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Dichiarazione di Antonio POLITO
Mille buone ragioni che nessuno spiega agli italiani
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(22 settembre 2009) - fonte: Il Riformista - Antonio Polito - inserita il 22 settembre 2009 da 31
Se l’Italia è stanca di guerra, se il popolo non si aduna come avvenne sei anni fa per Nassiriya, se i sondaggi dicono «ritiro» come quelle voci che si sono levate in San Paolo fuori le mura, non possiamo cavarcela dando la colpa alle voci dissonanti nella politica.Bossi e Di Pietro sono come due cani da caccia, alzano il naso e lo mettono al vento; lo annusano, non lo producono. Più che con loro, dovremmo prendercela con le voci consonanti del resto della politica, quella che ha governato prima e quella che governa ora. Da anni, a ogni obiezione sulla nostra missione in Afghanistan, la risposta della politica che conta è sempre la stessa: dobbiamo restare perché restano gli alleati (che poi vuol dire gli americani).
Il sottotesto di queste dichiarazioni è: ce ne vorremmo andare anche noi, prima o poi ce ne andremo, non possiamo restare all’infinito e ci siamo anzi già stufati.
Ma ce ne potremo andare solo quando ce lo dirà qualcun altro, quando se ne andranno tutti, quando a Washington si deciderà così. Prendete l’ultima trovata semantica di Berlusconi. Stretto tra Bossi che gli chiede una exit strategy e Obama che gli impone una strategia per restare, lui ha tirato fuori una «transition strategy»; che in termini politici vale come le «convergenze parallele» della Prima Repubblica, non vuol dire niente e accontenta tutti.
Ma se per anni i nostri governanti hanno convinto il Paese che neanche loro ci credono a quella missione, e che ci stanno solo per ragioni diplomatiche, di opportunità, nella migliore delle ipotesi per orgoglio nazionale, perché mai gli italiani si dovrebbero invece entusiasmare?
Perché non dovrebbero pensare che ogni nostro soldato che muore o viene ferito è un obolo pagato a una causa astratta e oscura, politica e di potere, una roba da cancellerie, da rapporti tra stati? Ci sono mille buone ragioni per tenere i nostri soldati in Afghanistan, e per completare l’opera. Ma nessuno le evoca mai.
Una buona ragione - che gli italiani capirebbero - è che non vogliamo che in Afghanistan possa mai più capitare a un ragazzo quello che capita al protagonista del Cacciatore di Aquiloni. Un’altra buona ragione è che non vogliamo che a nessuna donna afghana possa più capitare quello che capita alle donne di Mille splendidi soli, l’altro romanzo di Khaled Hosseini. Un’altra ancora è che vogliamo che le bambine afghane possano andare a scuola. O che le minoranze etniche e linguistiche non vengano oppresse. O che l’Afghanistan smetta di essere il fornitore di oppio per tutti i trafficanti di droga del mondo. O che i talebani vi ospitino un altro Bin Laden per progettare un altro attacco alle Due Torri. Ce ne sono migliaia di buone ragioni per restare là, e tutte comprensibili per gli italiani.
Si può anzi dire che mai nessuna missione internazionale ha avuto così tante buone ragioni. Però nessuno le dice più. Come se nessuno ci credesse più. E forse davvero nessuno più ci crede, perché l’Occidente ha consentito che tutte queste brutte cose, che noi dovevamo eliminare con i nostri soldati, continuino ad accadere anche con la «democrazia»: ha consentito che un governo corrotto truccasse e vincesse le elezioni, ha consentito che leggi contro le donne fossero varate, ha consentito che i talebani si finanzino con l’oppio tenendo così in piedi un’intera economia agricola.
Pensosi, i nostri politici ci dicono che in Afghanistan non bastano le armi se non si vincono anche «i cuori e le menti degli afghani». Giusto. Ma da anni i nostri politici hanno smesso di conquistare «i cuori e le menti» degli italiani, non cercano neanche più di spiegare loro per quali ideali vale la pena che i nostri soldati rischino la vita. Di questo passo ce ne andremo. Non solo noi italiani, ma pure gli altri. E, come successe alla fine dell’occupazione sovietica, l’Occidente volterà le spalle per la seconda volta a quel popolo, e lo consegnerà per la seconda volta nelle mani dei suoi aguzzini.
Fonte: Il Riformista - Antonio Polito | vai alla pagina » Segnala errori / abusi