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Dichiarazione di Andrea BOSSI

Alla data della dichiarazione: Consigliere  Consiglio Comunale Casalpusterlengo (LO) (Lista di elezione: LISTA CIVICA) 


 

Sui servizi sociali l’amministrazione ha preso decisioni sbagliate.

  • (13 settembre 2010) - fonte: Sito dei Gd del lodigiano - inserita il 27 luglio 2011 da 20747
    come molti di voi, anche io ho appreso dalle pagine del Cittadino la scelta dell’amministrazione di Casalpusterlengo di promuovere un nuovo regolamento inerente all’erogazione dei contributi comunali. Le parole che hanno accompagnato i primi passi della misura non sollevano solo perplessità ma presentano alla cittadinanza una scorretta immagine di comunità cittadina. A testimonianza di tutto ciò campeggiano anche le considerazioni in merito al decremento dei contributi economici erogati dai servizi sociali del Sindaco Parmesani, dell’assessore Bruschi e del segretario provinciale della Lega Nord Guidesi. Le motivazioni addotte, tutte riconducibili all’esigenza di evitare la presenza di furbetti in cerca di facili rendite, innanzitutto intaccano la necessaria sensibilità che dovremmo mantenere nei confronti dei difficili contesti personali, propri di coloro che si rivolgono ai servizi sociali. Quando si è attanagliati dal bisogno non è così semplice chiedere e manifestare di conseguenza una propria incapacità. Inculcare nella testa dei casalini l’idea dell’esistenza di un esercito di furbetti, pronti a far man bassa dei contributi comunali a discapito dei cittadini onesti, oltre ad essere completamente falsa è anche portatrice di un pericoloso messaggio culturale che innesca diffidenza, competizione sui disagi e fiacca con ulteriore ed ingiusta vergogna la dignità di chi si trova nel bisogno. Ma le parole degli esponenti leghisti mancano anche di rispetto al personale amministrativo, al suo difficile lavoro e alla sua professionalità al servizio del bene comune e dunque non soggetta alle dinamiche politiche. Esse sviliscono il ruolo dei servizi sociali (rafforzatosi in questo periodo di crisi economica) di vero e proprio collante del tessuto sociale. A differenza di quanto rilasciato alla stampa dagli amministratori cittadini, nell’ultimo anno non sono stati programmati dei veri e propri progetti a sostegno delle famiglie: al contrario tutti i servizi comunali a domanda individuale (dalle rette della casa di riposo, all’asilo nido, alle mense scolastiche ecc …) hanno fatto registrare sensibili incrementi tariffari. Tenendo conto del contesto economico attuale e delle pregresse difficoltà di chi richiede tali servizi, tassare sensibilmente i bisogni non è sintomo di responsabilità e coesione. Si innesca così una logica individualista e commerciale dei sevizi che cozza con qualsiasi tradizione di welfare e di politiche positive a favore delle famiglie. L’idea che soggiace a queste scelte, ovvero che sia solo un onere di chi utilizza un servizio pubblico quello di pagare una maggiorazione, fa venire meno la corresponsabilità sociale e la partecipazione collettiva, proporzionale alle proprie risorse, ai bisogni di tutta la città. Stona poi sentir parlare di lassismo e buonismo del centrosinistra quando le misure in materia di sicurezza e di controlli, tema caro alla Lega, sono le stesse messe in campo dalla giunta Pagani nel 2007. Altro snodo controverso è quello che riguarda la concessione degli aiuti sociali esclusivamente alle persone che risiedono nel nostro comune da sette anni. Una previsione discriminatoria il cui fondamento di legittimità è alquanto dubbio. Innanzitutto si inserisce un criterio di differenziazione nella fruizione dei diritti sociali che genera negli abitanti della città la presunzione dell’esistenza di specifiche titolarità, di respiro localistico, per poter accedere alle pubbliche prestazioni. L’idea di cittadinanza che si evince è alquanto distorta. Nessuno può vantare titoli di proprietà sulla città, casalini sono coloro che ogni giorno vivono, lavorano, studiano nel nostro comune, sono coloro che lo animano e frequentano i suoi spazi, indipendentemente dal loro luogo di origine e dal tempo che le vicissitudini dell’esistenza porteranno a trascorrervi. Innanzitutto il diritto ad azionare le prestazioni dei servizi sociali è proprio sia dei cittadini italiani che dei comunitari che degli extracomunitari, tutti debbono accedervi indiscriminatamente. L’art 38 della Costituzione così come l’art 2 della legge 265 del 2000 e l’art 6 della legge regionale n.3 del 2008, sanciscono il carattere universale delle prestazioni sociali, esse, alla stregua dei diritti e delle libertà inviolabili della persona, si riferiscono all’uomo in quanto tale, alla sua personale situazione di difficoltà e di bisogno e non possono ammettere vessatorie differenze basate su criteri temporali o spaziali. Sono convinto che, per comprendere come un bene deve essere elargito occorra risalire alla natura stessa del bene in questione e alle sue caratteristiche intrinseche. Le prestazioni sociali si rifanno a diritti ed esigenze di vita dignitosa necessari per ogni uomo ed ogni donna, per questo ritengo scorretto dare vita a diversità nell’erogazione e a conseguenti competizioni sui bisogni. Il vincolo dei sette anni non colpisce solo gli stranieri, ma discrimina e penalizza le famiglie italiane che, perso il lavoro a causa della crisi economica, si trovano a dover sopravvivere senza risorse adeguate. Famiglie di cassaintegrati e disoccupati che, non risiedono a Casalpusterlengo da sette anni, saranno private illegittimamente del diritto di usufruire degli interventi dei servizi sociali. Più complessa è la situazione degli extracomunitari, già illegittimamente discriminati dell’ordinanza dell’estate 2009 che limita la possibilità di ottenere la residenza nel comune di Casalpusterlengo ai soli stranieri che rientrino in specifiche fasce di reddito. Il collegamento tra le due decisioni amministrative è forte e non casuale; cercherò brevemente di spiegare il mio pensiero. Il diritto alla residenza, nel nostro ordinamento giuridico, è contenuto nella Costituzione (art 2,3,14), nel codice civile (art. 43 ss.), nelle legislazione speciale (D.P.R. 30/05/1989 n223) , nella sentenza 1081/68 della Corte di Cassazione ed è riconosciuto come diritto soggettivo. L’iscrizione nei registri anagrafici è il presupposto imprescindibile per poter beneficiare di tutti i diritti riconosciuti dallo stato sociale. Queste limitazioni di accesso alla residenza e ai servizi sociali, congiunte ai consueti limiti di tempo per il soggiorno in Italia degli stranieri e alle loro fisiologiche difficoltà a stanziarsi abitativamente a causa dell’instabilità occupazionale, acuiscono i casi di difficoltà e di incuria delle problematiche relazionali della città. È paradossale farsi promotori della tranquillità pubblica e dell’integrazione rispettosa se poi non si fa altro che creare linee di divisione, mettendo in condizione subalterna chi già giace in una situazione di svantaggio. Non concedendo la residenza e impedendo l’accesso al sistema dei servizi sociali ad un ampia fetta di stranieri, non si fa altro che inasprire la conflittualità, le problematiche vengono confinate nella sfera dell’ordine pubblico e della sicurezza il quale però dovrebbe concentrarsi solo sulla dimensione patologica dei disagi. Attorno a quest’ultimo punto ruota l’intera opera di psicologia sociale promossa dal centro destra nel suo primo anno di amministrazione: l’abuso di provvedimenti straordinari (le ordinanze del sindaco in materia di sicurezza) ha elevato ad emergenze situazioni di marginale impatto nella vita quotidiana di Casale e ha celato l’assenza di progettualità amministrativa. Nulla di più ci si può attendere in campo sociale dalla Lega, chi fa della propaganda della paura e della conflittualità sociale le principali ragioni del suo consenso non ha alcun interesse a risolvere armonicamente la complessità esistente perché, così facendo, eliminerebbe le sue stesse motivazioni esistenziali. Infine, con rammarico, non posso non segnalare, da cristiano, una certa afonia da parte della comunità cattolica locale di fronte a differenze negate, ad accoglienze contraddittorie, ad intromissioni illegittime nella sfera dei diritti sociali. Come cattolici non credo sia ammissibile una condotta così indolente. Quanto sta accadendo nella nostra città non riguarda solo questioni di politica partitica o di semplici scelte amministrative. Esso è intimamente interconnesso all’idea di società che vogliamo concedere in eredità alle generazioni che verranno; è in gioco il progetto di comunità armoniosa e solidale che può rigenerarsi solo attraverso un più abituale confronto con le condizioni di vita della gente e con una testimonianza sincera e coraggiosa poiché come insegnava Don Milani “con la parola alla gente non si fa nulla. Sul piano divino ci vuole la grazia e sul piano umano ci vuole l’esempio”. Andrea Bossi
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