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«Finanziaria con lo scippo del Tfr». «È pur sempre una sottrazione di risorse dei lavoratori, utilizzate per altre finalità»
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(09 dicembre 2009) - fonte: La Repubblica - Roberto Mania - inserita il 10 dicembre 2009 da 31
È un "tesoretto" tra i 5 e i 6 miliardi di euro che appartiene ai lavoratori ma che, fin da quando è nato, fa gola a tutti i governi, dell´una e dell´altra parte. Deve servire per pagare le liquidazioni di chi cambia lavoro, di chi lo perde o di chi va in pensione.È il Fondo della Tesoreria dello Stato gestito dall´Inps e alimentato dagli accantonamenti del Tfr (il trattamento di fine rapporto) dei lavoratori che non hanno scelto di aderire alla previdenza integrativa e che sono dipendenti di aziende con almeno 50 dipendenti.
Ma, con «una mossa da dottor Stranamore», come l´ha definita ieri il vicepresidente della Commissione Lavoro della Camera, Giuliano Cazzola (Pdl), il ministro dell´Economia, Giulio Tremonti, ha deciso di finanziarci, "prelevando" circa 3,1 miliardi, un pezzo della sua manovra economica, soprattutto il "patto per la salute", ma non solo.
Un prestito forzoso da parte di quei tre milioni di lavoratori delle imprese con almeno 50 dipendenti che, scettici davanti alle sirene dei fondi integrativi e delle virtù dei mercati finanziari, hanno conservato il vecchio Tfr. Questo è un debito futuro per lo Stato. E quella di Tremonti una mossa da contabilità creativa che - va precisato - non mette a rischio il pagamento delle liquidazioni. Piuttosto pone le premesse per un futuro incremento delle tasse per onorare il debito contratto.
Ammette Stefano Saglia, sottosegretario allo Sviluppo economico: «È pur sempre una sottrazione di risorse dei lavoratori, utilizzate per altre finalità».
D´altra parte Saglia e Cazzola avevano presentato alla Camera un ordine del giorno per lasciare per un anno il Tfr nella disponibilità delle aziende in crisi e con grandi difficoltà nell´accedere al credito bancario.Rispose Tremonti: così saltano le finanze pubbliche.
Quel Fondo è frutto di una riforma (quella del Tfr) nata male, bloccata da mille lobby, appesantita da una montagna di interessi e dai tanti compromessi che via via si sono definiti. Una riforma che, infatti, ha anche diviso il mercato del lavoro: da una parte i dipendenti delle aziende con almeno 50 dipendenti, dall´altra i lavoratori delle piccole imprese.Queste ultime si sono tenute il Tfr (circa 8 miliardi di euro l´anno contro gli oltre 13 complessivi) per autofinanziarsi a tassi molto vantaggiosi, le altre sono costrette a versarlo all´Inps. Anche per questo ben il 78 per cento degli iscritti ai fondi negoziali sono dipendenti delle imprese più grandi e il 65 per cento risiede la nord.
All´origine il governo di centro sinistra (con Tommaso Padoa-Schioppa all´Economia e Cesare Damiano al Welfare) immaginò di dirottare al Fondo il 50 per cento del Tfr cosiddetto "inoptato", poi ci fu la ribellione delle piccole imprese (sono oltre il 95 per cento del nostro sistema) e si raggiunse il compromesso: la misura interesserà solo le imprese con più di 49 dipendenti con una serie di compensazioni.
L´operazione fu "cifrata" nella Finanziaria 2007 con circa 6 miliardi e l´indicazione degli investimenti che si puntava a finanziare con il Fondo della Tesoreria: dall´alta velocità al contratto di servizio con le Ferrovie; dal fondo per la finanza d´impresa al piano Industria 2015.
Un´impostazione che già allora, per quanto riguardasse gli investimenti in infrastrutture e non il finanziamento di spesa corrente, sollevò molti dubbi tra gli addetti ai lavori e gli economisti.
Dal centrodestra si arrivò a gridare allo «scippo del Tfr».Oggi protesta la Cgil, tace la Cisl, mentre il leader della Uil, Luigi Angeletti, sostiene che la questione «non è rilevantissima». La colpa, in ogni caso, «è di una inadeguata campagna a favore della previdenza integrativa».
Tace pure la Confindustria di Emma Marcegaglia che all´inizio dell´anno aveva chiesto che per un anno il Tfr restasse nelle aziende.
Per Tremonti, invece, non si poteva chiedere ai lavoratori «di aver il posto a rischio e anche il Tfr». Eppure anche il governatore della Banca d´Italia, Mario Draghi, in chiave anticrisi propose «una temporanea sospensione dell´obbligo di versare all´Inps le quote di Tfr non destinato a fondi pensione». Senza effetti negativi - spiegò - sulla «posizione patrimoniale netta dello Stato».
Ma ora - dicono i ministri - la crisi sta passando. E bisogna finanziare il maxi-emendamento da 200 commi di una Finanziaria nata light.
Fonte: La Repubblica - Roberto Mania | vai alla pagina » Segnala errori / abusi