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Dichiarazione di Pier Ferdinando CASINI

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: UDC) 


 

«Dalla Lega attacchi odiosi alla Chiesa e i lumbard dettano legge al governo» - INTERVISTA

  • (09 dicembre 2009) - fonte: Il Messaggero - Claudio Sardo - inserita il 09 dicembre 2009 da 31

    Devono rinunciare al processo breve.

    «L’attacco della Lega al cardinale Tettamanzi è doppiamente odioso. Per le inaccettabili volgarità rivolte ad un pastore che tanto bene ha fatto alla sua diocesi e alla Chiesa italiana. E per quel malizioso tentativo di dividere la Cei tra buoni e cattivi: la politica non deve permetterselo, figuriamoci se può farlo un partito esperto del rito delle ampolle».

    Pier Ferdinando Casini comincia dalla Lega. Anche perché è convinto del ruolo ormai dominante nel governo. E vede Berlusconi sia sempre più debole nei confronti di Bossi. Per questo il leader Udc avverte: «Alle regionali non potremo fare alleanze laddove le coalizioni sono imperniate sulla Lega e sulla sua cultura».

    Non siete stati anche voi in passato alleati della Lega?

    «Ho sempre sostenuto che l’integrazione della Lega nell’area di governo avesse aspetti positivi e non ho cambiato idea. Berlusconi è riuscito a depotenziare alcune spinte separatiste. Ma ora è cambiato il segno del suo rapporto con Bossi. Oggi il peso della Lega è preponderante. Quando l’Udc era nella coalizione di governo, eravamo noi il bilanciamento. Adesso Bossi ha le chiavi del governo e il Pdl è costretto a pagarla concedendole l’appalto esclusivo del Nord».

    Insomma, è una questione di potere di coalizione.

    «Non solo. È una grande questione politico-culturale. La Lega sta sviluppando con coerenza la propria strategia. Attacca il cardinale di Milano, propone la Cassa integrazione dimezzata per gli immigrati, si fa portabandiera delle ronde, tenta persino di strumentalizzare il crocifisso in una campagna semi-razzista: ma in realtà il suo scopo non è ottenere risultati concreti. La Lega vuole distillare paura nella società. Paura e divisioni viscerali. Per proporsi poi come demiurgo, come soluzione finale».

    Ha descritto il paradigma del populismo. Ma qual è la risposta? Lei, Fini e Pisanu siete d’accordo, ad esempio, su nuove regole per la cittadinanza. La maggioranza di governo però mi pare chiusa ad ipotesi di riforma.

    «La verità è che ormai parole come destra, centro, sinistra sono casacche logore. Siamo davanti ad un bivio di portata storica: la nostra società può rinascere oppure disgregarsi. La politica seria dovrebbe cambiare agenda. L’immigrazione è un fenomeno epocale. Se non costruiremo insieme un nuovo modello di cittadinanza, se non emergerà un senso di Patria condivisa, l’Italia avrà meno sicurezza e meno ricchezza. Non è una questione ideologica: è in gioco il bene comune. Si discutano senza pregiudizi le idee migliori: per quanto mi riguarda, l’idea della cittadinanza a punti del ministro Sacconi mi pare interessante».

    Rutelli ha proposto a Fini di rompere con il Pdl e partecipare alla costruzione del nuovo Centro.

    «Non bisogna bruciare i tempi. Sono convinto che ognuno debba tessere la propria tela, poi chi avrà più filo prevarrà. Il nostro compito non è approfondire le contraddizioni tra Berlusconi e Fini, ma proporre con forza ed equilibrio i temi di un’Italia più moderna, più unita, più solidale, più efficiente. Coltivare l’illusione della caduta del governo per un colpo di mano è un’idiozia. Così come è stupido rifugiarsi nell’antiberlusconismo: dopo la piazza viola di sabato scorso e la deposizione di Spatuzza credo che Berlusconi sia più forte, non più debole».

    Sembra un paradosso il suo.

    «Ma non lo è. La spallata è solo una fuga dalla realtà. Mentre invece la crisi di Berlusconi si manifesta quotidianamente nell’incapacità di governare i processi reali. Guardiamo la legge finanziaria: non c’è nulla per le piccole e medie imprese (salvo la conferma degli ammortizzatori sociali), non c’è nulla di quanto promesso alle famiglie. Tutti i Paesi aggrediscono la crisi. Noi tiriamo a campare sperando che la tempesti passi da sola. Compito di un’opposizione responsabile ed efficace è mostrare al Paese queste contraddizioni e indicare vie diverse. È l’opposizione che fa più male al governo».

    Ma qual è il destino dell’Udc? Una formazione inedita, con personalità di provenienza diversa, sul modello del Kadima israeliano oppure un Centro di ispirazione cristiana?

    «L’ho già detto: non vorrei più usare la parola Centro...
    È il momento per ciascuno di noi di liberarci del retaggio ideologico del ventesimo secolo. E di sfidarci sui contenuti nuovi, senza nostalgie. Per questo ho parlato del nostro progetto come di un Partito della Nazione».

    Si chiamerà così?

    «Forse il nome sarà diverso. Ma spero di aver chiarito il senso: politica per noi oggi è ridare slancio un Paese in difficoltà, suscitare un nuovo orgoglio di essere italiani, premiare merito, giovani, innovazione, ricerca, declinare in chiave di modernità l’interesse nazionale. Si può fare questo solo dando una nuova rappresentanza all’Italia moderna e moderata. Fermo restando che alcuni valori di riferimento della nostra identità cristiana restano pilastri sui quali possono riconoscersi credenti e non credenti».

    Che giudizio si è fatto della deposizione di Gaspare Spatuzza?

    «Da cittadino non mi ha convinto. Da politico, ovviamente, penso che i magistrati debbano valutare con serietà e rigore. I pentiti sono delinquenti, non monaci. Ma le loro deposizioni hanno dato frutti importanti nella lotta alle mafie: dunque, toglierei la legge sui pentiti dall’elenco delle riforme prioritarie».

    Fin dove arriva la disponibilità dell’Udc sulle recenti proposte di Berlusconi in tema di giustizia?

    «Prima la giustizia smetterà di essere terreno di scontro, meglio sarà per il Paese. Noi con coraggio, visto che siamo all’opposizione, abbiamo cercato di dare una mano per evitare che nello scontro si sfasci anche l’intero sistema».

    Avete proposto una mediazione sul legittimo impedimento, che Berlusconi ha in buona parte modificato. E nel frattempo ha tenuto in campo il suo progetto sul processo breve.

    «Dopo il ddl sul processo breve, un progetto che produrrebbe disastri per il nostro ordinamento, abbiamo fatte proposte per ridurre il danno. In politica a volte il meglio è nemico del bene. Resta la nostra contrarietà ad applicare ai processi in corso le norme-tagliola che vuole Berlusconi. Tuttavia siamo disposti ad affrontare il tema della tutela del premier nello svolgimento del suo mandato: ovviamente non nella nuova formulazione, ma in quella proposta da Vietti. Naturalmente, la disponibilità dell’Udc vale solo se la legge sul processo breve viene abbandonata dalla maggioranza».

    Sta dicendo che se Berlusconi continuasse nel doppio binario, si interromperebbe il dialogo con l’Udc?

    «Chi sta in Parlamento non smette di dialogare. Ma, se Berlusconi insisterà sul processo breve, vorrà dire che farà tutto da solo. Noi ci opporremo. E, secondo me, finirà di nuovo in un vicolo cieco».

    Cosa farete invece sul lodo Alfano in versione legge costituzionale?

    «Ci astenemmo già sul lodo Alfano. Di fronte ad un ddl costituzionale sulla temporanea tutela delle alte cariche dello Stato non potremmo che discuterne».

    Lei crede che il confronto bipartisan sulle riforme, avviato in questi giorni in Senato, darà finalmente quei frutti che sono mancati nei quindici anni passati?

    «In Senato speravo che si arrivasse ad una vera convergenza, sia pure su documenti di indirizzo. Invece la montagna ha partorito di nuovo un topolino. Per noi dare una mano alle riforme resta un imperativo morale. E non verremo meno all’impegno, sempreché non torni nel Pdl e nel Pd la tentazione di costruire un sistema che tagli fuori gli altri competitori».

    Onorevole Casini, cosa pensa delle prime settimane di Bersani come segretario del Pd?

    «Bersani è una persona seria e per bene. Se fossero tutti Bersani, sarebbe facile un accordo con il Pd. Invece quel partito ha nel suo codice genetico un assemblaggio di idee e di umori così diversi da paralizzarne spesso l’azione. Per questo il Pd si trova ora in balia di Di Pietro, ora della piazza viola, ora delle spinte massimaliste della sinistra. E non sempre riesce ad esprimersi in autonomia».

    Intanto, dopo l’iniziativa di Rutelli, avete accolto nelle vostre file anche Dorina Bianchi, proveniente dal Pd.

    «Rispetto il travaglio dei partiti. Ma non posso certo fermare chi in questi giorni sceglie di venire da noi. Non c’è nulla di ostile: è il bipartitismo che sta andando definitivamente in crisi».

    Sono ancora possibili alleanze Pd-Udc in qualche Regione?

    «Da forza di opposizione quale siamo, abbiamo dato disponibilità ad alleanze periferiche con la sinistra. Ma siccome non siamo un partito trasformista chiediamo alcune discontinuità, sui programmi e sugli uomini. L’alleanza con l’Udc è possibile a fronte di chiare innovazioni. Vedo che Bersani ha difficoltà, che ci sono personalismi che bloccano il Pd. A noi però nessuno può chiederci di fare numero per battere Berlusconi. Peraltro è lo stesso argomento che Berlusconi usa con noi: venite con noi per battere la sinistra. La nostra politica invece è uscire dallo schema duale Berlusconi-antiBerlusconi».

    Sulla finanziaria però la vostra opposizione al governo è piena.

    «E ci mancherebbe altro. Il governo ha persino impedito il confronto sugli emendamenti in commissione perché ha paura dei contrasti in seno alla maggioranza. Al Pd però chiedo ora di ridurre gli emendamenti in aula all’essenziale per non dare alibi al governo sulla fiducia e sfidarli in votazioni che Pdl e Lega mostrano di temere».

    Fonte: Il Messaggero - Claudio Sardo | vai alla pagina

    Argomenti: immigrazione, finanziaria, alleanze, casini con berlusconi, Lega Nord, lodo Alfano, Cei, Chiesa Cattolica, spatuzza | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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