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Dichiarazione di Barbara POLLASTRINI

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) 


 

«Yascha Mounk ha detto: dietro ogni zero può esserci un Nerone. Si riferiva al crepuscolo del berlusconismo»

  • (09 dicembre 2009) - fonte: Europa - inserita il 09 dicembre 2009 da 31

    Di recente il politologo americano Yascha Mounk ha spiegato benissimo come «dietro ogni zero può esserci un Nerone». Si riferiva al crepuscolo del berlusconismo e ai rischi di un “dopo” dove nulla è scontato salvo la regressione civile prodotta dalla destra. L’immagine era forse troppo dura e non teneva conto delle mille risorse esistenti, io ho fiducia. Ma la sintesi torna in mente dopo l’aggressione di Calderoli (un ministro della repubblica) al cardinale Tettamanzi.

    Un attacco violento che dice molto del drammatico falò di valori e principi costituzionali in atto e dell’urgenza di un’alternativa credibile.

    La colpa dell’arcivescovo di Milano? Esprimersi su questioni di civiltà, dai diritti umani alla legalità, dalla povertà alla sicurezza. Il giorno dopo molte critiche ma anche il silenzio imbarazzante della sindaca Moratti e nessuna posizione ufficiale dal governo di scusa e di richiamo al ministro. Ma non sono le uniche ragioni per non fare chiudere il caso. Perché dietro la sortita della Lega c’è altro.

    Da tempo siamo innanzi a strappi politici e culturali.
    La Lega insegue il trono “longobardo” e, con l’ampolla pagana o il crocifisso cristiano, scommette su un suo primato nel ripristinare una immaginaria e felice identità perduta. Qualcosa di inedito che si mischia agli altri ingredienti del nostro panorama martoriato: il tentativo di rendere normali sbreghi nei principi, nei toni e nell’uso delle istituzioni e delle leggi.

    La follia è non capire che così l’intero paese va a rotoli e può passare l’idea di sentimenti da maneggiare per dividere la nazione e le persone, anziché unire l’una agli altri.
    È questo il senso di un’irresponsabilità costituzionale che può produrre la rottura dell’Italia, almeno per come l’abbiamo conosciuta fin qui.

    Non a caso nella mia città, la narrazione della Lega è fondata su un revisionismo storico necessario a chi persegue l’antico esercizio del “sovversivismo dall’alto”.
    Lo ricordo perché le vicende e i miti di Milano sono carichi di umanità e drammi, di bianco e di nero. Ma alla fine quali sarebbero le t r a - d i - z i o - n i , e v o - c a t e c o n tanta r o z - zezza, che dovrebbero richiamare il cardinale a una maggiore adesione verso la Chiesa romana?
    A sentirsi straniero in Lombardia perché si appella alla carità?... Milano ha spesso anticipato gli orientamenti di fondo del paese, nella rinascita come nel peggio. Basta una fotografia a cogliere quelle tracce.

    Nel raggio di poche centinaia di metri c’è la piccola chiesa dove si dice che Ambrogio, lo straniero Ambrogio, battezzò Agostino, migrante africano. Non sono distanti la casa del don Lisander della Colonna infame e del perdono cristiano, o del Beccaria dei Delitti e delle pene. Tutto a due passi dalla camera del lavoro, dalla piazza dei 25 aprile. Più in là la banca dell’impegno dell’avvocato Ambrosoli, piazza Fontana e la reazione civile e popolare agli anni più bui, la forza dei movimenti, la generosità del volontariato. Immagini come quelle di piazza San Sepolcro dei primi fasci o dei predicatori più intransigenti.

    Fotografie lontane nel tempo ma che tessono un filo e si congiungono idealmente ai migranti costretti a vendere oggi le proprie braccia per quindici euro al giorno, agli studenti che reclamano onestà e meriti, alle donne che non vorrebbero rinunciare a essere madri e lavoratrici insieme.

    Scandagliare la realtà significa vedere tutto questo, l’altro da sé. E capire che Milano non può ridursi a una Expo chiamata in causa sempre più per i rischi di infiltrazioni mafiose. Né ignorare che troppe élites impigrite e protette alimentano opac i t à e t o l - g o - no il fiato a energie e capacità. Insomma, come non vedere che la diseguaglianza condanna una metropoli a smarrire il buono di sé e il fascino di quella storia che la Lega vorrebbe riscrivere? Allora bisogna scegliere da che parte stare. Culturalmente prima che politicamente.

    Dalla parte della storia migliore, del cosmopolitismo, di uno sguardo laico e umano o dalla parte della separatezza, della controriforma, della reazione alla modernità contro un mondo che cambia comunque? La Lega ha scelto.

    Le destre, con uno stanco Formigoni, le offrono, nei fatti, condivisione a copertura di un liberismo miope e predatore del futuro. Avviene sulla scienza, sull’immagine delle donne, sui diritti civili, sulla giustizia, sullo sfruttamento nel lavoro e sulla sicurezza.
    E lo fanno sovente con l’uso sconcio delle religioni, con inchini formali al Vaticano, brandendo il crocefisso come una clava e creando allarme sui minareti. Ma quella loro isteria non è un’assoluzione per noi, né l’autostrada aperta per un nuovo centrosinistra.

    Dobbiamo guadagnarci tutto e prima di ogni cosa quella parola magica che è il prestigio del Pd e della politica. Col congresso siamo ripartiti. Adesso la prova più difficile è quella culturale.
    La semina sarà lunga perché la distruzione è stata pesante e questo chiama in causa l’identità, le idee di fondo e sopratutto le coerenze del nostro modo di essere. Possiamo avanzare se sarà più esplicita la nostra visione del paese. Se sapremo unire l’indignazione morale, la disperazione sociale e la voglia di farcela. Se investiremo nel valore della persona, nella sua responsabilità, nei suoi loro diritti, nel senso di una comunità e di un’etica pubblica.

    Fonte: Europa | vai alla pagina

    Argomenti: centrodestra, pd, Lega Nord, expo, milano, lombardia, Chiesa Cattolica | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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