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Dichiarazione di Antonio POLITO


 

Accanimenti legislativi

  • (03 marzo 2011) - fonte: Corriere della Sera \ Sette - inserita il 03 marzo 2011 da 31

    Nell'illusione che la legge possa regolare l'intera gamma dei rapporti umani, il Parlamento italiano si è avviato di nuovo sull'impervio sentiero del testamento biologico.

    Qualche centinaio di politici di professione, preoccupati solo della rielezione e della fedeltà al capo che li può far rieleggere, vorrebbero stabilire in scienza e coscienza dove fissare il confine tra vita e morte, tra diritto alla vita e diritto all'autodeterminazione, tra libertà dell'individuo e responsabilità collettiva. Vengono i brividi solo a pensare a ciò che ne può venir fuori. Questi sono i casi in cui si invidia il sistema anglosassone, basato su tanta common law e poche leggi, convinto che il diritto è qualcosa di più ampio di una legge perché è fatto anche di sentenze, di codici deontologici, di pareri dei comitati etici.

    Colpisce poi che il disegno di legge Calabrò, scritto per impedire il ripetersi di casi come quello di Eluana, taccia completamente sui momenti e sui luoghi in cui questi casi cominciano. Tutti presi a duellare sul se e quando staccare la spina, non ci chiediamo infatti mai se quella spina andava in primo luogo attaccata.

    La gran parte degli stati di coma permanente riguardano infatti giovani che hanno subito un trauma grave, la cui sorte viene decisa in brevi istanti nella prima linea della terapia intensiva dove arrivano moribondi. E' lì che si stabilisce se mettere in funzione quelle macchine che possono tenere in vita per anni i loro corpi peraltro giovani e sani.

    Chiunque si occupi di questa materia sa benissimo che c'è ormai un abuso di rianimazione. Che cioè vengono riportati artificialmente in vita ragazzi che non hanno più alcuna speranza di tornare a una vita cosciente. Non è solo la hybris tecnologica che spinge i medici ad agire cosi, ma anche la pressione di genitori che non accettano di arrendersi subito, e sempre più spesso il timore di cause e denunce che ormai spinge il personale sanitario a tanta inutile medicina preventiva.

    Non cominciare un trattamento di alimentazione e idratazione forzata quando sia evidentemente accanimento terapeutico, lasciare cioè alla morte ciò che è morto, è sempre preferibile che interrompere quel trattamento quando si pratica da anni su un paziente vivo.
    Servirebbero buon senso, fiducia nel medico e dialogo con le famiglie.

    Servirebbero codici deontologici ed etici. Tutto tranne una legge che vuole imbalsamare in un comma la immensa complessità del momento più umano per un essere umano.

    Fonte: Corriere della Sera \ Sette | vai alla pagina

    Argomenti: testamento biologico, diritti del paziente, accanimento terapeutico, autodeterminazione, Eluana Englaro, libertà di scelta | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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