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Dichiarazione di Rocco BUTTIGLIONE

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: UDC)  - Vicepres. Camera  


 

«Biotestamento: impensabile non discutere tesi ulteriori, impedire miglioramenti. La Camera ha diritto di intervento ulteriore» - INTERVISTA

  • (24 settembre 2009) - fonte: Liberal - Riccardo Paradisi - inserita il 24 settembre 2009 da 4110

    Il passaggio sul biotestamento e sulla legge che dovrà disciplinare il fine vita è un nodo cruciale della legislatura e dei rapporti interni alla stessa maggioranza. Su questo fronte, capace di dividere e unire trasversalmente la politica italiana, si sta concentrando un grosso lavoro fatto di tentativi di compromesso e di ricomposizione per evitare lo scontro frontale in commissione e in aula. Il recente convegno di Chianciano dove l’Udc ha cercato di creare le basi per una nuova prospettiva del centro politico italiano è stata l’occasione, come riferiva ieri il Messaggero, per un incontro tra Rocco Buttiglione, Francesco Rutelli e Gianfranco Fini utile a mettere punto delle bozze di emendamenti al ddl Calabrò. Trattative che starebbero continuando con incontri con l’esponente teodem del Pd Paola Binetti e con l’avvocato Giulia Bongiorno deputato finiano del Pdl. Tre quattro emendamenti che dovrebbero smussare gli angoli anche se tra queste modifiche in predicato ce n’è una che investe il passaggio più delicato della legge quello che riguarda l’idratazione e l’alimentazione obbligatoria. Un compromesso in vista dunque? Si direbbe, vista la disponibilità di Fini. Ieri peraltro il presidente della Camera ha incontrato i radicali a Montecitorio che hanno presentato oltre tremila testamenti biologici, secondo Marco Cappato già legalmente vincolanti. Fini ha auspicato che il dibattito sul testamento biologico «si svolga nel doveroso rispetto del diritto di ogni deputato di esprimersi secondo coscienza in un clima pacato e scevro da ogni pregiudizio». Sennonché le posizioni di Fini sul testamento biologico e la libertà di coscienza sul fine vita sono note. Sicché si dovrebbe capire meglio il senso di questa interlocuzione con Rocco Buttiglione.

    Presidente qual è lo stato dell’arte di questo dialogo con il presidente Fini e con Francesco Rutelli sulle politiche di fine vita?

    Partiamo da una premessa. Su questo passaggio delicato della politica italiana c’è stato un dibattito in commissione e un lavoro al Senato da cui è impossibile prescindere, perché è questa la base di partenza da cui muovere. Detto questo è anche impensabile non discutere tesi ulteriori, impedire miglioramenti: insomma la Camera ha diritto di intervento ulteriore su questa delicatissima materia.

    Quindi la vostra iniziativa.

    Certo. Un’iniziativa che fa già registrare un successo: quello di avere individuato dei punti su cui far convergere posizioni che su altri aspetti sono molto diverse o addirittura inconciliabili. Fini per esempio non ha nessun problema sugli emendamenti che abbiamo proposto.

    Su quali emendamenti?

    Quello per esempio sulla giustezza e l’opportunità di prevedere una terapia del dolore. La legge sulle cure palliative finora approvata è infatti ancora insufficiente. Occorre inserire nel testo sul biotestamento una maggiore libertà per il medico riguardo le terapie contro il dolore. Questo inserimento toglierebbe molta forza argomentativa al fronte eutanasista che si basano appunto sulla umana pietà per il dolore che un paziente terminale deve sopportare. Quello di consentire delle terapie antidolore, anche nel caso in cui possano avere l’effetto non intenzionale di accelerare la morte del paziente, è insomma una concessione doverosa. Ed è perfettamente in linea con la dottrina cristiana. Lo sa che Pio XII parlò a un congresso di anestesiologia in questo senso?

    Anche Fini a Chianciano ha citato passi del catechismo in questo senso.

    Citazione molto opportuna quella di Fini.

    Già, anche se il presidente della Camera sul biotestamento e sulla libertà di scelta sulla propria vita del paziente e dei suoi famigliari ha posizioni molto diverse dalle vostre.

    Noi non pretendiamo che Fini venga su tutte le nostre posizioni. Ci mancherebbe. Fini sa benissimo però che per noi il valore della è sacro e che il nostro essere assolutamente contrari a ogni forma anche mascherata o surrettizia di eutanasia è una posizione non negoziabile. La privazione di cibo e acqua, come è avvenuto nel caso Englaro, è stato il primo passo verso l’eutanasia in Italia.

    Anche se dare maggiore autonomia al medico per respingere terapie troppo invasive potrebbe toccare questo punto così delicato.

    Autonomia relativa. C’è un area di discrezionalità medica che non può essere annullata. Però c’è un limite preciso a questa discrezionalità: non è possibile provocare intenzionalmente la morte del paziente. Ancora più chiaramente non posso dare al paziente la morfina per farlo morire ma per abbattere il dolore. Non mi nascondo che nell’applicazione questa declinazione di legge da dei margini ampi al medico. Però sono margini su cui stanno le consultazioni con i famigliari e che devono tenere conto delle volontà del paziente.

    La Cei però sembra molto ferma sul testo Calabrò. Lei crede che potrebbe accettare di buon grado queste modifiche?

    Io non credo che avrà difficoltà ad accettarle. Per le ragioni di cui le dicevo prima. Perché questi emendamenti tolgono forza all’ideologia eutanasica e perché restano nel solco della dottrina cristiana.

    Da parte di chi rivendica per il paziente la piena autonomia e autodeterminazione della propria vita si accusa di ingerenza e di illiberalismo chi invece si propone di impedire l’eutanasia.

    Più che una posizione liberale questa mi sembra una posizione esistenzialista alla Jean Paul Sartre: io affermo la mia libertà assoluta attraverso il suicidio. A me sembra una sciocchezza. Il malato è un essere che soffre, che si trova in una situazione di forte turbamento e vulnerabilità. E allora è autentica la domanda di poter morire? O si tratta di un grido disperato per chieder aiuto? Per non dire del fatto che noi non apparteniamo solo a noi stessi. Noi apparteniamo anche ai nostri cari, a nostra moglie, ai nostri figli, ai nostri concittadini, alla comunità dentro la quale siamo nati e siamo cresciuti. Si nasce e si muore sempre a qualcun altro.

    Fonte: Liberal - Riccardo Paradisi | vai alla pagina

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