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«Il Pdl pagherà la svendita del Veneto» - INTERVISTA
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(02 gennaio 2010) - fonte: Il Gazzettino - Antonio Liviero - inserita il 02 gennaio 2010 da 31
Capodanno a Roma per Pier Ferdinando Casini. Brindisi in famiglia. Il leader dell’Udc assicura di non essere stato nemmeno sfiorato dalla politica al momento di esprimere i desideri per il nuovo anno: «In circostanza come queste il pensiero è sempre rivolto alla salute e alla serenità dei propri cari» dice. Ma era inevitabile che nel corso della giornata l’attenzione andasse alla difficile partita delle alleanze per le regionali.Con il Pd, onorevole, è più dura del previsto.
«Perchè all’interno della sinistra è in atto una guerra senza esclusione di colpi. C’è chi lavora per collocare definitivamente il partito in un’area riformista. Ma anche chi, dalla Puglia al Lazio, contesta fortemente la svolta di Bersani. E sarebbe pronto a utilizzare una sconfitta alle regionali per liquidare la sua segreteria».
In Veneto invece situazione capovolta: il centrosinistra è pronto all’alleanza. Gli incerti siete voi.
«Non basta dire che si vuole una cosa. Bisogna porre le condizioni perchè sia fattibile. E le condizioni non sempre ci sono».
Ma la farete o no l’alleanza col Pd?
«L’Udc presenterà un programma. Ed è da lì che partiremo per vedere se ci sono delle sintonie e possibili convergenze. A cominciare dall’area rappresentata dalle liste civiche. Ma sia chiaro che non si possono fare sconti».
In che senso?
«Nel senso che noi abbiamo una storia che in Veneto è molto diversa da quella del Pd. E poi bisogna vedere di quale Pd si parla. Quello di Cacciari o quello di altri? Diciamo che la situazione è in fieri. Ma per ora il nostro punto fermo è la candidatura di De Poli. Poi vedremo».
Candidatura blindata o saranno possibili ripensamenti?
«Nessun ripensamento, anche perchè ad Antonio abbiamo chiesto un sacrificio. E accettando di candidarsi si è assunto delle responsabilità onerose per dire che il Veneto deve andare ai veneti. Del resto è noto a tutti che la nostra prima proposta è stata quella di Galan. Il suo passo indietro ci impone ora di metterci in corsa».
Deluso dalla scelta del governatore?
«Galan è un amico e lo rispetto. Sul piano umano comprendiamo i suoi sentimenti: è nato politicamente con Berlusconi ed è rimasto con lui».
Sul piano politico invece?
«L’impressione è negativa. Ha chinato la testa alla logica padronale di Bossi e Berlusconi. E la svendita del Nord la pagherà soprattutto il Pdl, perchè la Lega si gonfierà a dismisura a scapito degli alleati. Peccato perchè quello che diceva Galan sul Veneto è la piattaforma programmatica di una candidatura alternativa alla Lega».
E diventerà il vostro manifesto elettorale?
«In un certo senso è già fatto. Basta prendere le interviste che Galan ha rilasciato al Corriere della Sera e al Gazzettino e aggiungere poco altro. La necessità di un’alternativa è chiarissima».
Non le sembra di ridurre la Lega a una caricatura?
«Ho rispetto per la Lega. So che interpreta stati d’animo che esistono nel Nord. Però so anche che il compito della politica non è di amplificare gli stati d’animo ma di guidare il Paese. Il compito di un presidente di Regione non è di spiegare che si sentiranno i cittadini sulle centrali nucleari o sulle opere pubbliche, ma di dire che cosa vuol fare lui. E su questo assumersi le responsabilità ed essere giudicato».
Sulla sicurezza però le proposte le fanno.
«Quello che ho detto vale anche per gli extracomunutari.
Sappiamno tutti che nel Nordest sono necessari. Ma c’è chi applica una doppia morale: li vorrebbe vedere al lavoro di giorno e poi farli sparire di notte. Si amplificano le paure, magari spiegando che le ronde risolveranno i problemi, quando poi le ronde non ci sono...».Ma agli elettori come giustificherete tutto questo dopo essere stati a lungo con i leghisti al governo del Veneto?
«Un conto è stare in un gioco in cui la Lega è uno dei partecipanti, un altro se è lei a condurlo. Purtroppo questa deriva è iniziata alle elezioni politiche. Ed è solo per un patto di lealtà con gli elettori che siamo rimasti in giunta».
Vi accusano di trasformismo per le vostre alleanze a macchia di leopardo.
«Che qualcuno mi possa accusare di trasformismo non mi fa nemmeno arrabbiare. Mi fa ridere. Se volessimo fare una scelta di comodo, sarebbe quella che abbiamo rifiutato due anni fa. Tutti sanno che Berlusconi un bel ministero me l’avrebbe dato. La nostra invece è una scelta chiara. Evitiamo alleanze omogenee perchè non vogliamo arruolarci né nel Pd né nel Pdl. Abbiamo un progetto per il futuro».
Ma dopo le regionali con chi lo porterà avanti questo suo piano per lo scardinamento del sistema bipolare?
«Non bisogna avere fretta ma seminare, costruire ponti. Oggi il fronte riformista in Parlamento c’è. Perchè il Pd di Bersani o gran parte del Pdl assieme a noi possono essere disponibili a un disegno riformatore».
Nel frattempo altre riforme.
«E non solo quelle che riguardano la giustizia. C’è una questione sociale che interpella il Paese. Nella grande impresa i lavoratori sono tutelati ma nelle piccole aziende è diverso. Servono ammortizzatori sociali. E poi vanno superati gli studi di settore, uno strumento del tutto inadeguato in tempi di crisi. Bisogna tornare a parlare del quoziente familiare, perchè le famiglie scivolano nella povertà. Su questi temi credo che maggioranza e opposizione possano cominciare a discutere assieme. E i cattolici debbano essere in prima fila».
Napolitano nel suo messaggio ne ha valorizzato il ruolo.
«E’ molto importante che ci sia stato un riconoscimento da parte sua. Il mondo cattolico non è un impiccio per la comunità nazionale ma una grande risorsa. E Napolitano lo ha riconosciuto in modo molto laico e pragmatico».
Fonte: Il Gazzettino - Antonio Liviero | vai alla pagina » Segnala errori / abusi