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Dichiarazione di Emma BONINO
Costruiamo un’Europa integrata
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(10 maggio 2011) - fonte: Il Sole 24 Ore | Notizie Radicali - inserita il 11 maggio 2011 da 31
I segnali sono davanti ai nostri occhi: intolleranza e fanatismi che dilagano; crescente sostegno a partiti populisti e xenofobi; presenza sempre più massiccia di migranti senza status e senza diritti; comunità "parallele" che non interagiscono con il resto della società; libertà individuali compresse; democrazia, e democrazie, in crisi.È di fronte a questo preoccupante scenario che ho accolto, nel luglio scorso, l’invito del Segretario Generale del Consiglio d’Europa, Thorbjern Jagland, a far parte di un gruppo ristretto di "personalità" europee, presieduto dall’ex ministro degli Esteri tedesco Joschka Fischer, con il mandato di preparare un rapporto su come combinare libertà e diversità - due concetti al cuore dell’identità europea nell’Europa del XXI Secolo. Il frutto del nostro lavoro, propone un’alternativa a questa ondata di populismo e tenta d’indicare la strada per un’Europa più forte e più sicura di sé, e che integri le diversità anziché rifuggirle o respingerle, inutilmente.
Se è possibile essere afro-americano o italo-americano, ci siamo chiesti, è così impossibile immaginare un europeo con trattino, tipo un anglo-asiatico o un italo-africano o un euro-mediterraneo?
Noi riteniamo che un’Europa simile possa esistere a patto che tutti gli abitanti che vi risiedono stabilmente siano accettati come cittadini, a prescindere dalla loro fede, cultura o etnia. Come tutti gli altri cittadini in una democrazia, essi devono poter concorrere alla formazione delle leggi, ben consapevoli però che né una religione né una eccezione culturale possono diventare una scusa per violarle.
Nel rapporto proponiamo una sorta di manuale della diversità, contenente 17 principi guida, a uso e consumo. di governanti, legislatori e attivisti in generale. Alla base, ci deve essere una condivisione di fondo sul fatto che la legalità vale per tutti, mettendo però ciascuno in condizione di capire cosa dicono le leggi e come possono essere cambiate. Misure particolari sono necessarie per assicurare uguali opportunità a membri di comunità marginalizzate o svantaggiate. La libertà di espressione va sempre difesa, mai limitata per rabbonire atteggiamenti violenti o intimidatori; allo stesso tempo, dichiarazioni pubbliche che alimentano il pregiudizio contro minoranze o gruppi d’immigrati non vanno mai ignorate né sottovalutate.
Per attuare questi principi noi invitiamo gli Stati membri del Consiglio d’Europa a concedere i diritti e doveri derivanti dalla cittadinanza, incluso il diritto di voto, al maggior numero di abitanti possibile e, come passo intermedio, a concedere a tutti i residenti stranieri il diritto di voto alle amministrative. Li invitiamo anche a correggere l’immagine stereotipata degli immigrati, e di fornire all’opinione pubblica un quadro più realistico dei bisogni in termini di forza lavoro, rispetto anche a proiezioni demografiche impietose nell’indicare che, senza immigrati, saremo sempre dì meno e sempre più vecchi. La Commissione europea calcola che, nei prossimi 50 anni, nell’Europa a 27, la popolazione attiva diminuirà di circa 100 milioni, pur in presenza di un aumento costante di popolazione. Non è il controllo sui flussi ad essere messo in discussione ma il fatto di garantire ai richiedenti asilo e ai migranti un trattamento equo e umano.
Lo scandalo più grande - lo segnaliamo con forza nel rapporto - è il trattamento subito dalla minoranza più ampia in Europa, quella delle comunità rom, stimata tra i 10 e i 12 milioni di persone. Una minoranza vista con fastidio qui da noi, seppure marginale come presenza, ma che, dalla visuale dei Paesi dell’Est non ancora investiti dall’immigrazione musulmana, rappresenta invece una questione centrale. Diversamente da altre minoranze, in Europa i rom non sono dei nuovi arrivati, né hanno una madrepatria verso la quale esercitare la loro autodeterminazione. La vasta maggioranza sono cittadini di Paesi europei. Si distinguono dal resto della popolazione soprattutto a causa della loro esclusione sociale. In tutti i Paesi il loro reddito medio e il loro livello d’istruzione e di impiego li collocano in fondo alla scala sociale. Nessun altro gruppo è oggetto di tale discriminazione e pregiudizio e nessun Paese europeo può dirsi orgoglioso del trattamento che a loro riservano. La loro condizione si traduce in una delle violazioni più persistenti commesse da noi europei di quelli che amiamo chiamare "i nostri valori". In Italia il Governo è giunto al punto di rammaricarsi, come ha fatto il ministro Maroni, di non poterli rimpatriare (dove?) perché «da noi molti hanno anche la cittadinanza italiana: hanno diritto a restare, non si può fare nulla».
Ma l’Italia non è sola nel promuovere politiche di non integrazione quando non di stampo decisamente razzista o xenofoba: le stesse politiche proliferano in ogni angolo d’Europa. Una tendenza pericolosa che bisogna invertire finché siamo in tempo. Per questo chiediamo al Consiglio d’Europa e alla Ue di lavorare insieme a una politica comune per l’immigrazione. E allo stesso tempo di tendere la mano ai nostri vicini mediorientali e nord-africani, offrendo una seria possibilità di partecipare, con adeguato status, alle istituzioni e alle convenzioni europee. Se questa strada sarà seguita, noi pensiamo che l’Europa potrà diventare un posto migliore di quanto lo sia oggi.
Fonte: Il Sole 24 Ore | Notizie Radicali | vai alla pagina » Segnala errori / abusi