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Dichiarazione di Maurizio SACCONI

Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: FI)  -  Ministro  Lavoro Salute e Politiche sociali (Partito: PdL) 


 

Sud, il piano di Sacconi «Salari più bassi per le nuove imprese» - INTERVISTA

  • (05 ottobre 2009) - fonte: Il Mattino - Antonio Troise - inserita il 05 ottobre 2009 da 4110

    Serve uno scatto per il Sud, un vero e proprio «new deal». E per Maurizio Sacconi, ministro del Welfare, questo cambio di passo è innanzitutto possibile se l’Europa intera diventa consapevole che «corre il rischio di un declino, di un «rattrappimento» verso l’area del Baltico, di fronte all’emergere prepotente dell’asse ”trans-pacifico”. Può evitarlo solo se si proietta, con la Russia, verso il Mediterraneo, un’area che può diventare, dopo Cina, India e Brasile la quarta economia emergente. Ciò che un tempo, rispetto all’Europa forte, era un’estrema periferia, come il Sud, può in questa visione diventare area baricentrica».

    Il Presidente della Repubblica dice che le classi dirigenti del Sud hanno fallito. È così?

    «L’intervento di Napolitano è stato di alto profilo e non rituale. Il suo appello alla non autoindugenza è esplicito. Occorre partire da una critica severa alle classi dirigenti del Sud proprio nel momento in cui appare necessario il rilancio della questione meridionale come questione nazionale. Per avere, nel dopo crisi, alti tassi di crescita bisogna liberare le potenzialità ancora inespresse da parte di un terzo della società italiana. Sono proporzioni che non hanno pari in Europa».

    In quarant’anni, però, il divario è aumentato.

    «Dobbiamo rilanciare la questione meridionale nella visione dell’Europa a forte dimensione mediterranea. E a quest’ultimo proposito Berlusconi ha avuto le giuste intuizioni nei rapporti internazionali. Per altro verso lo stesso anniversario dei 150 anni dell’Unità deve essere l’occasione per sottolineare più che la storia - che è di per sé divisiva - i valori condivisi che fanno l’identità di questo Paese da Nord a Sud. Fondamentale è il binomio libertà-responsabilità, che ispira peraltro larga parte delle politiche del governo. A partire dalla riforma del federalismo fiscale che introduce la responsabilità nel governo regionale».

    Finora le classi dirigenti del Sud sono state irresponsabili?

    «Si sono formate su regole del gioco che hanno stimolato la ”non responsabilità”. Con le regole del federalismo chi sbaglia paga. Se un’azienda fallisce porta i libri in tribunale. Il presidente di Regione che non sa amministrare porterà anticipatamente il suo fallimento al giudizio del popolo senza essere ricandidabile. Da questo punto di vista i commissariamenti della sanità sono stati un prologo fondamentale. È attraverso la responsabilità che si può innestare un circolo virtuoso opposto di quel circolo vizioso che ha prodotto l’incapacità dell’amministrazione ordinaria. E se non c’è questa, come ci può essere capacità di gestione per l’amministrazione straordinaria? Se non c’è un buon terziario pubblico come si può sviluppare più in generale la cultura dei servizi per sostenere ad esempio la vocazione turistica?».

    Proprio per la sanità, il Sud sta pagando il prezzo più alto, con molte regioni ormai commissariate, a cominciare dalla Campania...

    «I commissariamenti sono stati fatti proprio per difendere le popolazioni meridionali dalle cattive amministrazioni. Non sono il frutto di una mera esigenza di finanza pubblica, ma dell’obiettivo di garantire in tempi brevi più servizi di qualità. I commissariamenti sono paradigma e sostanza del fallimento delle classi dirigenti del Sud. La sanità, infatti, rappresenta oltre l’83% della spesa corrente delle regioni e riguarda bisogni primari della popolazione».

    Non le sembra che il governo abbia usato il pugno di ferro?

    «Non abbiamo chiesto al Sud di raggiungere risultati teorici, ma almeno quelli che sono stati raggiunti altrove, oltretutto sotto diverse latitudini politiche. In Lombardia, Veneto, Emilia e Toscana si spende di meno ma si offre un servizio migliore rispetto al Sud».

    Da dove nasce la differenza?

    «Dall’incapacità di adottare modelli gestionali sperimentati nelle regioni efficienti. Scelte che portano ad avere più servizi con una spesa minore. Un esempio per tutti: un malato cronico, assistito a domicilio, costa 7 volte meno di un ricovero ospedaliero. Ma viene seguito amorevolmente, mentre in un ospedale generalista è praticamente abbandonato a se stesso».

    Non è troppo drastico il giudizio sulla sanità nel Sud?

    «No, anche dal recente studio della Scuola Sant’Anna di Pisa, già adottato dalla Regione Toscana, emerge un Paese spaccato in due: dal Lazio in giù la gran parte degli indicatori di qualità sono negativi».

    E il conflitto con le Regioni?

    «Il coordinamento delle Regioni dovrebbe rinunciare a difendere l’indifendibile e concordare un diverso metodo di riparto delle risorse del Fondo sanitario nazionale tale da sollecitare i processi di razionalizzazione al Sud in modo da liberare risorse anche per la non autosufficienza. Ma non c’è solo la sanità. Potrei farle altri due esempi».

    Prego.

    «I centri per l’impiego, di competenza delle province, nel Sud non funzionano. È vero che c’è poco lavoro, ma spesso per quel poco non si trovano immediatamente i lavoratori competenti. Poi c’è la formazione: costa di più rispetto al Nord, con risultati inferiori. Mentre quasi sempre è festa per i formatori. Insomma, dobbiamo incrementare rapidamente il capitale umano, organizzativo e quello ”fisso investito”».

    Che cosa propone?

    «Nel breve ci sono almeno tre, quattro cose da fare. Evitare che la sanità possa essere utilizzata come leva impropria per il consenso elettorale aggiungendo ulteriori guasti, difficili poi da rimuovere. Bisogna poi approvare in fretta il federalismo fiscale. Attuare soprattutto nel Sud il piano d’azione per l’occupabilità dei giovani mediante l’integrazione tra apprendimento e lavoro predisposto congiuntamente dal sottoscritto e dalla collega Gelmini. Infine, nel nome della visione euro-mediterranea, pensare a pochi grandi progetti che trasformino il Sud nella piattaforma avanzata dell’Unione europea, con una forte diffusa cultura terziaria tanto nel pubblico quanto nel privato».

    Nel documento sul Sud del Pdl si parla anche di contratti decentrati, di differenziazioni salariali.

    «Nel clima di un Sud quale nuova frontiera dello sviluppo italiano le parti sociali non farebbero fatica ad applicare quelle norme del nuovo modello contrattuale che consentono di realizzare deroghe ai contratti nazionali per lo start up di un’impresa o nella fase di un suo rilancio. Con l’impegno che, se poi le cose vanno bene, i risultati siano distribuiti anche ai lavoratori. Ma vorrei anche che si utilizzassero di più i «voucher», i buoni prepagati. Fino ad ora, su 2 milioni e mezzo, nel Sud ne sono stati ”acquistati” solo centomila. Invece, per molti spezzoni lavorativi legati alla stagionalità in agricoltura o ai servizi alla persona o alle attività fieristiche o museali, il voucher consente di far emergere il sommerso con il vantaggio di un reddito detassato per il lavoratore e agevolato nei contributi per il datore di lavoro».

    Il Pd propone. invece, il credito di imposta per le nuove assunzioni. Si può fare?

    «Il Pd parte sempre da un’idea di spesa pubblica. Anche gli incentivi possono servire e potranno essere accettati dall’Unione europea se parte di un progetto più ambizioso. E poi mi chiedo perché fra il 2007 e il 2008 l’Ue ha bocciato perfino la possibilità di considerare le donne come parte svantaggiata su base territoriale e come tale agevolata con i contratti di inserimento della legge Biagi. Il nuovo regolamento che nega il criterio territoriale costituisce un precedente pericoloso per il Sud, è stato un segno brutto, una distrazione colpevole di chi doveva sostenere tesi opposte».

    C’è qualche segnale di ripresa. Il peggio è passato o ci aspetta un autunno caldo?

    «L’Italia ha attutito l’impatto della crisi sull’occupazione meglio degli altri. Che poi ci siano ritardi cronici, come l’occupazione femminile nel Sud, o patologie come l’uscita tardiva da percorsi di laurea deboli, è un altro discorso.
    È passato il peggio, il timore del collasso finanziario. La ripresa c’è ed è evidente. Ma è possibile che nei prossimi mesi si allarghino e si allunghino alcuni ambiti della disoccupazione».

    Le risorse messe in campo dal governo saranno sufficienti?

    «Sono più che sufficienti per gli ammortizzatori ma dobbiamo rapidamente usare meglio quelle per i servizi l’impiego e soprattutto per la formazione. Per questo convocherò presto un tavolo Stato-Regioni e parti sociali».

    Fonte: Il Mattino - Antonio Troise | vai alla pagina

    Argomenti: sanità, campania, occupazione, sud, questione meridionale, Presidente della Repubblica, classe dirigente | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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Commenti (1)

  • Inserito il 05 ottobre 2009 da 31
    E' evidente che Sacconi parla per dar aria alla laringe. Ed è molto grave che non stia a sentire Draghi, Governatore della Banca d'Italia e presidente del Financial Stability Board che dice «il sostanziale miglioramento della congiuntura è dovuto a Cina e paesi emergenti». E avverte: «La ripresa sarà lenta, e non potrà risolversi col modello di sviluppo precedente». Sacconi!!!! Altro che «risorse messe in campo dal governo più che sufficienti per gli ammortizzatori». I campani dovrebbero regalarti un dizionario dove capiresti (forse), cosa vuol dire risorse.

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