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Dichiarazione di Nichi VENDOLA

Alla data della dichiarazione: Pres. Giunta Regione Puglia (Partito: CEN-SIN(LS.CIVICHE))  - Consigliere Regione Puglia


 

«C'è un'Italia migliore» - INTERVISTA

  • (16 marzo 2011) - fonte: RaiNews24 | Confini - Pierluigi Mele - inserita il 18 marzo 2011 da 31

    Presidente Vendola, Il drammatico terremoto in Giappone ha riportato all’attenzione dell’opinione pubblica italiana, per via della Centrale di Fukushima danneggiatea dal sisma, la questione nucleare. Qual è la sua posizione?

    Credo che la tragedia giapponese debba suscitare in tutto il mondo una vera, e approfondita pausa di riflessione. L’impressione è che tutti i paesi più grandi, più industrializzati vivano il trauma della catastrofe nucleare nella centrale giapponese, davvero come un punto di cesura rispetto al passato. Noi abbiamo visto la lobby nuclearista affidarsi a dei guru, diciamo così “scientifici”, che basavano la loro sicumera e la loro fede nuclearista sulla rievocazione del calcolo probabilistico; bene , in trentadue anni abbiamo avuto nel mondo tre incidenti rilevanti: Three Mile Island nel 1979 negli Usa, nel 1986 a Chernobyl , in Ucraina e oggi a FukuShima in Giappone.
    Siamo dinanzi ad un avventurismo pseudo scientifico figlio delle grandi lobbies economiche che si sono arricchite con il nucleare civile e militare (perché ricordo che il nucleare civile è imparentato al nucleare militare entrambi vivono di segreti , di militarizzazione del territorio e di omertà istituzionali) allora io penso che, mentre il mondo riflette sull’avventura nucleare, non è possibile che l’unico governo che dica “andiamo avanti” sia quello italiano con le parole veramente indecenti del Ministro, per così dire, dell’ambiente Stefania Prestigiacomo e con la svagatezza dei vertici dell’Enel che ci raccomanda di non lasciarsi prendere dall’emotività. Francamente se ci lasciassimo prendere dall’emotività avremmo reazioni, diciamo, ben più robuste di quelle dichiarazioni di rottura radicale su questo fronte. L’Italia non potrà mai accettare un ritorno al nucleare. Noi ci batteremo con ogni mezzo contro questa follia voluta da quella che oggi rischia di apparire soltanto una cricca criminale.

    Ci sono altri avvenimenti importanti e drammatici: riguardano la sponda sud del Mediterraneo. Come giudica il comportamento dell’ Occidente nei confronti della attuale situazione in Libia?

    Noi abbiamo usato la Libia, diciamo, come il nostro docile servitore per i lavori sporchi. Abbiamo affidato alla Libia il compito di costruire dei campi di trattenimento, diciamo degli “universi “concentrazionari in cui tenere rinchiusi migranti, talvolta la sorte di questi migranti la si giocava ai dadi nel deserto, abbiamo coccolato non solo il Rais di Tripoli ma i dittatori di tutto il Nord Africa perché ci faceva comodo questa modalità di esportazione della nostra economia e dei nostri commerci. E’ qui è cascata un po’ l’ipocrisia dell’Occidente, come casca l’asino, perché altrove dovevamo esportare la libertà con i bombardieri e qui abbiamo preferito altro genere di esportazioni non occupandoci della soppressione delle libertà fondamentali in tutti questi Paesi. Per fortuna una nuova generazione, quella che è cresciuta con Internet, è diventata consapevole dei propri diritti ed ha aperto un percorso rivoluzionario in tutto il Mediterraneo, purtroppo questo percorso meriterebbe dall’altra parte del Mediterraneo interlocutori credibili e maturi e non un’Europa esitante tremebonda e un’Italia scopertamente compromessa con gli affari di alcuni di questi dittatori.

    Parliamo delle vicende di casa nostra. Secondo lei l’Italia è ancora sotto l’ipnosi berlusconiana?

    L’Italia vive dentro un clima di censura insopportabile, ed è difficile far vivere la contesa politica quando c’è una specie di falsificazione delle cose che accadono, c’è una manipolazione delle verità, c’è una disinformazione di regime. Se posso fare un esempio le carte della procura di Milano sulla ‘ndrangheta in Lombardia, sulla ‘ndrangheta pesante che controlla il territorio con modalità assai simili alle modalità con cui controlla la Calabria, la n’drangheta che agisce in ospedali importanti come se fosse in Aspromonte o nella Locride, l’a ‘ndrangheta che non viene minimamente contrastata da un apparato di potere che finge di non vedere ciò che tutti possono vedere già da anni, costituisce un grande scandalo nazionale. Se un boss mafioso in un qualunque ospedale pugliese avesse potuto fare le proprie riunioni e scandire i propri ordini, credo che tutta la classe dirigente pugliese sarebbe stata portata presso la “Corte di Cassazione” del Tg1, delle trasmissioni televisive, e invece nulla, un silenzio e un’omertà istituzionale che impressiona. Ecco in questo clima è difficile, diciamo così, costruire una positiva interlocuzione con dei falsari. Siamo, quindi, dentro una fase in cui il berlusconismo che ha perso credibilità e consenso si muove come un animale ferito dando colpi di coda che stanno ferendo l’assetto democratico del Paese, speriamo che si possa riparare il danno, stanno uccidendo la cultura, la scuola pubblica, stanno uccidendo l’anima del Paese.

    Cosa manca al Centrosinistra per diventare egemone nella società italiana?

    Manca la volontà di fare una grande battaglia politico-culturale, di uscire fuori dai propri accampamenti, dalla gestione dei piccoli sistemi di potere. Il centrosinistra deve sentirsi sfidato dalla crisi che è soprattutto una crisi di prospettiva per le giovani generazioni.E piuttosto che inseguire l’alleato impossibile, quello che da un momento all’altro lascerà il campo berlusconiano e verrà a rafforzare il nostro campo, dovrebbe occuparsi dei soggetti sociali che hanno bisogno di essere rappresentati e che sono il blocco sociale del cambiamento: gli studenti, il lavoro dipendente, la piccola e media impresa, il mondo della cultura, il mondo delle donne. Sono questi i soggetti fondamentali della rivoluzione democratica di cui l’Italia ha bisogno.

    Leggendo il suo Manifesto, “C’è un’Italia migliore”, onestamente non trovo molta distanza tra Lei e i valori del PD. Perché non la convince quel partito?

    Quel partito talvolta non colpisce i suoi militanti e i suoi dirigenti. Il dibattito sulla natura incerta del PD è aperto dentro al PD. Personalmente il problema non è, diciamo, una condivisione sui temi politico-emozionali, siamo tutti quanti per l’accoglienza degli esseri umani, siamo tutti quanti per il diritto al lavoro, ecc.
    Il problema è di capire quali sono le politiche di lotta contro leggi che hanno rappresentato un regresso civile, sociale, sono quelle che io vorrei che il centrosinistra avesse nel proprio cantiere. Se il PD avesse questa agenda di proposta e probabilmente saremmo nel PD, se siamo in Sinistra Ecologia e Libertà è perché vi è stata una deriva moderata del Partito Democratico.

    In una recente intervista ha affermato che, per lei, Rosy Bindi potrebbe essere la candidata a premier per il Centrosinistra. E’ ancora di quell’idea?

    Io dicevo, nella misura in cui il centrosinistra si riconosce nella denuncia di una crisi democratica, che è meritevole di essere affrontata da una coalizione democratica la più larga possibile, a quel punto io dico che non si discuta di una figura premiership legata alle virtù della tecnocrazia, perché se la crisi è democratica, non è tecnocratica, non c’è bisogno di un tecnocrate, ma c’è bisogno per una fase transitoria limitata ad alcune riforme come quella della legge elettorale, per il conflitto di interessi, di una figura fortemente caratterizzata in termini politici e democratici. Da quel punto di vista Rosy Bindi, in quella situazione, è stata la mia proposta. Non è incompatibile con il tema prioritario per dare un’anima al centrosinistra delle primarie.

    Ultima domanda: A 150 anni dall’Unità possiamo ancora emozionarci per quell’evento?

    Devo dire che abbiamo rispolverato il Risorgimento, l’avevamo per decenni messo sotto naftalina e oggi il Risorgimento torna come una questione della nostra attualità, perché abbiamo il sentimento diffuso di un processo di fuoriuscita dall’Unità del Paese, sentiamo la minaccia della cultura leghista, sentiamo l’avanzata di un federalismo che non è solidale, ma è la fotografia dell’egoismo sociale di una parte del Paese e sappiamo che i fenomeni di disgregazione nazionale possono essere molto più rapidi di quanto non si immagini e sono sempre alimentati dalle sottoculture del localismo e delle identità etnoterritoriali.

    Fonte: RaiNews24 | Confini - Pierluigi Mele | vai alla pagina

    Argomenti: censura, legge elettorale, giovani, conflitto di interessi, democrazia, centrosinistra, nucleare, ndrangheta, pd, Libia, mediterraneo, primarie, 150° anniversario dell’unità d’Italia, Nord Africa, Giappone | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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