sue grandi virtù, determinazione e capacità di lavoro, sono anche il suo unico difetto: qualche segretaria non rimpiange i suoi ritmi.

    «Sono esigente soprattutto con me stessa.
    Al sabato mattina lavoro. E anche in agosto, quando c’è più tempo e tranquillità per smaltire il lavoro arretrato».

    Povero Riccardo.

    «Ma no, anche a lui piace andare in vacanza a giugno o a fine estate, fuori dalla ressa».

    Dove?

    «Isole greche».

    E i weekend azzoppati?

    «Passiamo le domeniche pomeriggio qui sul divano a vedere le partite della Roma in tv».

    Su Sky?

    «Macché: digitale terrestre Mediaset. Pagando Berlusconi. Me ne vergogno...».

    Non vi sposate?

    «Non vogliamo svilire il matrimonio, istituto nel quale non crediamo fino in fondo, sposandoci solo per convenienza. Aspettiamo i Dico, i patti di convivenza».

    Aspetta e spera. Anche nel Pd i cattolici fondamentalisti sembrano dettare la linea sulle questioni etiche.

    «È ora di discutere, rispettando la sensibilità di tutti, ma prendendo una decisione. Anche perché nel 2020 le nuove convivenze in Italia supereranno i matrimoni».

    Nel suo primo e ormai famoso discorso lei si è presentata così: «Vengo dalla città che ha accolto Eluana Englaro».

    «Certo. Sono questioni di civiltà. E su alcuni temi etici sono d’accordo con Ignazio Marino, il medico cattolico fautore del testamento biologico».

    Nel libro maltratta Francesco Rutelli.

    «Ricandidarlo sindaco a Roma dopo quindici anni è stato un disastro. Ci voleva un volto nuovo. Abbiamo regalato la capitale alla destra».

    Quattro a Rutelli, cinque a D’Alema, sei a Franceschini, sei più a Veltroni: questa è la sua pagella ai capi pd. Visto il voto a D’Alema, difficile che appoggi il suo candidato Pierluigi Bersani al congresso, contro Franceschini.

    «Ci vogliono facce nuove».

    «A destra sono capaci di tutto, a sinistra sono buoni a nulla»: all’inizio del libro lei cita questa tremenda frase di Marco Pannella contro i politici italiani. La condivide?

    «Dobbiamo fare di tutto per smentirlo».

    Fonte: Oggi - Mauro Suttora | vai alla pagina

    Argomenti: laicità, Candidature, cattolici, roma, pd, pannella, candidature giovani pd, congresso pd, dirigenti, classe dirigente, primarie | aggiungi argomento | rimuovi argomento
    » Segnala errori / abusi
    Pubblica su: share on twitter

 
Esporta Esporta RSS Chiudi blocco

Commenti (0)


Per scrivere il tuo commento devi essere loggato