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Dichiarazione di Monica FRASSONI


 

«Insistiamo. Il negoziato di Copenaghen non si deve fermare a Singapore»

  • (17 novembre 2009) - fonte: Terra - inserita il 17 novembre 2009 da 31

    In Italia va rimossa l’insopportabile cappa di disattenzione sull’ambiente. Secondo la co-presidente degli European greens è essenziale che non si fermi la mobilitazione. Mancano 21 giorni e molto può ancora accadere.

    Quando Obama fu eletto esattamente un anno fa, molti di noi, pur convinti che i tempi di Bush erano definitivamente chiusi, sapevano che il ruolo degli Usa nella battaglia del clima non sarebbe stato subito completamente “virtuoso”. Detto questo, le dichiarazioni americane e quelle cinesi, in occasione di una colazione di lavoro convocata per discutere dello stato dei negoziati sul clima in occasione della riunione periodica dell’Apec in presenza del co-presidente della Conferenza sul clima e primo ministro danese Rasmussen, sono sicuramente preoccupanti: niente accordo legalmente vincolante a Copenaghen («full international legally binding agreement», come ha detto il rappresentante americano Forman).

    Ma non sono neppure tali da fare pensare che ormai per il clima tutto è perduto o che nessun accordo sarà possibile a Copenaghen, come la stampa italiana (in modo più drammatico che in altri Paesi) sembra anticipare. I fatti sono chiari. A Copenaghen si doveva arrivare a un nuovo Trattato per il periodo post Kyoto. Ma era già da mesi piuttosto evidente che questo obiettivo sarebbe stato difficile. Rimane invece completamente alla portata dei negoziatori definire un accordo vincolante sugli stessi temi da ratificare in seguito, checché ne dicano americani e cinesi.

    L’Ue, ma anche gli altri paesi emergenti e in via di sviluppo, le decine di movimenti di città, di cittadini e associazioni civili che sono molto attive non devono assolutamente abbassare le braccia. Anche perché molte sono le zone d’ombra rispetto a quale sarà davvero la posizione degli Usa.

    Si parla di un «accordo politico» vincolante con «conseguenze operative», ma non è chiaro se numeri concreti di riduzione di emissioni e soldi per investimenti di mitigazione e adattamento saranno davvero esclusi. Infatti gli Usa non sono pronti per prendere impegni legalmente vincolanti a Copenaghen a causa di Camera e Senato che ancora non hanno definito un piano chiaro su come affrontare la crisi climatica, ma per Obama il fallimento di Copenaghen sarebbe di difficile gestione. è evidente che se gli Usa parlano di un accordo «con conseguenze operative» l’Ue deve rilanciare. E non rinunciare o nascondersi per fare emergere i dubbi e le divisioni purtroppo presenti al suo interno, a partire dal governo italiano caso unico di governo negazionista. Il negoziato di Copenaghen non si ferma a Singapore.

    Ed è questo il messaggio che deve essere trasmesso forte e chiaro. Il luogo dove le decisioni saranno prese è il summit nella capitale danese. Non vorrei che un’eccessiva attenzione alle dichiarazioni fatte in una riunione a colazione da un paio di importanti signori possano creare una sorta di profezia che si autorealizza, smobilitare migliaia scienziati, di attivisti, di responsabili politici, di amministratori locali, di semplici cittadini che nel mondo lavorano da mesi, farci abituare all’idea che ormai è andata male. Anche perché sia chiaro che i dati davvero terribili sulle conseguenze dei cambiamenti climatici non cambiano.

    Dal Partito verde europeo e dal gruppo parlamentare verde continuerà la capillare azione di informazione su cosa succede davvero nelle discussioni sul clima, ben 20 deputati greens europei e decine di amministratori locali, rappresentanti dei partiti verdi europei e numerosissimi responsabili di associazioni ambientaliste saranno a Copenaghen, sulla rete si moltiplicano appelli e iniziative, anche i media (a eccezione dell’Italia salvo pochi casi come Terra) da settimane riportano con precisione lo stato della discussione.

    Mancano 21 giorni. Un risultato positivo è possibile. Ed è possibile anche cercare di rimuovere l’insopportabile cappa di disattenzione e disinformazione che circonda in Italia la discussione sulle sfide ambientali e i cambiamenti climatici. Il governo italiano non ha neppure elaborato una vera posizione negoziale su questo tema. Per i nostri rappresentanti questo è un non-tema. O un tema per pochi “aficionados”. Credo che questa debba essere la sfida anche per i Verdi italiani.

    E ben venga anche il nuovo interesse che i radicali hanno manifestato al loro Congresso per un’azione strutturata e approfondita su questi temi che peraltro non sono nuovi per loro: esponenti radicali prestigiosi come Adelaide Aglietta hanno avuto un ruolo di primo piano nei Verdi italiani e io non me lo dimentico, nonostante le distanze di merito emerse in seguito con Radicali italiani.

    Sarà molto interessante continuare con loro il confronto su temi come le infrastrutture, l’agricoltura sostenibile e gli Ogm, il consumo del territorio anche (ma non solo) in vista delle prossime scadenze elettorali.

    Fonte: Terra | vai alla pagina

    Argomenti: usa, Clima, UE, ambiente, OGM, radicali, trattati, ambientalisti, verdi, green economy | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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