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Dichiarazione di Pietro ICHINO

Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) 


 

Disegno di legge sui rapporti individuali di lavoro (artt. 2087-2134)

  • (07 settembre 2009) - fonte: pietroichino.it - inserita il 12 settembre 2009 da 31

    Semplificare la legge per renderla più incisiva e universale: il nuovo "Codice del lavoro" sintetizza in 49 articoli l'intera disciplina legislativa dei rapporti di lavoro, rendendola al tempo stesso applicabile a tutta l'area del lavoro in posizione di dipendenza economica.

    Il testo che segue costituisce per ora soltanto una bozza per la discussione in sede tecnica e politica di un progetto avviato nella primavera del 2008 per iniziativa congiunta del Gruppo Intersettoriale Direttori del Personale, di alcuni dirigenti sindacali di Cgil, Cisl e Uil, di un gruppo di giuslavoristi del Dipartimento di Studi del Lavoro e del Welfare dell’Università di Milano e dell’Università di Pisa. L’intendimento è di arrivare alla presentazione formale del progetto al Senato entro ottobre.

    DISEGNO DI LEGGE
    aggiornato al 7 settembre 2009

    Articolo 1. – Gli articoli da 2087 a 2134 del Libro V del codice civile e le rubriche delle rispettive sezioni, nell’ambito del Titolo II, Capo I, sono sostituiti come segue.

    [ TITOLO II – DEL LAVORO NELL’IMPRESA

    Capo I – Dell’impresa in generale

    (gli articoli da 2082 a 2086 della Sezione I non vengono sostituiti) ]

    Sezione II – Disciplina comune a tutti i rapporti di lavoro

    Articolo 2087
    Tutela delle condizioni di lavoro e della riservatezza del lavoratore

    1. Il titolare dell’azienda è tenuto ad adottare le misure che secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie per tutelare l’integrità fisica e psichica, la personalità morale e la riservatezza di chiunque presti la propria attività di lavoro nell’azienda. Principi e regole fissati dall’Unione Europea in materia di igiene e sicurezza del lavoro e di protezione dei dati personali costituiscono standard immediatamente applicabili per la determinazione degli obblighi gravanti sull’imprenditore.

    2. Coloro che prestano continuativamente la loro opera in ambiente di cui sia titolare il datore di lavoro o committente, quale che sia la natura giuridica e il contenuto della prestazione, hanno diritto di controllare mediante tecnici di propria fiducia:
    a) l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali;
    b) le tecniche applicate dal datore di lavoro o committente quando questi li sottoponga a indagini attitudinali o motivazionali o a test psico-reattivi, nonché l’utilizzazione che egli faccia dei dati risultanti da tali indagini o test.

    3. È fatto divieto al datore di lavoro o committente, ai fini della selezione precedente alla costituzione del rapporto, come nel corso del suo svolgimento, di effettuare indagini, anche tramite terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del collaboratore, indagini anamnestiche o prognostiche sul suo stato di salute, oppure su suoi precedenti di alcoldipendenza o tossicodipendenza, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione della sua attitudine professionale e ai fini di tutela della sicurezza delle cose e delle persone.

    4. Il datore di lavoro o committente, ferma restando la protezione dei dati personali disposta dalla legge, è tenuto al segreto, a norma dell’articolo 622 del codice penale, sulle notizie riservate concernenti il collaboratore, delle quali venga a conoscenza per ragione del rapporto di collaborazione o delle attività selettive precedenti alla sua costituzione. Tale obbligo riguarda, in particolare, le notizie concernenti la natura delle infermità o dei diversi impedimenti personali o familiari che causino l’astensione dal lavoro, nonché le componenti della valutazione della prestazione eventualmente idonee a rivelare taluno dei dati sensibili protetti. Non sono, invece, oggetto di protezione i dati inerenti allo svolgimento della prestazione lavorativa e al suo corrispettivo.

    Articolo 2088

    Età minima, capacità giuridica e tutela del lavoro minorile

    1. Fermo restando il diritto-dovere di istruzione e formazione, non può essere titolare di un contratto di lavoro la persona che non abbia compiuto i 15 anni di età.

    2. Il minore stipula validamente il contratto di lavoro e gli atti giuridici che ne conseguono con l’assistenza di chi esercita la potestà parentale.

    3. L’ammissione al lavoro del minore è subordinata a visita medica per l’accertamento dell’idoneità fisica e psichica alla mansione specifica cui il minore stesso sarà adibito.

    4. In nessun caso il minore di 18 anni può essere adibito a lavoro notturno, o a lavoro pericoloso, faticoso, o svolto in ambiente insalubre o ad alta rumorosità, o alla somministrazione di bevande alcoliche. Con decreto del ministro del lavoro, della salute e del welfare sono determinati i limiti di peso dei carichi al cui trasporto a braccia o mediante carrelli può essere adibito il minore.

    5. Il minore di 17 anni titolare di contratto di lavoro o collaborazione continuativa non può essere adibito a lavoro per più di 7 ore ogni giorno e 35 ore ogni settimana. Per il minore di età superiore si applica in ogni caso il limite massimo di 8 ore di lavoro giornaliero e 40 ore di lavoro settimanale.

    6. Il minore titolare di contratto di lavoro o collaborazione continuativa ha diritto a trenta giorni di calendario di riposo annuale retribuito.

    Articolo 2089

    Assicurazione generale contro gli infortuni e le malattie professionali

    1. Chiunque svolga professionalmente una attività lavorativa che lo espone a un rischio di infortunio o malattia professionale deve essere assicurato contro tale rischio. Gli standard minimi di tale assicurazione, in riferimento a ciascun rischio specifico, sono stabiliti mediante decreto del Presidente della Repubblica, secondo quanto proposto dal Consiglio Nazionale dell’Economia e del lavoro, e approvato dal Consiglio dei Ministri.

    2. L’assicurazione è a carico del creditore della prestazione di lavoro dipendente. Quando non si tratti di lavoro dipendente, l’assicurazione è a carico del titolare delle attrezzature e dei macchinari per mezzo dei quali il lavoro deve essere svolto. Il soggetto obbligato alla stipulazione dell’assicurazione risponde delle prestazioni assicurative in solido con la compagnia prescelta.

    3. L’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, mediante una propria gestione speciale, garantisce l’automaticità delle prestazioni assicurative secondo gli standard di cui al comma 1 in difetto della copertura assicurativa di cui al comma 2, salvo rivalsa nei confronti dei debitori inadempienti. Il finanziamento della suddetta gestione speciale è determinato dal decreto del Presidente della Repubblica di cui al comma 1, a carico delle compagnie che gestiscono l’assicurazione di cui ai commi 1 e 2.

    Articolo 2090

    Assicurazione generale per vecchiaia, invalidità e disoccupazione

    1. Quale che sia la natura giuridica e il contenuto della prestazione di lavoro personale, la sua retribuzione, per la parte che non superi i 60.000 euro annui o i 5.000 euro mensili, è assoggettata alle assicurazioni generali obbligatorie per la vecchiaia e l’invalidità e per la disoccupazione. Contribuzione e prestazioni di tali assicurazioni di base universali sono disciplinate mediante decreto del Presidente della Repubblica, secondo quanto proposto dal Consiglio Nazionale dell’Economia e del lavoro, e approvato dal Consiglio dei Ministri. Le forme di previdenza complementare sono disciplinate da leggi speciali.

    Articolo 2091

    Parità di trattamento e divieti di discriminazione

    1. È fatto divieto al datore di lavoro o committente di differenziare in alcun modo, direttamente o indirettamente, il trattamento riservato a uno o più collaboratori, ivi compresi i criteri di assunzione e di licenziamento, a causa della loro razza, sesso, nazionalità o provenienza regionale, origine etnica, religione, attività, opinione o appartenenza politica o sindacale, età, orientamento sessuale. Principi e regole fissati nelle direttive comunitarie n. 76/207, n. 86/613, n. 2000/43, n. 2000/78 e 2006/54, e comunque nell’ordinamento dell’Unione Europea, in materia di parità di trattamento costituiscono standard immediatamente applicabili per la determinazione dei diritti e obblighi delle parti dei rapporti di lavoro.

    Articolo 2092

    Compenso orario minimo

    1. Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Consiglio Nazionale del­l’Economia e del Lavoro approvata dal Consiglio dei Ministri, viene fissato il compenso orario minimo applicabile a tutti i rapporti aventi per oggetto una attività lavorativa misurata in ragione del tempo. Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro formula la proposta dopo avere sentito le associazioni sindacali e imprenditoriali maggiormente rappresentative.

    2. decreto di cui al comma 1 può disporre compensi orari minimi differenziati in relazione a differenze rilevanti degli indici regionali del costo della vita.

    3. Il compenso orario minimo non si applica ai rapporti aventi per oggetto, esclusivo o concorrente con la prestazione lavorativa, la formazione professionale del prestatore.

    Aricolo 2093

    Servizi nel mercato del lavoro

    1. L’attività di servizio all’incontro fra domanda e offerta nel mercato del lavoro è libera. Quando essa sia svolta professionalmente a scopo di lucro, si applicano le disposizioni contenute nei commi seguenti.

    2. Presso il ministero del lavoro, della salute e del welfare è istituito un albo delle agenzie per il lavoro articolato in due sezioni:
    a) agenzie di somministrazione di lavoro abilitate allo svolgimento di tutte le attività di cui all’articolo 2127;
    b) agenzie di intermediazione, di ricerca e selezione del personale;
    c) agenzie di supporto intensivo alla ricollocazione professionale.

    3. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali rilascia entro sessanta giorni dalla richiesta, e previo accertamento della sussistenza dei requisiti di cui al comma **, l’autorizzazione all’esercizio delle attività per le quali viene fatta richiesta, provvedendo contestualmente alla iscrizione dell’agenzia nell’albo di cui al comma 2.

    4. Le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 non si applicano agli istituti scolastici o universitari, né ai centri di formazione professionale, che svolgano attività di collocamento per i propri allievi. Esse non si applicano neppure agli organismi che gestiscono i servizi di ricollocazione dei lavoratori per conto delle aziende a norma dell’articolo 2120.

    5. Per l’iscrizione all’albo di cui al comma 2, lettera a), è necessario che: a) l’agenzia sia costituita nella forma di società di capitali, oppure cooperativa o consorzio di cooperative;
    b) l’agenzia abbia disponibilità di uffici in locali idonei allo specifico uso e di adeguate competenze professionali, dimostrabili per titoli o per specifiche esperienze nel settore delle risorse umane o nelle relazioni industriali, secondo quanto precisato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con decreto emanato d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e sentite le associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative;
    c) in capo agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti muniti di rappresentanza e ai soci accomandatari non siano state emanate condanne penali o sanzioni sostitutive di quelle penali, anche con sentenza non definitiva, per delitti contro il patrimonio, per delitti contro la fede pubblica o contro l’economia pubblica, per il delitto previsto dall’articolo 416-bis del codice penale, o per delitti non colposi per i quali la legge commini la pena della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, per delitti o contravvenzioni previsti da leggi dirette alla prevenzione degli infortuni sul lavoro o, in ogni caso, previsti da leggi in materia di lavoro o di previdenza sociale; non siano state adottate, altresì, misure di prevenzione;
    d) nel caso di soggetto non caratterizzato da un oggetto sociale esclusivo, che l’attività di servizio al mercato del lavoro sia affidata a una distinta divisione operativa, gestita con strumenti di contabilità analitica, tali da consentire di conoscere tutti i dati economico-gestionali specifici;
    e) che il capitale versato non sia inferiore a 600.000 euro, oppure che l’agenzia disponga di 600.000 euro tra capitale sociale versato e riserve indivisibili, nel caso in cui essa sia costituita in forma cooperativa;
    f) che l’attività dell’agenzia interessi un ambito distribuito su non meno di quattro regioni;
    g) un deposito cauzionale di 350.000 euro presso un istituto di credito avente sede o dipendenza nei territorio nazionale o di altro Stato membro della Unione Europea, a garanzia dei crediti dei lavoratori impiegati e dei corrispondenti crediti contributivi degli enti previdenziali; a decorrere dal terzo anno solare, la cauzione può essere sostituita da una fideiussione bancaria o assicurativa o rilasciata da intermediari che svolgono in via prevalente o esclusiva attività di rilascio di garanzie, a ciò autorizzati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, non inferiore al 5 per cento del fatturato, al netto dell’imposta sul valore aggiunto, realizzato nell’anno precedente e comunque non inferiore a 350.000 euro; sono esonerate dalla prestazione delle garanzie di cui a questa lettera le società che abbiano assolto obblighi analoghi previsti per le stesse finalità dalla legislazione di altro Stato membro della Unione Europea;
    h) nel caso di cooperative di produzione e lavoro, oltre ai requisiti indicati nelle lettere precedenti, la presenza di almeno sessanta soci e tra di essi, come socio sovventore, di almeno un fondo mutualistico per la promozione e lo sviluppo della cooperazione;

    6. Per l’iscrizione all’albo di cui al comma 2, lettera b), sono necessari gli stessi requisiti indicati nel comma 5, salvo che è ammessa anche la forma della società di persone, il limite minimo di capitale versato è ridotto a 25.000 euro e non è necessaria l’estensione dell’attività a più di una regione.

    7. Per l’iscrizione all’albo di cui al comma 2, lettera c), sono necessari gli stessi requisiti indicati nel comma 6, salvo che è ammessa anche la forma della società di persone e quella dell’impresa individuale e non vi è alcun requisito minimo di capitale versato.

    8. Le attività di cui al comma 2, lettere a) e b), devono essere svolte a titolo gratuito nei confronti di coloro che offrono il proprio lavoro. La richiesta di compenso è punita con una sanzione amministrativa pari a dieci volte il compenso effettivamente percepito e comunque non inferiore a 1000 euro.

    Sezione III – Disciplina del lavoro dipendente e del lavoro subordinato

    Articolo 2094

    Subordinazione e dipendenza

    1. È prestatore di lavoro subordinato colui che si sia obbligato, dietro retribuzione, a svolgere per una azienda in modo continuativo una prestazione di lavoro personale soggetta al potere direttivo del creditore.

    2. E’ dipendente da un’azienda il collaboratore subordinato, nonché il collaboratore autonomo continuativo, l’associato in partecipazione, o il socio lavoratore di società commerciale, che traggano più di due terzi del proprio reddito di lavoro complessivo dal rapporto con l’azienda medesima, salvo che ricorra alternativamente uno dei seguenti requisiti:
    a) la retribuzione annua lorda annua del collaboratore autonomo o dell’associato in partecipazione superi i 40.000 euro; tale limite si dimezza per i primi due anni di esercizio dell’attività professionale;
    b) il collaboratore autonomo, l’associato in partecipazione o il socio lavoratore sia iscritto a un albo o un ordine professionale incompatibile con la posizione di dipendenza dall’azienda.

    3. Il criterio di qualificazione stabilito nel comma 2 si applica anche al rapporto di lavoro, ulteriore rispetto al rapporto sociale, tra socio lavoratore e cooperativa di lavoro.

    Articolo 2095

    Inquadramento professionale

    1. La classificazione professionale dei lavoratori ai fini della determinazione del loro trattamento disposto da un contratto collettivo è riservata al contratto collettivo stesso.

    2. Dove nell’azienda non si applichi un contratto collettivo che disponga riguardo all’inquadramento professionale dei dipendenti, il titolare è tenuto a predisporre e comunicare ai dipendenti stessi e rendere loro agevolmente accessibili i criteri di inquadramento applicati.

    Articolo 2096

    Assunzione e periodo di prova

    1. All’atto dell’assunzione e comunque prima dell’inizio della prestazione lavorativa il datore di lavoro o committente è tenuto a confermare al lavoratore in forma scritta, oltre alla propria identità:
    a) il luogo della prestazione, di cui all’articolo 2102;
    b) la data di inizio della prestazione e la durata prevista del rapporto, se a tempo determinato;
    c) l’oggetto della prestazione, di cui all’articolo 2103;
    d) l’inquadramento professionale, di cui all’articolo 2095;
    e) la durata delle ferie annuali retribuite, di cui all’articolo 2109;
    f) i termini di preavviso cui sono assoggettati il recesso del lavoratore, di cui all’articolo 2117, e il recesso del datore di lavoro o committente, di cui agli articoli 2118 e 2119;
    g) la retribuzione-base e ogni altro elemento del trattamento economico;
    h) la durata normale giornaliera o settimanale del lavoro e sua la collocazione temporale;
    i) il contratto o i contratti collettivi eventualmente applicabili, con indicazione delle parti stipulanti ove non si tratti di contratto aziendale.

    2. Qualsiasi modifica di una delle voci di cui al comma 1 in corso di rapporto deve risultare da atto scritto, di cui l’originale o una copia deve essere consegnata preventivamente al lavoratore.

    3. Salvo diversa disposizione collettiva applicabile, l’assunzione del prestatore di lavoro dipendente in prova deve risultare da atto scritto.

    4. Il periodo di prova non può durare più di sei mesi. Durante tale periodo, ciascuna delle parti può recedere dal rapporto senza onere di preavviso. Compiuto il periodo di prova, l’assunzione diviene definitiva e il servizio prestato si computa nell’anzianità del prestatore di lavoro.

    5. In un apposito libro aziendale, che deve essere tenuto a disposizione degli ispettori presso l’azienda o il consulente del lavoro di cui essa si avvalga, devono essere annotati e aggiornati, per ciascun dipendente, i seguenti dati:
    a) data di assunzione;
    b) calendario delle presenze e assenze del lavoratore, da cui risultino estensione e distribuzione temporale della prestazione nell’arco di ciascuna giornata e settimana;
    c) ciascun elemento della retribuzione stessa e delle relative ritenute contributive o fiscali, e il modo in cui esso è stato calcolato;
    d) data di cessazione del rapporto.

    Articolo 2097

    Contratto a termine

    1. La prima assunzione del lavoratore alle dipendenze di un’azienda può avvenire con contratto a termine.

    2. L’assunzione ulteriore del lavoratore alle dipendenze di un’azienda dopo un primo contratto a termine, o la proroga di tale primo contratto, possono avvenire con apposizione di un termine soltanto nei casi previsti da un contratto collettivo applicabile, e comunque nei casi seguenti:
    a) lavori stagionali, come definiti dalla normativa vigente in materia;
    b) sostituzione di altro lavoratore il cui rapporto sia per qualsiasi motivo temporaneamente sospeso;
    c) assunzione in funzione di spettacoli o di una stagione teatrale;
    d) assunzione in funzione di fiere, mercati, manifestazioni commerciali a carattere temporaneo, o altre esigenze a carattere meramente occasionale o straordinario;
    e) assunzione con contratto a termine di durata non inferiore a tre anni, prorogabile o rinnovabile per una sola volta, per attività di ricerca scientifica o di insegnamento;
    f) assunzione per prestazioni di durata inferiore a sei giorni lavorativi relative a servizi occasionali, quando negli ultimi trenta giorni lo stesso lavoratore non abbia prestato lavoro per lo stesso datore o committente complessivamente per più di cinque giorni lavorativi.

    3. L’assunzione con contratto a termine deve risultare da atto scritto. Nei casi di cui al comma 2 il motivo dell’apposizione del termine deve risultare da atto scritto.

    4. Al lavoratore dipendente assunto a termine deve essere riservato, a parità di prestazione svolta, lo stesso trattamento che è riservato nell’azienda ai lavoratori assunti a tempo indeterminato, salvo che per quanto riguarda gli elementi della retribuzione effettivamente collegati alla produttività o redditività dell’azienda e i programmi di previdenza complementare.

    5. Quando la pattuizione del termine di durata è invalida, per vizio di forma o per illegittimità sostanziale, il contratto di lavoro si intende stipulato a tempo indeterminato.

    6. Il lavoratore che sia stato assunto a termine per lavori stagionali ha la precedenza nella riassunzione alle dipendenze della stessa azienda per gli stessi lavori stagionali.

    Articolo 2098

    Collocamento dei disabili

    1. Ciascuna Direzione provinciale per l’impiego tiene un elenco dei lavoratori disabili residenti nella provincia. Vi sono iscritte, su loro richiesta, previo accertamento del grado di menomazione della capacità lavorativa ad opera degli organi collegiali rispettivamente competenti:
    a) le persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento;
    b) le persone invalide del lavoro, invalide di guerra o invalide per servizio, con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 33 per cento;
    c) le persone non vedenti o sordomute.

    2. I datori di lavoro e committenti pubblici e privati sono tenuti ad avere alle loro dipendenze persone iscritte negli elenchi di cui al primo comma, scelti liberamente e liberamente distribuiti nelle unità produttive di cui essi sono titolari, nelle misure seguenti:

    a) 7 per cento dei dipendenti occupati, se occupano più di 50 dipendenti;
    b) due lavoratori se occupano da 36 a 50 dipendenti;
    c) un lavoratore se occupano da 15 a 35 dipendenti.

    3. Per i servizi di polizia, della protezione civile e della difesa nazionale, l’obbligo di cui al comma 2 si applica solo in riferimento ai servizi amministrativi.

    4. Il datore di lavoro o committente che non ottempera all’obbligo di cui al comma 2 è tenuto a versare al Fondo regionale per l’occupazione dei disabili la somma di euro 25 per ogni giorno lavorativo per ciascun disabile non occupato.

    5. Per i lavoratori iscritti negli elenchi di cui al primo comma, il cui grado di riduzione della capacità lavorativa supera il 66 per cento, un decreto del Presidente della Repubblica emanato su proposta del ministro del tesoro di concerto con il ministro del lavoro, della salute e del welfare, dispone la riduzione di pari entità della contribuzione previdenziale dovuta dal datore di lavoro o committente, con copertura della differenza a carico dell’Erario. Lo stesso decreto dispone gli sgravi necessari per neutralizzare la menomazione di cui soffrono lavoratori il cui collocamento risulti particolarmente difficile.

    6. I lavoratori assunti in ottemperanza dell’obbligo di cui al comma 2 si applica il trattamento economico e normativo previsto dalle leggi e dai contratti collettivi. Qualora il loro rendimento risulti notevolmente ridotto a causa della menomazione di cui essi sono portatori, essi possono negoziare con il datore di lavoro o committente, nelle forme indicate nel comma ** dell’articolo 2113, una corrispondente riduzione della retribuzione rispetto ai minimi stabiliti dai contratti collettivi applicabili.

    Articolo 2099

    Retribuzione

    1. La retribuzione del lavoratore subordinato o dipendente deve essere corrisposta mediante prospetto-paga dal quale risultino con chiarezza tutti i dati retributivi che devono essere annotati nel libro di cui all’articolo 2096, a norma del comma 5, lettera c).

    2. La retribuzione base deve essere determinata in euro. Essa può essere pagata in contanti, mediante assegno circolare o mediante accredito su conto corrente di cui sia titolare il lavoratore.

    3. La retribuzione base non può essere determinata in misura tale che il reddito del lavoratore risulti inferiore a quello che risulterebbe dall’applicazione del compenso orario minimo di cui all’articolo 2091.

    Articolo 2100

    Concorrenza di fonti negoziali in materia retributiva

    1. Quando alla disciplina della retribuzione in uno stesso rapporto di lavoro concorrano con il contratto individuale uno o più contratti collettivi, ciascuno di tali contratti regola l’assorbimento tra gli elementi della retribuzione da esso previsti e quelli previsti dagli altri contratti. In caso di contrasto tra le discipline contrattuali, si applica quella più favorevole al lavoratore.

    2. In difetto di disciplina negoziale specifica, si ha assorbimento fino a concorrenza tra elementi retributivi svolgenti la stessa funzione retributiva specifica.

    Articolo 2101

    Pagamento della retribuzione a mezzo di buoni-lavoro

    1. Il ministro del lavoro, della salute e del welfare cura la distribuzione di buoni-lavoro di importo corrispondente al minimo orario stabilito a norma dell’articolo 2092, maggiorato dell’importo corrispondente alla contribuzione previdenziale e all’imposizione fiscale a titolo definitivo, secondo quanto disposto dal comma 3, mediante i quali possono essere retribuiti i servizi alla persona o alla famiglia.

    2. I buoni lavoro possono essere riscossi presso tutti gli sportelli postali e bancari, con accredito automatico dei contributi in favore del percettore presso l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.

    3. L’entità della retribuzione incorporata in ciascun buono-lavoro, nonché quella del relativo contributo previdenziale e della relativa imposta, determinata a titolo definitivo in relazione all’ipotesi di un reddito non superiore a 1000 euro al mese, sono stabilite con decreto del ministro dell’economia di concerto con il ministro del lavoro, della salute e del welfare.

    Articolo 2102

    Luogo della prestazione, trasferta e trasferimento

    1. La prestazione lavorativa si svolge nel luogo contrattualmente convenuto dalle parti. Quando la natura delle mansioni lo richieda, il contratto può prevedere che esse siano svolte di volta in volta nel luogo indicato dal datore di lavoro o committente, oppure attribuire a quest’ultimo il potere di inviare in trasferta o in missione il lavoratore in luogo diverso da quello di svolgimento abituale, disciplinando il relativo trattamento indennitario cui ha diritto in tal caso il prestatore.

    2. Il datore di lavoro o committente interessato a un trasferimento del luogo di lavoro che comporti il mutamento di residenza del lavoratore è tenuto a proporlo a quest’ultimo con anticipo ragionevole. In caso di rifiuto da parte del lavoratore, il datore di lavoro o committente può recedere dal rapporto a norma dell’articolo 2119.

    3. Nel caso di trasferimento, missione o trasferta all’estero, il datore di lavoro o committente è tenuto a confermare al lavoratore dipendente in forma scritta:

    a) la durata prevista della prestazione all’estero;
    b) la valuta in cui verrà corrisposta la retribuzione;
    c) gli eventuali elementi aggiuntivi del trattamento economico, collegati all’invio all’estero;
    d) se prevedibili all’atto dell’invio, le modalità del rimpatrio.

    Articolo 2103

    Mansioni del lavoratore

    1. Il lavoratore dipendente deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito, o a mansioni professionalmente equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza riduzione degli elementi della retribuzione direttamente riferiti al contenuto professionale della prestazione dedotta in contratto. Ogni patto preventivo in senso contrario è nullo.

    2. Il datore di lavoro può validamente pattuire con il lavoratore dipendente, assistito da un rappresentante sindacale di sua fiducia, l’assegnazione di mansioni utili all’azienda diverse da quelle contrattualmente esigibili a norma del comma 1 quando, alternativamente:

    a) l’evoluzione tecnologica determini l’obsolescenza del contenuto professionale delle mansioni contrattuali;
    b) le mansioni contrattuali risultino incompatibili con la protezione della salute e sicurezza del lavoratore;
    c) il lavoratore stesso lo richieda in funzione di un proprio interesse personale.

    Articolo 2104

    Diligenza del prestatore di lavoro

    1. Fermo restando il dovere di diligenza di cui all’articolo 1176, il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta e dell’azienda.

    2. Il prestatore di lavoro subordinato deve altresì osservare le disposizioni per l’esecuzione del lavoro impartite dal titolare dell’azienda o dai preposti.

    Articolo 2105

    Divieto di concorrenza e obblighi di segreto

    1. Il lavoratore dipendente non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore. Non costituisce violazione dell’obbligo di non concorrenza, salvi gli obblighi di segreto di cui ai commi 2 e 3, la ricerca di una occupazione alternativa, né le negoziazioni ad essa relative.

    2. Il lavoratore dipendente è tenuto al segreto, salvo il caso di giusta causa di utilizzazione o rivelazione a soggetti vincolati al segreto, sulle notizie riservate apprese in occasione della propria prestazione inerenti all’organizzazione del lavoro o alle tecnologie applicate, ai programmi commerciali, ai fornitori o ai clienti dell’impresa, che possano essere utilizzate da imprenditori concorrenti. Quando le suddette notizie siano state apprese per ragione della propria specifica funzione o mansione, la violazione dell’obbligo di segreto è punita con le sanzioni di cui all’articolo 623 del codice penale.

    3. Il collaboratore è tenuto al segreto, salvo il caso di giusta causa di utilizzazione o rivelazione a soggetti vincolati al segreto, sulle notizie apprese per ragione della propria specifica funzione o mansione, dalla cui divulgazione possa derivare danno al datore di lavoro. La violazione di questo obbligo è punita con le sanzioni di cui all’articolo 622 del codice penale.

    Articolo 2106

    Sanzioni disciplinari

    1. L’inosservanza, da parte del lavoratore dipendente, delle disposizioni contenute negli articoli 2104 e 2105 può essere sanzionata sul piano disciplinare, secondo la gravità dell’infrazione. Nella valutazione dell’aggravante della recidiva non può tenersi conto di mancanze commesse prima dell’ultimo biennio precedente alla nuova infrazione.

    2. Le informazioni relative a infrazioni e sanzioni disciplinari eccedenti il codice deontologico proprio della generalità dei lavoratori devono essere portate a conoscenza dei dipendenti dell’azienda mediante affissione o pubblicazione in rete in luogo conosciuto e facilmente accessibile per tutti gli interessati.

    3. Nessun provvedimento disciplinare può essere adottato a carico del lavoratore, senza che gli sia stato contestato preventivamente l’addebito o senza che egli sia stato sentito a sua difesa. Il lavoratore può farsi assistere da un sindacalista o consulente di sua fiducia.

    4. Salva diversa disposizione contenuta nel contratto collettivo applicabile, la sanzione disciplinare può consistere nel licenziamento, in tronco o con preavviso, nella sospensione fino a un massimo di dieci giorni di calendario, nella multa di importo non superiore a otto ore di retribuzione, nella censura o rimprovero scritto, nel rimprovero verbale.

    5. I provvedimenti più gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati prima che siano decorsi cinque giorni dalla contestazione in forma scritta del fatto che vi ha dato causa.

    6. In riferimento a fatti contestati suscettibili di dar luogo al licenziamento in tronco il datore di lavoro o committente può disporre la sospensione cautelare del lavoratore fino al termine del procedimento disciplinare. Il lavoratore ha diritto alla retribuzione per la durata della sospensione cautelare, salvo che all’esito del procedimento venga applicata la sanzione del licenziamento in tronco.

    7. Salvo il caso di licenziamento in tronco, la sanzione irrogata non può essere eseguita prima della scadenza del termine per l’impugnazione in sede arbitrale, di cui al comma 8.

    8. Il provvedimento disciplinare può essere impugnato dal lavoratore in sede arbitrale, davanti all’apposito collegio costituito presso la Direzione provinciale per l’impiego. Nel caso di impugnazione in sede arbitrale, l’esecuzione del provvedimento diverso dal licenziamento in tronco resta sospesa per la durata della procedura. Qualora il datore di lavoro o committente rifiuti la procedura arbitrale, promuovendo il procedimento giudiziale ordinario, l’esecuzione del provvedimento stesso resta sospesa per tutta la durata di questo.

    Articolo 2107

    Orario di lavoro

    1. La durata normale della prestazione di lavoro dipendente è di 40 ore settimanali.

    2. Principi e regole fissati dall’Unione Europea in materia di tempo di lavoro costituiscono standard immediatamente applicabili per la determinazione dei diritti e obblighi delle parti dei rapporti di lavoro.

    3. Per ogni altro aspetto la materia dell’estensione temporale della prestazione di lavoro è regolata dal contratto collettivo e dal contratto individuale di lavoro.

    4. La distribuzione dell’orario di lavoro nell’arco della giornata, della settimana, del mese e dell’anno è stabilita dal contratto, nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 2109. Quando la prestazione sia di natura subordinata, il contratto collettivo e quello individuale possono attribuire al datore di lavoro il potere di variare la distribuzione dell’orario, disciplinandone l’esercizio.

    Articolo 2108

    Rapporto di lavoro a tempo parziale e lavoro ripartito

    1. Datore e prestatore di lavoro sono liberi di pattuire una durata della prestazione di lavoro inferiore rispetto alla durata normale. Tale pattuizione deve risultare da atto scritto.

    2. Nel rapporto di lavoro a tempo parziale tutti gli standard minimi di trattamento riferiti all’estensione temporale della prestazione lavorativa si applicano in proporzione all’estensione temporale ridotta della prestazione stessa. È vietata qualsiasi disparità di trattamento nei confronti di un lavoratore dipendente motivata o comunque collegata con la riduzione dell’orario di lavoro.

    3. Qualora la riduzione della durata della prestazione sia convenuta tra le parti in costanza di rapporto di lavoro, la pattuizione deve essere stipulata dal prestatore di lavoro con l’assistenza di un rappresentante sindacale di sua fiducia.

    4. Il contratto di lavoro, stipulato in forma scritta, può prevedere che per la stessa prestazione di lavoro si obblighino solidalmente due lavoratori. In tal caso deve essere indicata nel contratto la distribuzione dell’orario prevista tra i lavoratori. Il rispettivo trattamento economico e i relativi obblighi fiscali e contributivi sono stabiliti in relazione alla distribuzione contrattuale dell’orario, fermo restando l’obbligo reciproco di sostituzione tra i lavoratori e la loro responsabilità reciproca per la compensazione economica della sostituzione, secondo le intese liberamente intercorse tra di loro, delle quali non è dovuta alcuna annotazione nel libro-paga aziendale. La prestazione resta sospesa soltanto in caso di impedimento contemporaneo di entrambi i lavoratori.

    5. Salva diversa intesa tra le parti, le dimissioni o il licenziamento di uno dei lavoratori coobbligati comportano l’estinzione dell’intero vincolo contrattuale. Tale disposizione non trova applicazione se, su richiesta del datore di lavoro, l’altro prestatore di lavoro si renda disponibile ad adempiere l’obbligazione lavorativa, integralmente o parzialmente, nel qual caso il contratto di lavoro ripartito si trasforma in un contratto di lavoro normale.

    Articolo 2109

    Riposo domenicale, festivo e annuale

    1. Il lavoratore dipendente ha diritto a un giorno di riposo ogni sette di lavoro, di regola in coincidenza con la domenica, o con l’altro giorno di riposo settimanale previsto da una intesa tra lo Stato italiano e la comunità religiosa cui il lavoratore appartenga. Con decreto del Ministro del lavoro, della salute e del welfare sono individuate le attività per le quali la regola della coincidenza del riposo settimanale con la domenica non si applica.

    2. In aggiunta al riposo settimanale, il lavoratore dipendente ha diritto ogni anno a dieci altri giorni di riposo infrasettimanale retribuito, coincidenti di regola con le festività individuate con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri.

    3. Il lavoro prestato di domenica o in giorni festivi deve essere retribuito con una maggiorazione non inferiore al 10 per cento della retribuzione globale normale.

    4. Il lavoratore dipendente ha diritto a quattro settimane di riposo retribuito per ciascun anno di lavoro, nel tempo che il titolare dell’azienda stabilisce, tenuto conto delle esigenze aziendali e degli interessi personali e familiari del lavoratore stesso. Si applicano in proposito le disposizioni contenute nella sezione ** della direttiva comunitaria n. 93/104.

    Articolo 2110

    Impedimenti personali alla prestazione lavorativa

    1. Nel caso di infermità che costituisca impedimento alla prestazione per più di tre giorni di lavoro, è dovuta al lavoratore dipendente la retribuzione nella misura stabilita dal contratto collettivo applicabile. In difetto di disciplina applicabile, la retribuzione è dovuta nella misura di quattro quinti dell’ultima retribuzione precedente all’insorgere dell’infermità, per la durata di centoottanta giorni di calendario nell’arco di trecensosessantacinque.

    2. È equiparato all’infermità in fase acuta il trattamento terapeutico preventivo non differibile, prescritto da medico specialista di presidio sanitario pubblico.

    3. Sono equiparati al periodo di infermità di cui al comma 1 i periodi di astensione dal lavoro necessari per la donazione di sangue o di midollo osseo, o di altro organo.

    4. Nei casi di cui ai commi 1, 2 e 3 il datore di lavoro o committente ha facoltà di recedere dal contratto a norma dell’articolo 2119 soltanto dopo il compimento del periodo di comporto stabilito dal contratto collettivo applicabile. In difetto di disciplina collettiva applicabile, il recesso è consentito allo scadere dei 180 giorni di calendario di astensione dal lavoro nell’arco di 365.

    5. Il prestatore è tenuto a comunicare il proprio stato di infermità entro il primo giorno dal suo manifestarsi al datore di lavoro o committente. Questi può chiedere che l’idoneità dell’infermità a giustificare l’astensione dal lavoro sia controllata dai servizi medici ispettivi degli istituti previdenziali, o da un servizio medico ispettivo istituito e regolato mediante contratto collettivo stipulato a norma dell’articolo 2071. Il lavoratore ha l’onere di tenersi a disposizione per la visita ispettiva domiciliare in due fasce orarie giornaliere di due ore ciascuna, collocate, salva diversa pattuizione, tra le dieci e le dodici antimeridiane e tra le quattro e le sei pomeridiane.

    6. Quando la sospensione per infermità abbia durata superiore a 7 giorni di calendario o si determini ripetutamente per periodi più brevi, o quando lo stato di infermità si determini in luogo diverso dal domicilio abituale e non agevolmente raggiungibile dai servizi medici ispettivi, il prestatore ha l’onere di fornire a questi, su richiesta loro o del datore di lavoro o committente, una relazione del proprio medico curante sull’infermità da cui è affitto e le terapie praticate.

    7. Il lavoratore dipendente ha diritto a 15 giorni di permesso retribuito in occasione del matrimonio. Ha diritto inoltre a permessi non retribuiti per gravi eventi familiari o per l’adempimento di doveri civili quali la testimonianza in giudizio e lo svolgimento di funzioni in uffici elettorali.

    8. Il lavoratore dipendente ha diritto all’aspettativa non retribuita per l’assolvimento di cariche politiche elettive.

    Articolo 2111

    Maternità, paternità e congedi parentali

    1. Dall’inizio della gravidanza fino al compimento di un anno di età del neonato è nullo il licenziamento della lavoratrice madre, salvo che per motivi disciplinari o per chiusura dell’azienda. Lo stesso divieto si applica per il periodo di un anno dall’affidamento preadottivo di un figlio.

    2. La lavoratrice in istato di gravidanza ha diritto a essere adibita a mansioni compatibili con la salute propria e del nascituro. Qualora l’impossibilità dello spostamento a mansioni compatibili sia accertato dalla commissione all’uopo istituita presso l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, essa ha diritto alla sospensione della prestazione. La lavoratrice ha diritto, in tal caso, a un trattamento economico pari a quattro quinti dell’ultima retribuzione, quando il rapporto di lavoro sia in corso da almeno sessanta giorni prima dell’inizio della gravidanza. L’importo del trattamento è rimborsato al datore di lavoro o committente dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, il quale provvede al pagamento diretto in favore della lavoratrice nel caso di cessazione del rapporto durante il periodo di erogazione.

    3. La sospensione della prestazione è comunque obbligatoria per un periodo di almeno un mese prima della data prevista del parto e per almeno tre mesi dopo tale data. La lavoratrice madre ha inoltre diritto a un ulteriore mese di astensione dal lavoro, del quale può usufruire a sua scelta prima o dopo il parto, nonché al trattamento economico di cui al comma 2 a carico dell’istituto previdenziale, per il periodo complessivo di cinque mesi.

    4. I genitori del neonato o figlio adottivo, entro i primi tre anni dalla sua nascita o affidamento preadottivo, hanno diritto in alternativa tra loro a un ulteriore periodo di sospensione della prestazione, complessivamente non superiore a sei mesi, con trattamento economico a carico dell’istituto previdenziale pari al trenta per cento dell’ultima retribuzione se a godere della sospensione è la madre, pari al quaranta per cento se a goderne è il padre.

    5. La lavoratrice madre ha diritto, fino al compimento del primo anno di età del neonato o figlio adottivo, a un permesso retribuito di due ore per ogni giornata lavorativa di durata pari o superiore a sei ore, di un’ora per ogni giornata lavorativa di durata inferiore.

    6. I genitori del neonato hanno diritto, in alternativa tra loro, a ulteriori periodi di sospensione della prestazione non retribuita per infermità del figlio minore di otto anni, fino a un massimo complessivo di dieci mesi. Per il controllo di tale infermità si applicano le disposizioni contenute nel comma 3 dell’articolo 2110.

    Articolo 2112

    Trasferimento di azienda

    1. Costituisce trasferimento di azienda qualsiasi operazione che comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi.

    2. Quando il trasferimento coinvolga più di 15 lavoratori dipendenti, il cedente e il cessionario che hanno deciso di stipulare il relativo atto sono tenuti a informarne, con almeno 25 giorni di anticipo le rappresentanze sindacali aziendali interessate e i sindacati di categoria che hanno stipulato i contratti collettivi applicabili ai lavoratori interessati, ai fini dell’esame congiunto preventivo delle conseguenze giuridiche ed economiche del trasferimento stesso sulle condizioni dei lavoratori dipendenti interessati e delle eventuali misure previste nei loro confronti. Principi e regole fissati dall’Unione Europea in materia di parità di trasferimento di azienda costituiscono standard immediatamente applicabili per la determinazione dei diritti e obblighi delle parti dei rapporti di lavoro. Si applicano integralmente, in particolare, le disposizioni contenute nelle direttive comunitarie n. 2001/23 e ****/***.

    3. In caso di trasferimento di azienda il rapporto di lavoro dipendente continua con il cessionario e il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano. I contratti collettivi applicabili ai rapporti ceduti al momento del trasferimento continuano ad applicarsi fino alla rispettiva scadenza o sostituzione mediante altri contratti collettivi.

    4. Il cedente e il cessionario sono obbligati in solido per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui al comma 3 dell’articolo 2113 il lavoratore può liberare il cedente dai suoi debiti.

    5. Il cedente è obbligato in solido con il cessionario per i crediti derivanti in capo al lavoratore a norma dell’articolo 2119 dal licenziamento non disciplinare intimato entro tre anni dal trasferimento.

    6. Il lavoratore le cui condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica in conseguenza del trasferimento nei tre mesi successivi, e che per tale motivo rassegni le dimissioni, ha diritto al trattamento stabilito dall’articolo 2119 per il caso di licenziamento per motivi non disciplinari.

    Articolo 2113

    Rinunzie e transazioni

    1. Gli atti con i quali un lavoratore dipendente rinunci per il futuro a protezioni o diritti posti inderogabilmente in suo favore da disposizioni legislative o collettive, o comunque accetti che il rapporto di lavoro sia disciplinato in modo per lui meno favorevole rispetto alle dette disposizioni, sono nulli e sono sostituiti dalle disposizioni stesse.

    2. Gli atti con i quali un lavoratore dipendente rinunci a diritti derivanti dall’avvenuta violazione nei suoi confronti di disposizioni inderogabili legislative o collettive sono annullabili. L’impugnazione deve avvenire, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla cessazione del rapporto o dalla data dell’atto invalido, se successiva. L’impugnazione può avvenire mediante qualsiasi atto scritto del lavoratore, anche stragiudiziale, idoneo a manifestarne la volontà.

    3. La disposizione contenuta nel comma 2 non si applica alle rinunce o transazioni stipulate dal lavoratore in sede giudiziale, oppure davanti alla commissione di conciliazione e arbitrato presso la Direzione provinciale per l’impiego, oppure con l’assistenza di un rappresentante sindacale di sua fiducia, accreditato dall’associazione sindacale per lo svolgimento di tale funzione.

    Articolo 2114

    Diritto del lavoratore alla riservatezza

    1. L’inviolabilità della sfera riservata del lavoratore è protetta anche nel luogo di lavoro. Ferma restando la protezione dei dati personali disposta dalla legge, è garantita al lavoratore l’inaccessibilità:

    a) degli spazi fisici chiusi che gli vengano assegnati per uso personale nel posto di lavoro o in locali ausiliari;
    b) della casella di posta elettronica che gli venga assegnata per uso personale;
    c) della corrispondenza personale, distinta da quella inerente al suo ufficio o funzione, che pervenga presso l’azienda o da questa venga spedita.

    2. Il datore di lavoro o committente può sottoporre i propri dipendenti a test attitudinali, motivazionali, o psico-reattivi soltanto in funzione dell’accertamento delle rispettive capacità rilevanti ai fini della prestazione lavorativa. Fermo quanto disposto nel comma 2, lettera b), dell’articolo 2087, l’effettuazione dei test suddetti deve essere preceduta con almeno dieci giorni di anticipo dalla comunicazione ai lavoratori stessi che vi saranno sottoposti e alle rappresentanze sindacali aziendali della natura delle indagini, delle finalità per cui esse vengono disposte e delle tecniche applicate.

    3. Le perquisizioni sul lavoratore sono vietate fuorché nei casi in cui siano indispensabili per la tutela del patrimonio aziendale. In tal caso esse possono essere effettuate soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali; si applicano in proposito le disposizioni contenute nel comma 3 dell’articolo 2115. Esse devono in ogni caso essere effettuate all’uscita del luogo di lavoro, con l’applicazione di sistemi di selezione automatica e con modalità tali da salvaguardare la dignità e la riservatezza del lavoratore.

    Articolo 2115

    Controlli del datore di lavoro

    1. Il datore di lavoro o committente può impiegare guardie armate soltanto per scopi di tutela del patrimonio aziendale. Queste non possono essere adibite a funzioni di controllo sulle prestazioni di lavoro, né accedere con le armi al luogo di svolgimento delle prestazioni stesse.

    2. Il nome e le mansioni specifiche degli addetti alla vigilanza sull’attività lavorativa devono essere comunicati ai lavoratori interessati e resi permanentemente conoscibili. Questa disposizione non deve essere interpretata in modo tale da precludere la possibilità di indagini e ispettive e controlli a campione sulla regolarità e correttezza dei rapporti tra i lavoratori dipendenti e i clienti, utenti o altri interlocutori esterni dell’azienda.

    3. È vietata l’istallazione e l’uso di impianti audiovisivi o di altre apparecchiature finalizzate al controllo a distanza dell’attività dei lavoratori. Gli impianti e le apparecchiature che siano richiesti da esigenze inerenti alla produzione o alla sicurezza delle persone e dei beni, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali. In caso di disaccordo tra queste, l’accordo è valido se stipulato con quelle rappresentative della maggioranza, a norma dell’articolo 20**. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro o committente, provvede l’Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l’uso di tali impianti o apparecchiature.

    4. Quando l’azienda sia dotata di una rete informatica interna, la disposizione di cui al comma 3 si applica all’installazione e all’uso di programmi informatici che rispondano a esigenze inerenti alla produzione o alla sicurezza delle persone e dei beni, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori in tempo reale. Essi devono comunque essere strutturati in maniera tale da:

    a) ridurre al minimo necessario la memorizzazione e l’uso di dati che consentano il controllo a distanza della singola prestazione di lavoro;
    b) cancellare periodicamente e automaticamente i dati relativi all’accesso individuale a internet o al traffico telematico, la cui conservazione non risponda a giustificate esigenze aziendali.

    5. Nei casi di cui al comma 4, il trattamento di dati personali è limitato alle informazioni indispensabili per il perseguimento di finalità preventivamente determinate ed è effettuato secondo modalità strettamente proporzionate alle finalità stesse.

    Articolo 2116

    Sospensione della prestazione nell’interesse del datore di lavoro o committente

    1. Quando l’imprenditore disponga la sospensione totale o parziale della prestazione nel proprio interesse, e la sospensione abbia durata pari o inferiore a dieci giorni lavorativi nell’arco di 180 di calendario, il prestatore ha diritto all’intera retribuzione ordinaria. Per i periodi di sospensione eccedenti, il prestatore ha diritto a quattro quinti della retribuzione ordinaria. In quest’ultimo caso la protrazione della sospensione deve essere preceduta dall’informazione circa i motivi per cui la prosecuzione normale delle prestazioni lavorative determinerebbe una perdita per l’impresa, nonché le prospettive e il personale interessato, comunicata con almeno cinque giorni di anticipo alle rappresentanze sindacali aziendali, o, in difetto di queste, alle organizzazioni sindacali territoriali competenti, nonché in ogni caso ai dipendenti interessati.

    2. Durante i periodi di sospensione di cui al comma 1 il prestatore è obbligato a partecipare alle iniziative di aggiornamento o riqualificazione professionale che vengano promosse dall’imprenditore. Fermo tale obbligo, nel periodo eccedente i primi dieci giorni il prestatore è libero di svolgere attività lavorativa in favore di terzi, dandone comunicazione all’imprenditore, il quale in tal caso è esonerato dalla prestazione retributiva per il periodo di lavoro prestato in favore di terzi, fino a concorrenza con la retribuzione pagata dai terzi medesimi al lavoratore.

    3. Ciascun imprenditore che occupi più di 15 dipendenti è tenuto ad assicurarsi contro il rischio di cui al comma 1, presso la Cassa integrazione guadagni istituita presso l’Istituto nazionale della previdenza sociale. L’assicurazione obbligatoria copre tre quarti dell’importo di cui al comma 1, per un periodo complessivo massimo di 52 settimane nell’arco di 104, sotto condizione che il lavoro riprenda effettivamente per almeno due mesi al termine della sospensione. Il premio è determinato secondo le disposizioni emanate con decreto del ministro del lavoro, della salute e del welfare, tenendosi conto dell’entità delle sospensioni disposte da ciascuna impresa.

    4. Nelle situazioni di crisi dichiarata con decreto del ministro del lavoro, della salute e del welfare, di concerto con i ministri dell’economia e delle attività produttive, e nel rispetto dell’ordinamento comunitario in materia di aiuti di Stato, alle aziende assicurate presso la Cassa integrazione guadagni appartenenti a settori in crisi, che sospendano dal lavoro propri dipendenti per difficoltà derivanti dalla crisi stessa o per ristrutturazione aziendale viene rimborsato dall’Istituto nazionale della previdenza sociale un importo corrispondente a sette ottavi di quanto erogato ai dipendenti stessi per il periodo massimo di un anno di protrazione della sospensione oltre il limite di cui al comma 3. L’importo deve essere restituito se dopo la cessazione della sospensione il lavoro non riprende per la durata di almeno due mesi

    Articolo 2117

    Recesso del prestatore di lavoro

    1. Il prestatore di lavoro a tempo indeterminato può rassegnare le dimissioni dandone preavviso alla controparte nel termine previsto dal contratto.

    2. Il prestatore di lavoro che rassegni le dimissioni per colpa grave del datore di lavoro o committente non è tenuto al preavviso. Quando il contratto sia a termine, egli ha diritto in tal caso al risarcimento in relazione al mancato reddito e al danno professionale derivante dalla cessazione anticipata del rapporto. Quando il contratto sia a tempo indeterminato, egli ha diritto al trattamento stabilito dall’articolo 2119 per il caso di licenziamento per motivi non disciplinari. Grava sul datore di lavoro l’onere della prova dell’adempimento degli obblighi retributivi e contributivi: grava sul lavoratore l’onere della prova dell’inadempimento degli altri obblighi contrattuali o del diverso motivo delle dimissioni in tronco.

    3. È vietata la detenzione e conservazione da parte del datore di lavoro, in costanza di rapporto, di un documento sottoscritto da un lavoratore dipendente, contenente una dichiarazione di recesso unilaterale o consensuale dal rapporto con data in bianco. Il trasgressore è punito con l’ammenda da 5.000 a 20.000 euro, salvo che il fatto costituisca fase attuativa di reato più grave, giunto a compimento.

    4. Il prestatore di lavoro che abbia rassegnato le dimissioni o stipulato la risoluzione consensuale del rapporto, quale che sia la forma dell’atto, ha facoltà di revocare l’atto entro tre giorni dalla sua comunicazione al datore di lavoro o committente, quando si tratti di recesso unilaterale, o dalla sua stipulazione, quando si tratti di recesso bilaterale. La revoca deve essere comunicata in forma scritta. Il contratto di lavoro, se interrotto per effetto del recesso, torna ad avere corso dal giorno successivo alla comunicazione della revoca.

    5. Per il periodo intercorso tra il recesso e la revoca, qualora la prestazione lavorativa non si sia svolta, il prestatore non matura alcun diritto retributivo. Alla revoca del recesso consegue la cessazione di ogni effetto delle eventuali pattuizioni a esso connesse e l’obbligo in capo al lavoratore di restituire tutto quanto eventualmente percepito in forza di esse.

    6. In caso di controversia grava sul lavoratore l’onere della dimostrazione della data di comunicazione della revoca, sul datore di lavoro l’onere della dimostrazione della data dell’atto di recesso.

    Articolo 2118

    Recesso del datore di lavoro o committente

    1. Il recesso del datore di lavoro o committente deve essere comunicato al lavoratore in forma scritta.

    2. Decorso il periodo di prova, il datore di lavoro o committente può legittimamente recedere dal rapporto di lavoro:

    a) per una mancanza grave del lavoratore, mediante licenziamento disciplinare in tronco o con il preavviso previsto dal contratto collettivo o individuale;
    b) per motivi economici, tecnici od organizzativi, mediante il licenziamento disciplinato dall’articolo 2119.

    3. Nel caso del licenziamento disciplinare, fermo quanto disposto dall’articolo 2106, grava sul datore di lavoro o committente l’onere della prova circa la mancanza grave imputata al lavoratore. Quando il licenziamento disciplinare sia viziato da difetto procedurale o da difetto di giustificazione, il giudice, valutate le circostanze, la natura del vizio e il comportamento delle parti, condanna il datore di lavoro o committente al risarcimento del danno nei confronti del lavoratore, oppure alla ricostituzione del rapporto di lavoro, oppure a entrambe le sanzioni. Quando non vi sia condanna alla reintegrazione, il risarcimento del danno non può essere inferiore a 5 mensilità più una per ciascun anno di anzianità di servizio. Quando il risarcimento si accompagni alla reintegrazione, esso non può essere superiore all’importo della retribuzione perduta dal lavoratore nel periodo tra il licenziamento e la reintegrazione.

    4. Nel caso di condanna alla ricostituzione del rapporto di lavoro, ciascuna delle parti ha facoltà di optare, in alternativa alla ricostituzione, per il pagamento a carico del datore di lavoro o committente di un indennizzo sostitutivo pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione.

    5. Nelle organizzazioni di tendenza a carattere non imprenditoriale che svolgono senza fini di lucro attività di natura politica, religiosa, sindacale, culturale o di istruzione, e nelle unità produttive autonome di dimensioni inferiori ai 16 dipendenti, appartenenti ad aziende di dimensioni complessive inferiori ai 61 dipendenti, in caso di soccombenza nel giudizio avente a oggetto un licenziamento disciplinare non può essere disposta la ricostituzione del rapporto di lavoro.

    6. Nelle unità produttive autonome di dimensioni inferiori ai 16 dipendenti, appartenenti ad aziende di dimensioni complessive inferiori ai 61 dipendenti, i limiti del risarcimento di cui al comma 4 sono dimezzati.

    Per opportunità tecniche, il Testo, dall' Articolo 2119, all'art. Articolo 2134, (collaborazioni di pubblica utilità), viene rimandato per la lettura integrale, alla pagina del sito web del Sen. Ichino [con la funzione OpenPolis vai alla pagina].

    Fonte: pietroichino.it | vai alla pagina

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