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«Nessuno complotto contro il premier. Il Pdl diventi come la Dc»
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(01 dicembre 2009) - fonte: La Repubblica - Francesco Bei - inserita il 02 dicembre 2009 da 31
«Il concorso esterno non si tocca. Ok il processo breve ma capisco i dubbi».«Nessun complotto», «nessuna rotta di collisione» tra me e Silvio Berlusconi.
Nel salotto di Bruno Vespa, il presidente della Camera prova ad abbassare i toni dello scontro con il Cavaliere, ma sui contenuti non arretra. E prende di petto la questione della mafia. La normativa sui pentiti, sostiene infatti Fini, «va benissimo, dà sei mesi di tempo, senza questa legge molte cose non sarebbero state scoperte».
Certo, poi «le dichiarazioni dei pentiti devono essere garantite dallo scrupolo e dall`onestà.
Capisco le perplessità del Pd. Con Silvio visioni non collimanti, ma non resa dei conti intellettuale della magistratura, che deve trovare i necessari confronti».
Ma se qualcuno a palazzo Chigi o nel Pdl sta pensando di manomettere il reato di concorso esterno (Marcello Dell`Utri lo ha teorizzato in tv) Fini pone un altolà: «Non sono d`accordo con Dell`Utri. Non c`è da regolare il 41 bis, credo sia da garantire.Penso che la magistratura, alla quale devono andare tutta la nostra stima e riconoscenza, debba farsi garante del fatto che non ci sia solo la dichiarazione di qualche pentito ma che ci siano i fatti».
Sempre riguardo alla giustizia, Fini affronta quindi lo scoglio del processo breve, il provvedimento che l`opposizione contesta come norma "ad personam".Il presidente della Camera assicura che «sarà oggetto di una discussione parlamentare molto ampia», perché «bisogna verificare se esistano profili di incostituzionalità che vanno approfonditi, come la differenza di trattamento se si è censurati o incensurati».
Fini dice di comprendere «le perplessità dell`opposizione» sul processo breve». Anche perché «ne può trarre beneficio Silvio Berlusconi, non nascondiamoci dietro un dito».
Tuttavia spera che il Pd «non subordini la riforma dell`ordinamento giudiziario alla norma sul processo breve», altrimenti «la sintesi che cerchiamo ormai da oltre 15 anni rischia di allontanarsi ancora una volta».Ma il "co-fondatore" del Pdl entra a piedi uniti anche nel dibattito interno al partito, soprattutto dopo che il premier, nell`ultimo ufficio di presidenza, ha posto una sorta di ultimatum: chi non si allinea è fuori.
«Non mi nascondo dietro un dito, su alcune questioni politiche abbiamo visioni non collimanti», conferma Fini, «ma in un partito de1 35-40% penso sia un motivo di ricchezza».Obbedire alla disciplina di partito? «Dipende da cosa verrà proposto». In ogni caso «non si potrà dire prendere o lasciare». Il modello a cui guarda con nostalgia è quello dei partiti vecchia maniera, dove si discuteva con piena libertà. «Non voglio fare la suocera, né il grillo parlante. Vorrei - azzarda - che il Pdl fosse come la Dc della prima Repubblica, della quale rimpiango l`ampio dibattito.
L`importante è che non sia un cartello elettorale».Il presidente della Camera ci tiene però ad allontanare i sospetti e le accuse di quanti- dentro la maggioranza o sui giornali d`area - lo considerano impegnato a far saltare il governo Berlusconi.
«Nessuno può alterare la volontà popolare per via giudiziaria», chiarisce a scanso d`equivoci. Del resto Giorgio Napolitano «in modo inappuntabile» ha spiegato che «chi vince le elezioni ha il diritto di governare. E Berlusconi - aggiunge Fini - le ha vinte con una larga maggioranza: gli italiani che lo hanno votato erano a conoscenza delle sue questioni in campo con la giustizia».
Riconosciuto «il diritto-dovere» del Cavaliere di restare altri tre anni a palazzo Chigi, Fini non rinuncia a dire la sua su tutto, dall`immigrazione alla cittadinanza, fino al rapporto da tenere con l`Islam. Quanto alla sua corrente, «non esistono i finiani e con Silvio Berlusconi non voglio dar vita a nessuna resa dei conti all`interno del Pdl».
Fonte: La Repubblica - Francesco Bei | vai alla pagina » Segnala errori / abusi