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Dichiarazione di Antonio POLITO


 

Se potessi avere un Parlamento degno del nome.

  • (11 settembre 2010) - fonte: Il Riformista - Antonio Polito - inserita il 12 settembre 2010 da 31

    Per quanto si possa dubitare della salute mentale degli italiani che hanno risposto al sondaggio di Ipr Marketing sul sistema elettorale preferito, dimostrando così un malsano interesse e una impossibile consapevolezza circa le differenze tra sistema tedesco e francese, tra Mattarellum e Porcellum, il risultato è clamoroso: il 41% degli intervistati preferisce il tedesco, cioè il proporzionale con sbarramento. Proprio il sistema che viene accusato di togliere al popolo il potere di scegliere i governi e di metterlo nelle mani dei partiti.

    Il fatto è che non c'è bisogno di essere sopraffini costituzionalisti per comprendere due semplici verità. La prima è che il sistema attuale ha fatto del Parlamento una burla, una dependance dove i leader ospitano i loro nani e loro ballerine. La seconda verità è che gli italiani a un parlamento degno di questo nome ci tengono ancora, e non è affatto vero che a loro basti avere un governo, come si è detto e lasciato credere in tutti questi anni.

    La vulgata della Seconda Repubblica, infatti, e forse il suo stesso fondamento politico, è che il Parlamento ha rotto i coglioni; tutti questi partiti, tutte queste chiacchiere, questi voti segreti o palesi, questi franchi tiratori, queste maggioranze che vanno e vengono. A che ci serve tutta questa paccottiglia del XX secolo? La democrazia è essenzialmente governo. Le democrazie moderne si basano sulla forza degli esecutivi. Più che parlare, ci serve il fare. Il parlamento, come l'intendenza, seguirà.
    E invece che cosa è successo nella disgraziata Italia della Seconda Repubblica?

    Nella Seconda Repubblica succede che governi fortissimi, forgiati da leggi elettorali maggioritarie come nessun'altra al mondo, dotati delle maggioranze numeriche più vaste della storia repubblicana, finiscono in crisi dopo appena due anni, ridotti a cercarsi con affanno una dozzina di ascari disposti a cambiare casacca pur di tenerli in piedi. Al punto che la seconda la legislatura di seguito rischia di finire prima ancora di essere arrivata a metà del cammin della sua vita.

    Il risultato del sondaggio, allora, appare un po' meno clamoroso: si vede che gli italiani se ne sono accorti. E se dicono «tedesco» non è perché sappiano che cosa sia la «sfiducia costruttiva», ma solo perché hanno capito che il «tedesco» è il modello più lontano da quello che c'è adesso (il Porcellum è arrivato ultimo nelle preferenze degli italiani, con un misero 12%).

    Polemizzando con Gianfranco Fini, qualche giorno fa sul Corriere, Angelo Panebianco affermava che la storia delle democrazie parlamentari è sempre fatta di parlamenti deboli e governi forti, o di governi forti e parlamenti deboli.

    Tertium non datur. Con tutto il rispetto, ho l'impressione che il professor Panebianco si sia lasciato troppo condizionare dallo spettacolo del regime parlamentare italiano. Ci sono infatti alcuni eccellenti esempi di sistemi temperati e virtuosi, fatti di governi forti e di parlamenti forti. Cito per esempio Westminster, madre di tutti i parlamenti.

    È infatti indiscutibile che a Londra il premier sia pressocchè onnipotente. I costituzionalisti inglesi ne parlano come di una sorta di «dittatore democratico», che fissa a suo piacimento l'agenda del parlamento scrivendo il discorso della Regina e che non è sottoponibile neanche all'impeachment, come invece può capitare al povero presidente americano. Eppure, in questo sistema a esecutivo non forte, ma fortissimo, i governi hanno paura del parlamento.

    Nei dieci anni laburisti, i gabinetti Blair e Brown hanno per esempio costantemente avuto nella loro maggioranza una spina nel fianco di trenta-quaranta parlamentari (più o meno il numero dei finiani) che da sinistra votava contro le riforme più radicali in materia di welfare o di politica estera. Ha mai Blair proposto lo scioglimento della Camera dei Comuni per risolvere questo problema? Mai. Ha trattato coi ribelli, edulcorando provvedimenti e ritirandone altri, pur di non andare sotto? Sempre. È questo sintomo di parlamento forte? Sì. Ha reso il governo di Sua Maestà più debole? Non tanto. Senza aggiungere che nella patria del maggioritario è stato appena varato un governo di coalizione, dunque eletto dal parlamento e non dagli elettori. Una vera e propria eresia per i bipolaristi italiani.

    Lo stesso dicasi per il parlamento tedesco. Non che i poteri del Kanzler o della Kanzlerin siano scarsi. Tutt'altro. Eppure Schroeder è andato avanti per anni contrattando ogni legge con la Camera dei Laender dove spesso non aveva la maggioranza, o con il Bundestag dove nel secondo mandato aveva due o tre voti di maggioranza. Tralascio ovviamente i sistemi presidenziali perché è noto che il più celebre tra quelli, il modello statunitense, esibisce quello che è forse il parlamento più forte di tutte le democrazie del mondo.

    Nel sondaggio di Ipr Marketing, dunque, c'è questo di buono: che la prossima volta che qualcuno propugnerà il sistema tedesco come un modello perseguibile anche da noi, non dovrà farlo vergognandosene e sottovoce, per evitare di essere sommerso dagli insulti di chi l'accusa di voler tradire la «sovranità popolare» a favore della sovranità del parlamento.

    Ho l'impressione, infatti, che anche il popolo italiano, dopo tanta sbornia decisionista, dopo tanta enfasi sui poteri del governo, e di fronte ai risultati di questa presunta «democrazia decidente», stia rimpiangendo un parlamento degno di questo nome. Tanto un sistena più inefficiente e meno decisionista di questo è impossibile immaginarlo.

    Fonte: Il Riformista - Antonio Polito | vai alla pagina

    Argomenti: legge elettorale, parlamento, sistema tedesco, seconda repubblica, sondaggi, porcellum | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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