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Dichiarazione di Francesco RUTELLI
«Il mio partito è pronto» - INTERVISTA
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(06 novembre 2009) - fonte: Il Riformista - Stefano Cappellini - inserita il 06 novembre 2009 da 31
Francesco Rutelli sta preparando il lancio del suo nuovo movimento politico. «Ancora qualche giorno di pazienza - dice al Riformista - mercoledì prossimo presenteremo il nome e il portavoce, che non sarò io». Con la crisi del centrodestra che precipita di giorno in giorno si potrebbe pensare che l'uscita di Rutelli dal Pd sia stata calibrata proprio in previsione di nuove elezioni anticipate. Ma l'ex leader della Margherita nega. Considera una iattura il ritorno alle urne: «Non produrrebbe altro - dice - che una ulteriore radicalizzazione dello scontro. Sarebbe una catastrofe».Lei infatti ha già caldeggiato la nascita di un governo del presidente per fronteggiare l'emergenza. Ci crede ancora?
Un piccolo spiraglio pu esserci, ma è prematuro parlarne e resta largamente improbabile, perché non so se esista in questo Parlamento una maggioranza di liberi e forti.
Si dice che Berlusconi voglia tornare alle urne per mettere a tacere i suoi oppositori interni.
E cosa cambierebbe? La situazione del paese è drammatica.
E io la vivo con profonda angoscia. La promessa elettorale del centrodestra non è realizzabile, sia per la crisi economica sia per l'emergere di una crisi politica interna alla coalizione. La crisi ha portato indietro di dieci anni la ricchezza nazionale. Le ricette del governo non sostengono la crescita. Tremonti è in trincea per evitare maggiori spese, ma tutto conferma che in Italia il vero partito della spesa pubblica è il centrodestra.
Ogni anno che il Signore ci manda noi spendiamo 75 miliardi di interessi sul debito pubblico e ci scanniamo per decidere come allocarne due o tre, come sta accadendo oggi (ieri, ndr) al Senato. Ma dopo la guerra dei quindici anni, e finché resta questa offerta politica bloccata, non ci sono le condizioni per una generale assunzione di responsabilità.Sul premier incombe anche una questione giudiziaria. Può essere questa a riportare il paese alle urne?
Se qualcuno ancora pensa che si può ancora sconfiggere Berlusconi per via giudiziaria sbaglia oggi come sbagliava in passato. Non è così che Berlusconi si farà da parte.
Ma in molti scalpitano per la successione. Gianfranco Fini, per esempio.
Fini è in una crisi profondissima e si sente più fuori che dentro il progetto politico del Pdl.
Tremonti?
Tremonti aspetta dal 1994 di succedere a Berlusconi. E' uno dei papabili, ma è anche chiaro che per la prima volta si è aperta una falla nel suo fronte di riferimento: aveva la Lega dietro di sé, adesso ne ha solo una parte.
Anche Casini spera di ereditare?
Casini è fuori dal Pdl. E sta conducendo una battaglia coraggiosa.
Ora si è aperta pure la sfida per la successione a Bossi nella Lega.
Bossi comanda l'agenda del governo.
Questa situazione sta provocando un profondo disincanto nell'elettorato moderato. E rischia di produrre altri danni. Perché uno schema politico in cui continua a crescere lo spazio della Lega porterà alla nascita di un partito del sud, ma non nel senso lombardo. Si metteranno insieme pezzi di classe dirigente locale che sentendosi esclusi dalla cabina di comando si attrezzeranno per mantenere una capacità contrattuale.
E questo non avverrà nell'interesse generale o del Mezzogiorno ma di interessi particolari, e non è detto che siano sempre limpidi.Si dice che anche Rutelli voglia partecipare alla spartizione dell'eredità politica del Pdl.
La successione nel centrodestra non è affare mio.
E' evidente che non ce la fa un centrodestra che diventa sempre più destra, come è evidente che la sinistra non offre un'alternativa. L'opposizione rimpicciolisce anziché espandersi.
L'unica possibilità è preparare una nuova offerta politica. A questo sto lavorando. Non alla fondazione di un partitino centrista, ma al nucleo di una iniziativa destinata crescere e ad aggregarsi con altre forze. Certamente la nostra strada incrocerà l'Udc. Ma dobbiamo immaginare qualcosa di molto più ambizioso.Confida nella scesa in campo di Montezemolo?
Con lui i rapporti sono più che amichevoli, ma Luca ha spiegato che non vuole pronunciarsi oggi sul suo impegno in politica e non sarò io a tirarlo per la giacca o a collegarlo alla nostra iniziativa. E' incoraggiante intanto che tra i firmatari e gli aderenti al nostro manifesto ci siano già molte personalità dell'impresa e dell'economia.
Dal Pd continuano a pioverle molte accuse. Parisi e Prodi sostengono che se il Pd non è nato lei è tra i principali responsabili.
Una sciocchezza. Ho sciolto un partito, la Margherita, per far nascere il Pd, senza chiedere nulla in cambio, e mentre altri parlavano ancora di Ulivo.
Lei si è opposto a più riprese alle liste unitarie dell'Ulivo da cui il Pd è poi nato.
Abbiamo fatto liste dell'Ulivo in Europa nel 2004 anche se ci siamo subito divisi tra socialisti e liberaldemocratici.
Le abbiamo fatte alle regionali del 2005. Ma per fare liste nelle elezioni politiche ci vuole un partito, non un cartello. Cos'era l'Ulivo, del resto? Oggi l'alleanza anche con Diliberto, un altro giorno il quasi - partito di Prodi e quello dopo l'alleanza Ds-Margherita.
L'Ulivo non era altro che il modo di accompagnare la transizione della sinistra postcomunista verso un approdo democratico compiuto.Cos'ha contro la parola sinistra?
Ho posto delle condizioni quando abbiamo sciolto la Margherita: mai coi socialisti europei, no al collateralismo, cioè autonomia rispetto alle strutture organizzate del Pci, e fondazione di un nuovo pensiero pluralistico. Tutte mancate.
Se qualcuno pensava che potessi entrare in un partito di sinistra faceva bene a dirmelo prima. Schroeder ha chiamato nuovo centro la Spd di dieci anni fa. Blair ha rivoluzionato il Labour dodici anni fa. E noi stiamo ancora a discutere di una fisionomia socialdemocratica?Il programma di Veltroni era molto blairiano. Gli elettori lo hanno bocciato.
Il Pd ha ottenuto un buon risultato col 33 per cento. Poi è annegato in una attività quotidiana che non rispondeva a messaggi e priorità forti, ma a un eclettismo senza fine. Un partito dell'alternativa deve dire al paese le due, tre cose che vuole fare. Se ne vuole fare sessanta, non ne rimane nessuna.
Lei rimprovera al Pd anche la deriva dipietrista, ma fu tra i dirigenti che tacquero davanti alla scelta di Veltroni di allearsi con l'ex pm.
Veltroni ci spieg che, secondo i sondaggi, con l'alleanza con Di Pietro eravamo a pochi punti da Berlusconi e ci giocavamo la possibilità di vincere. Si è assunto questa responsabilità e nessuno si è sentito di rifiutare una chance competitiva. Ma il problema è che non è stato congegnato un meccanismo di gestione di questo rapporto che garantisse il Pd dai voltafaccia di Di Pietro.
E così Di Pietro si è preso sia l'agenda girotondina sia i voti del Pd.Si prepara a lanciare ufficialmente il suo movimento. Non è un obbligo politico misurarvi alle prossime regionali? O avete paura di contarvi?
Abbiamo ricevuto un numero pazzesco di messaggi di appoggio e solidarietà. Di delusi del Pd, di disillusi della politica e di curiosi del centrodestra.
Solo nella mia mail personale ho ricevuto 500 messaggi di diversi esponenti politici territoriali: sindaci, assessori, consiglieri. Presenteremo subito un elenco di proposte chiare, a cominciare dal tema della laicità. E alle regionali non faremo da spettatori.
Fonte: Il Riformista - Stefano Cappellini | vai alla pagina » Segnala errori / abusi