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Dichiarazione di Renato BRUNETTA

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI)  -  Ministro  PA e innovazione (Partito: PdL) 


 

Brunetta: «Non si andrà al voto. I finiani torneranno indietro» - INTERVISTA

  • (15 agosto 2010) - fonte: Il Corriere della Sera - Aldo Cazzullo - inserita il 15 agosto 2010 da 2528

    Ministro Brunetta, cosa ci aspetta dopo ferragosto?

    «Finalmente l'economia comincia a tirare. Produzione industriale in crescita tumultuosa, export a due cifre, disoccupazione in calo. Tutto questo è avvenuto senza crisi sociale, senza crisi del sistema bancario, senza la temuta desertificazione imprenditoriale; anzi, con una buona tenuta del potere d'acquisto delle famiglie e una perfetta tenuta del welfare».

    Le valutazioni degli imprenditori sono molto meno ottimiste.

    «Io non esprimo valutazioni; cito dati incontrovertibili. Il Pil del 2010 viaggia verso l'1,5%, quello dell'anno prossimo tra l'1,5 e il 2%. La ripartenza della locomotiva tedesca rappresenta una sicurezza. E' la fine del tunnel. E bisogna dire grazie alle famiglie italiane risparmiose, alle imprese capaci di ristrutturarsi, e un po' anche al governo, che ha condotto la nave in mezzo alla burrasca. Per questo Montezemolo e compagni sono quanto meno ingenerosi. E non aggiungo altro».

    Montezemolo, e non solo lui, vi rimprovera le riforme che non avete fatto.

    «E invece le riforme fatte cominciano a dare i loro frutti. La riforma della pubblica amministrazione. La riforma del federalismo, con la cedolare secca sugli affitti, che ha reso più tranquilli i comuni. La riforma del bilancio che evita gli assalti alla diligenza. La riforma delle "public utilities", con i regolamenti che consentono di privatizzare e liberalizzare. Abbiamo avviato le riforme della giustizia, della scuola, dell'università, del welfare pensionistico. E poi la semplificazione amministrativa e legislativa».

    Eppure la maggioranza è divisa da una crisi gravissima.

    «E io mi chiedo: non è che tutto quanto sta succedendo non sia altro che il precipitare della reazione conservatrice? La reazione di tutti quelli che il cambiamento non lo vogliono? Perché, pur tra qualche errore, qui le cose cominciano a cambiare davvero. Funziona la lotta alla criminalità organizzata. Funziona la lotta all'evasione fiscale. Le riforme sono in atto; possono piacere o no, ma sono in atto. Sedicenti governi di transizione, di salute pubblica, di salvezza nazionale o qualsiasi altra formula ipocrita e politichese, non sarebbero altro che il blocco delle riforme».

    Ma se venisse meno questa maggioranza la Costituzione impone di cercarne un'altra.

    «Se cadesse questo governo e gli succedesse qualsiasi governicchio da palude parlamentare che durasse qualche mese, il risultato certo e immediato sarebbe la marcia indietro della riforma della pubblica amministrazione, la marcia indietro del federalismo fiscale, la marcia indietro del rigore di bilancio, la marcia indietro su scuola, università, public utilities. Ne sarebbero felici i fannulloni. Gli enti pubblici spreconi cui Tremonti, sia pure con qualche rigidità degna di miglior causa, ha tagliato le unghie. I soviet locali di luce, acqua, gas, trasporti, spazzatura. I sindacati dei "todos caballeros", delle assunzioni facili senza concorso, della Fiom antimercato e anticompetizione. I falsi invalidi. E i tanti partiti della spesa pubblica sprecona e irresponsabile».

    Tra un po' dirà che ne sarebbe felice anche la mafia...

    «Non lo dico perché non voglio offendere nessuno. Ma due più due fa quattro».

    Come se ne esce allora?

    «Da una parte c'è il governo, che finora ha avuto il consenso degli italiani. Dall'altra parte c'è un'opposizione impotente, indecisa a tutto ma ferocemente conservatrice. In mezzo, una melassa opportunista, terzopolista, anch'essa conservatrice. Chi vincerà questa partita? Non solo chi riesce ad avere la fiducia in parlamento; soprattutto, chi riesce a parlare al paese. Il passaggio parlamentare è ineludibile. Si portino i quattro punti a Camera e Senato, con comunicazione del presidente e dell'intero governo, su cui approntare una mozione di fiducia: una sorta di nuovo inizio, anche dal punto di vista formale; come quando si vota la fiducia a inizio legislatura. Però il passaggio parlamentare non basta».

    Cos'altro occorre?

    «Rivolgersi agli italiani. Chiediamo al Paese: queste cose che abbiamo fatto sono chiare? Le vuoi? Il premier deve parlare non solo al Parlamento, ma al Paese. Diremo: questo è ciò che abbiamo fatto; se vince la conservazione, tutto questo si interrompe. Sarebbe una sorta di fiducia parallela, un determinante uno-due. Una fiducia popolare da chiedere come si fa nelle campagne elettorali, anche se non ci sarà la campagna elettorale. Se il Paese risponderà di sì, questo non potrà non influire».

    Ma in che modo far esprimere il Paese, se non con il voto? Con le manifestazioni?

    «In tutte le forme democratiche, da grandi conferenze che il premier e i ministri potranno fare in tutta Italia, a manifestazioni di consenso al governo. Da quando mai le manifestazioni sono fatti non democratici?».

    Ma secondo lei ci sarà il voto anticipato?

    «No. La mia consapevolezza è che la forza delle cose fatte parla in modo altrettanto chiaro alla maggioranza e al Paese. E la doppia forza porta a proseguire. Non vedo chi eletto nei partiti di maggioranza possa disconoscere le riforme, e sulla base di quale argomentazione».

    Questo significa che secondo lei i finiani, o almeno una parte, torneranno indietro?

    «Assolutamente sì. Chi si assume la responsabilità di troncare il cambiamento? Tutto si tiene. Questa grande operazione-verità nel Parlamento e nel Paese farà sì che si possa riassorbire la crisi. Ma anche se la crisi, per ragioni puramente di potere, non venisse riassorbita, la soluzione verrebbe parimente indicata nel Paese. Se il Paese dice a gran forza "vogliamo continuare", e il Parlamento risponde di no, viene sciolto il Parlamento, non il Paese».

    E si vota con questa legge elettorale?

    «Chi la cambia? La melassa? La minoranza? Se chiedessimo all'opposizione quale legge elettorale vuole, non saprebbe individuarne una. In realtà, la legge elettorale è l'espressione della volontà della maggioranza, incarnata nel bene e nel male dagli eletti. Se una maggioranza non voluta dalla gente la cambiasse, sarebbe l'equivalente di un golpe».

    Fini deve dimettersi?

    «Non mi sono mai posto questo problema. Ma ho un'immagine di tipo tradizionale dei presidenti di Camera e Senato, come super partes, garanti dell'attività del Parlamento. Come si fa a pensare a chi sta seduto sullo scranno più alto come a un capopartito, in contrasto con la maggioranza che l'ha eletto?».

    Quando parla degli errori della maggioranza si riferisce anche alla casa di Scajola e al caso Brancher? Non c'è un problema di legalità nel Pdl?

    «Il governo ha dovuto affrontare una serie di attacchi esterni che avrebbero stroncato un toro. E tutto è cominciato dopo Onna. L'insieme delle campagne mediatiche è stato avviato, scientificamente o approfittando di occasioni, dopo il 25 aprile 2009, dopo quel discorso di Onna che rappresenta il più alto livello di consenso per Berlusconi, con apprezzamenti anche a sinistra. Da quel momento si scatena l'ira di Dio contro il premier. Io non sono un dietrologo. Non penso che ci siano sempre i burattinai. Ma una sequenza di questo genere mi fa dubitare delle mie convinzioni».

    Fonte: Il Corriere della Sera - Aldo Cazzullo | vai alla pagina

    Argomenti: legge elettorale, pubblica amministrazione, federalismo fiscale, voto anticipato, riforme, Governo Berlusconi, Gianfranco Fini, crisi economica, golpe, crisi di governo | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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Commenti (2)

  • Inserito il 16 agosto 2010 da 31
    La legge elettorale potrebbe essere già stata cambiata da tempo con tonnellate di schede sottoscritte dai cittadini nel 2007. Firme raccolte prima della nascita del Pd, col comitato promotore di Segni e Guzzetta. Era l'anno del libro di Stella "La Casta" e, mentre firmava, la gente già parlava di trasversalismo. Ma, a quanto pare, è stato deciso che sia ora il tempo per questo nuovo (?) dibattito politico. Allora c'è da chiedersi di quanto sia avanti la gente rispetto alla politica di palazzo. In tutti i modi, le firme erano troppe e il referendum fu convalidato. Erano tre quesiti, ma erano stati sottoscritti da chi la politica la faceva per passione. Poi, al momento giusto, nel giugno 2009, la volontà dei cittadini la fecero tacere i media. Lo stesso Tg3 (non parliamo di altre testate) intervistò Segni alla fine di tutti i politici intervenuti. Tutta gente che fino ad allora non aveva alzato un dito. Guzzetta, disgustato, disertò l'intervista prima della fine. Eppoi, incredibile ma vero, ci si lamentò pure dello scollamento tra palazzo e cittadini! Il deterioramento del sistema era già cominciato da tempo. Non serviva nessun politologo. Sarebbe bastato scendere in strada e chiedere ad un paio di persone cosa avrebbero fatto o, meglio, di cosa stavano già disinteressandosi...
  • Inserito il 15 agosto 2010 da 2528
    Un commento degli economisti di Noise From AmeriKa alle affermazione di Brunetta sulla ripresa economica

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