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“Il progetto, poi le alleanze”
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(24 dicembre 2010) - fonte: Europa - inserita il 24 dicembre 2010 da 31
Obiettivi e parole d’ordine condivise. L’11 dicembre, in piazza San Giovanni, il Partito democratico ha dato una grande prova di determinazione e, soprattutto, di unità. Sono bastate poche ore, però, perché dall’interno tornassero a levarsi molte voci tra di loro contrapposte. Veltroni, ad esempio, è tornato a reclamare un cambiamento di linea politica. Latorre ad auspicare l’ingresso di Vendola nel Pd.Altri hanno espresso critiche e condivisioni alla linea del partito. A scanso di equivoci ribadisco che tutto questo è assolutamente lecito. Ma l’impressione che si ricava è che, ancora una volta, si sia trattato della rimessa in discussione della solita unità di facciata, buona soltanto per una importante manifestazione del Pd. Questo andazzo è pericoloso. Per il partito e, in prospettiva, per il paese. Che, oltre alla crisi economica e occupazionale, deve affrontare una crisi politica e di leadership sempre più grave e dagli sbocchi imprevedibili. Non si tratta, come ho già detto, di imporre il silenzio.
In un partito davvero democratico la libertà di espressione e di critica può essere praticata da chiunque e in qualunque momento. Il problema, però, è quello di affrontare questi argomenti preferibilmente nelle sedi appropriate. Per il Pd l’occasione per una riflessione profonda ci sarà alla direzione nazionale di gennaio.
Bersani ha ragione quando indica al Pd la necessità di avanzare una proposta positiva per avviare una fase nuova nel paese. Dopo quanto è accaduto il 14 dicembre – la sanzione della fine dell’attuale maggioranza di centrodestra – non possiamo sottrarci a questo compito. Abbiamo l’obbligo di indicare una strada per garantire crescita e lavoro e per riformare la repubblica. Non possiamo consentire a questo moncherino di maggioranza di continuare a galleggiare. Dobbiamo portare l’Italia fuori dalle secche nelle quali il berlusconismo l’ha trascinata.
In quest’ottica si è proposta un’apertura, non esclusiva, nei confronti del Terzo polo.Franceschini, in modo ancora più esplicito, alludendo a Fini e Casini, ha parlato di necessità di compiere un pezzo di strada anche con persone e con forze politiche provenienti da storie diverse. La tesi è chiara: siamo in una fase di emergenza democratica acuta e sono necessarie risposte di emergenza. A fronte di questa discussione sulle alleanze io credo, invece,che sia nostro dovere avanzare prima di tutto una proposta politica che parta dai nostri contenuti e dalla nostra identità.
È su di essi e con essi che dobbiamo confrontarci con gli altri partiti di opposizione per un progetto di alleanze. È questa la priorità. La discussione non deve avvenire partendo dalle formule. Ma i contenuti si possono definire solo avendo ben chiaro chi siamo e cosa vogliamo. Devono basarsi su uno sforzo condiviso di compromesso tra le varie anime del Pd che ci consenta di avere una visione politica, alternativa all’attuale maggioranza, che sia credibile per il paese. Questo è il punto. Abbiamo compiuto un grave errore nel nostro passato. Nella costruzione del Pd abbiamo annullato i riferimenti ai valori delle diverse identità costituenti nella convinzione che rappresentassero un ostacolo all’unità del nuovo partito. Questa rimozione ha finito con l’autorizzare ciascun esponente democratico a esprimere le proprie opinioni – talvolta senza senso del limite – come fossero imprescindibili per l’azione politica, dimenticando la necessità di trovare sempre e comunque una sintesi. È ora di voltare pagina.
Non si tratta di ricostruire il Pci o i Ds, la Dc o la Margherita. Non c’è alcun automatismo in tal senso (come taluni, strumentalmente, pretenderebbero).
Identità significa riscoprire i valori fondanti delle nostre storie diverse per proiettarli, oltre i vecchi recinti ideali, in una sintesi nuova. Non si tratta di un discorso astratto. Il momento che stiamo vivendo richiede scelte tempestive e concrete. Definire la nostra identità significa dotarci degli strumenti necessari per operare queste scelte. I temi sono noti. Dobbiamo affrontare questioni urgenti come quelle dell’occupazione, dei diritti, del lavoro, del sistema fiscale, della sostenibilità del welfare.
Servono, su queste (e altre) materie provvedimenti legislativi riformatori. Ma ancora non possediamo la bussola necessaria per orientare la nostra direzione di marcia. Parliamo di economia. Siamo con Keynes o con Friedman e la sua scuola di Chicago? Quale ruolo attribuiamo alla presenza dello stato nell’economia? Parliamo di relazioni industriali e di nuovo patto sociale.
Siamo con Colin Crouch, il teorico della concertazione, o con Mancur Olson, il suo avversario? Se dobbiamo superare il conflitto tra capitale e lavoro, qual è la nostra idea per una sua ricomposizione ? In una parola, quali sono le nostre proposte? Massimo D’Alema ha sostenuto che, da sola, la socialdemocrazia non basta più per affrontare le sfide dell'oggi. Se vuole avere un futuro, deve rassegnarsi ad essere solo una delle componenti delle coalizioni progressiste e, soprattutto, deve trovare strade nuove. Concordo. Ma se questa ricerca vale per qualsiasi identità storica, a maggior ragione deve valere per un partito che assomma in sé valori e tradizioni diverse.
Abbiamo già perso troppo tempo. Dobbiamo iniziare a lavorare subito in questa direzione. Con la più ampia disponibilità al confronto e con la più ferma determinazione di giungere a una sintesi che faccia da guida riconosciuta alla nostra azione futura, senza rimuovere le nostre identità di partenza.
Fonte: Europa | vai alla pagina » Segnala errori / abusi