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Dichiarazione di Romano PRODI


 

«Io e il Colonnello, rapporti dignitosi senza show» - INTERVISTA

  • (23 febbraio 2011) - fonte: Corriere della Sera - Francesco Alberti - inserita il 23 febbraio 2011 da 31

    «Il mio successore lo ha blandito, il ritardo della reazione ai disordini testimonia legami e interessi». «Ho contribuito alla preparazione del Trattato d'amicizia tra Italia e Libia ma non l'ho firmato, ritenendolo inadeguato ai nostri obiettivi». «Gheddafi l'ho sdoganato di fronte all'Europa, ma non sono pentito».

    Romano Prodi conosce bene la tenda di Gheddafi. E la spigolosità del personaggio.
    Fu il Professore, da presidente della commissione Ue, a sdoganare nel 2004 il raìs libico, gettando le basi per la sua prima visita in Europa dopo la fine dell'embargo Onu. E fu ancora il Professore, di sponda con l'allora ministro degli Esteri, Massimo D'Alema, a raggiungere nel 2007 l'intesa con Gheddafi sulla partecipazione di militari italiani a operazioni di pattugliamento a bordo di mezzi navali libici.
    D'altra parte, a conferma di un rapporto intriso di cordialità, basti ricordare che quando nel 2007 si diffuse nelle cancellerie la notizia di un raìs in coma, colpito da ictus, fu Prodi, in quel momento in visita ufficiale a Praga, a telefonargli, smentendo qualsiasi malore: «Gheddafi è nel deserto e gode ottima salute...».

    Professore, un raìs amico di tutti, quindi, a destra come a sinistra?

    «Calma, calma... Non c'è dubbio che sia interesse dell'Italia avere buoni rapporti con la Libia, così come con tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo: ci sono convenienze reciproche, esiste una complementarietà, solo così si ottengono effetti benefici sul medio e lungo periodo. Ma esiste anche un altro aspetto, altrettanto importante: lo stile...».

    Si riferisce al baciamano di Berlusconi a Gheddafi al vertice della Lega araba di un anno fa?

    «Anche, ma la questione è più ampia. È un problema di dignità. Nelle relazioni tra Paesi è fondamentale il modo in cui si gestiscono i rapporti, occorrono equilibrio e reciproco rispetto. E invece il mio successore è sempre andato oltre, ha cercato lo spettacolo, lo show, ha blandito il raìs...».

    Forse non ricorda, Professore, ma in passato Gheddafi si è rivolto a lei chiamandola "fratello"...

    (Risata) «D'accordo, ma quello è un modo arabo di interloquire. Tra noi non c'è mai stato servilismo, non c'è mai stato bisogno di andare oltre quelli che sono i rapporti che si devono avere quando si rappresenta il proprio Paese. Tengo a ricordare che io, pur avendo contribuito alla preparazione del Trattato d'amicizia tra Italia e Libia, non l'ho firmato, ritenendolo inadeguato al raggiungimento dei nostri obiettivi. La verità è che esiste una differenza antropologica tra me e Berlusconi. E anche la lentezza con la quale l'attuale governo ha reagito ai disordini è la conferma dell'intreccio di legami e interessi che si sono venuti a creare. Un errore perché la violenza va condannata sempre e subito».

    Pentito di aver contribuito a sdoganare Gheddafi di fronte all'Europa?

    «No, quella decisione ha contribuito a svelenire il clima nell'area nordafricana, teatro in passato di tentativi di destabilizzazione da parte della Libia».

    Ma si aspettava che l'ex amico Gheddafi tirasse bombe sui manifestanti?

    «Non mi aspettavo nulla di tutto ciò. Non pensavo si potesse arrivare a questo punto. E una situazione che sembra al di fuori di qualsiasi controllo. È veramente angosciante».

    Pretestuose le critiche e i sit-in del Pd contro il governo?

    «Le polemiche ci possono stare. ll punto è un altro: realizzare una politica che guardi all'intero Mediterraneo e su questo occorre uno sforzo bipartisan. Io avevo proposto una banca con consiglieri del Nord e del Sud e università miste, ma dalla Ue non è arrivato un soldo. Anche di questo, oggi, paghiamo lo scotto»

    Nei suoi incontri con Gheddafi parlavate mai di diritti umani?

    In modo diretto no. Se ne accennava, a volte, ma non si metteva niente all'ordine del giorno...».

    E il rais che diceva?

    «Ascoltava».

    Fonte: Corriere della Sera - Francesco Alberti | vai alla pagina

    Argomenti: politica estera, repressione, diritti umani, Libia, Gheddafi | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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