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Dichiarazione di Valter VELTRONI

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) 


 

"Berlusconi non è il male di tutto" - INTERVISTA

  • (23 agosto 2009) - fonte: Resto del Carlino - Andrea Cangini - inserita il 23 agosto 2009 da 31

    Onorevole Veltroni, a differenza dei suoi colleghi di centrodestra, lei e Franceschini scrivete romanzi: è il segno della scarsa dimestichezza dei vostri avversari con i libri o della tendenza dei leader democratici a fuggire la realtà?

    «No, guardi, non ho mai pensato che la destra fosse ignorante e che la cultura fosse appannaggio esclusivo della sinistra, né ritengo di avere bisogno di fuggire la realtà. Mi sono accostato alla letteratura con prudenza e in tarda età, spinto solo da esigenze personali».

    Dà più soddisfazione scrivere un romanzo o una mozione congressuale?

    «Faccio fatica a separare le due dimensioni, nella mia vita umana e professionale sono sempre state profondamente intrecciate: ci può essere molta politica e funzione civile in un romanzo, così come è possibile trovare molti aspetti poetici nella politica».

    Lei ha detto che in questo libro ha evitato il tempo presente perché «il nostro tempo non mi piace», vien da pensare che il rifiuto della realtà e la fuga nel politicamente corretto sia oggi il vero problema della sinistra.

    «Capisco la domanda, ma più semplicemente ho preferito evitare di parlare del tempo presente per non scadere in una narrazione condizionata dalla cronaca. Tutto il libro è un atto d’amore per l’Italia, Paese sfortunato e meraviglioso».

    Perché sfortunato?

    «Perché ha conosciuto il fascismo, le leggi razziali, la mafia, il terrorismo...».

    Ma non crede che fascismo, mafia e via elencando in realtà ci appartengano?

    «Sì, è vero, non si tratta di fattori a noi estranei. Lo attribuisco alla fragilità del processo di costruzione dell’identità nazionale del Paese: il Risorgimento s’è fermato a un certo punto, il processo di unità è stato faticoso...».

    Per capirci, se oggi siamo quel che siamo è a causa di Berlusconi?

    «No, ne sono convinto. La colpa più grave di Berlusconi è quella di non aver migliorato in nulla il Paese pur dominandone la politica da 15 anni, ma non credo che con lui scompariranno anche l’egoismo e l’individualismo. Credo però che chi ha responsabilità di governo non dovrebbe alimentare gli aspetti più deteriori dell’epoca in cui vive. Detto questo...».

    Detto questo?

    «C’è una spinta all’odio nella nostra società su cui nel libro rifletto. Uno dei capitoli è ambientato negli anni Settanta, gli anni del terrorismo e della violenza cieca».

    Violenza che aveva il consenso di una parte consistente della ‘buona società’.

    «Certo, e questo fa ancora più orrore. Vada e rileggere le firme in favore degli assassini dei fratelli Mattei, i due ragazzi missini bruciati a Primavalle: c’è gran parte dell’intellighenzia italiana...».

    Come lo spiega?

    «Col fatto che siamo un Paese che tende a prendere forti sbandate ideologiche. Si sono trasformati in ideologie persino il berlusconismo e l’antiberlusconismo, e il mio grande dolore è stato non essere riuscito ad avviare una stagione di collaborazione nell’interesse dell’Italia dopo le elezioni».

    Colpa di molti dirigenti del suo partito e di Di Pietro.

    «Sì, anche. Ma soprattutto del fatto che il centrodestra ha preferito ripetere il copione della contrapposizione frontale. Ecco, in ogni pagina del mio libro c’è l’auspicio di portare il Paese fuori dal collo di quest’imbuto ideologico che credo affligga sia i nostri elettori sia quelli del centrodestra».

    Il pronome «noi», titolo del libro, prosuppone però l’esistenza di un «altro», un «diverso»...

    «Certo, vede nel primo capitolo racconto il rapporto tra un gerarca fascista e il suo maggiordomo: persone diverse, socialmente distanti, ma che in fondo si contemperano. Racconto anche di un uomo che ha fatto la Resistenza ma condanna ogni forma di violenza successiva alla guerra, racconto di un uomo che si trova nella difficile condizione di denunciare un terrorista a lui vicino... Ecco, c’è un noi pure nella diversità, c’è un noi che riguarda le persone perbene che sono a destra come a sinistra e che oggi più che mai hanno bisogno di ricostruire una dimensione nazionale collettiva».

    Quando pensa al suo futuro si vede ancora in politica?

    «Non lo so, in questi mesi non ci ho pensato. Ho visto molti cadere in depressione dopo la perdita del potere ma per fortuna il fatto di aver sempre avuto interessi fuori dalla politica mi ha preservato».

    In molti le rinfacciano di non essere andato in Africa come promesso...

    «Sono piccolezze di quegli spiritosi di complemento che non hanno mai fatto nulla per gli altri. L’Africa, cioè la solidarietà, resta la scelta di fondo della mia vita».

    A questo punto, abbiamo chiesto a Veltroni di associare un personaggio letterario al nome di alcuni politici. Per Berlusconi ha subito immaginato il Mago di Somerset Maugham, su D’Alema ha preso tempo. Un tempo infinito.

    Ci devo pensare», ha concluso. Ha chiamato dopo un’ora: «Mi correggo: per Berlusconi è meglio Falstaff di Shakespeare, un uomo refrattario alle regole. Per D’Alema ho pensato a Bartleby lo scrivano di Melville, uno che si fa ricordare per la frase ‘preferirei di no’». Passa un’altra ora e richiama: «No, guardi, lasciamo perdere: meglio evitare polemiche. Scriva che più che personaggi letterari mi sembrano persone che hanno una smisurata voglia di tenersi stretti alla dimensione della cronaca».

    La sintesi dell'Intervista - con i commenti dei lettori - ripresa dal Corriere.it

    Fonte: Resto del Carlino - Andrea Cangini | vai alla pagina

    Argomenti: Berlusconi, centrodestra, centrosinistra, pd, Politica Nazionale, dirigenti | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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