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«Contro la crisi i grandi della terra devono fare di più»
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(07 luglio 2009) - fonte: Il Sole 24 Ore - Dino Pesole - inserita il 07 luglio 2009 da 31
«La domanda che mi sto ponendo con insistenza in queste ore è se a livello globale siamo stati in grado di dare le necessarie risposte globali alla crisi». Alla vigilia dell'atteso vertice del G-8 all'Aquila, Carlo Azeglio Ciampi si interroga sull'effettiva capacità che le grandi potenze mondiali hanno avuto finora nell'affrontare la più grave crisi globale del dopoguerra.La risposta è in qualche modo già contenuta nell'interrogativo: tutti ormai concordano che la crisi finanziaria, poi trasferitasi all'economia reale, richieda azioni sempre più coordinate. Ma da questo punto di vista, soprattutto nel Vecchio Continente è soffiato forte il vento degli egoismi nazionali. «Non mi sembra che le risposte fornite finora siano state all'altezza della crisi». Lo sostiene un padre riconosciuto della nuova Europa, che da ministro del Tesoro ha guidato il Paese nella faticosa rincorsa all'euro, e poi da presidente della Repubblica ha esortato a più riprese l'Unione europea a dotarsi di una politica economica comune. Ha usato il termine "zoppìa", per fotografare l'asimmetria che si è creata tra il fondamentale approdo alla moneta unica e l'assenza di conseguenti strategie concordate di politica economica. La crisi ha esasperato ancor più questa frattura, e la paralisi del percorso costituente ha fatto il resto.
Ciampi tuttavia resta ottimista sul futuro dell'Europa. Ha appena dato alle stampe un libro edito dal Mulino, «La libertà delle minoranze religiose», a cura di Francesco Paolo Casavola, Gianni Long e Francesco Margiotta Broglio. È la rivisitazione di un suo testo giovanile, la tesi di laurea che presentò nel 1945, sulla libertà religiosa come diritto fondamentale e inalienabile della persona. «Fiducia e credibilità - osserva - ecco i due elementi essenziali per uscire dalla crisi». Ciampi rinvia all'articolo pubblicato sul «Sole 24 Ore» del 4 giugno, nell'ambito delle «lezioni per il futuro», nel passaggio in cui ricorda che nell'immediato dopoguerra la classe dirigente «fu unita per la ricostruzione dell'Italia. Uomini e donne con storie e convinzioni diverse, così tanto diverse da sembrare inconciliabili, superarono nell'interesse del Paese le ragioni pure profonde che opponevano gli uni agli altri».
Occorrerebbe oggi uno slancio simile, in Italia come in Europa. «Credibilità soprattutto da parte delle istituzioni», ripete Ciampi e cita la Bce che «questa credibilità l'ha conquistata sul campo nei suoi dieci anni di vita». Un anno fa, il 2 giugno 2008, ospite d'onore a Francoforte per il decennale della Bce, sostenne che la «creatura» di cui si festeggiava l'anniversario «operando sulla base di un saggio ordinamento statutario, ha sviluppato muscoli e intelletto, in un processo di apprendimento fattivo che ha fugato quegli antichi dubbi. La storia di questi anni è qui a dimostrare che l'Eurosistema ha funzionato». La Bce «ha saputo conquistarsi il più ambito dei riconoscimenti per una Banca centrale, quello della credibilità e dell'autorevolezza». Poi la crisi è esplosa in tutta la sua forza, e Ciampi resta convinto come allora che l'Europa «deve poter parlare con una voce sola. Serve un governo dell'economia, capace di promuovere una crescita del reddito, una sua più equa ripartizione e migliori opportunità per l'occupazione». Perché una cosa deve essere chiara: senza crescita «non può esservi durevole stabilità, né monetaria, né reale».
Come un anno fa, Ciampi resta convinto che «solo parlando con una sola voce l'Europa può essere realmente soggetto della storia, soprattutto in un mondo globalizzato come quello in cui viviamo». Processo che passa necessariamente attraverso un opportuno ricambio generazionale, tema anch'esso molto caro a Ciampi. La sua generazione, un contributo decisivo al Paese lo ha già dato. «Gli ideali e i valori ai quali mi sono formato sono stati la bussola che ha orientato la mia vita», scrive nella breve introduzione al suo saggio. «Hanno concorso a dar voce a quel maestro interiore al cui ascolto Sant'Agostino rinvia ogni uomo per discernere il cammino dell'esistenza, per orientare la propria condotta nella vita pubblica come in quella privata. Perché non c'è cesura tra le due. L'una e l'altra rientrano nella sfera della coscienza intesa come atto che unisce la conoscenza razionale con l'azione libera».
Fonte: Il Sole 24 Ore - Dino Pesole | vai alla pagina » Segnala errori / abusi