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«Basta tagli, tassare le rendite» - INTERVISTA
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(28 giugno 2011) - fonte: il manifesto - Antonio Sciotto - inserita il 29 giugno 2011 da 31
Tremonti non investe e tiene fermo il Paese: incidere su finanza e milionari. Precari: no a Ichino, far costare di più i rapporti atipici. Contratti: niente patti separati, tenere le Rsu.«La parola "sviluppo" è sacrosanta, ma nei provvedimenti del ministro Tremonti non ce n'è traccia: si continua a tagliare troppo e a investire nulla. In questo modo il Paese resta fermo e a pagare sono i più deboli, con le riduzioni al welfare». Cesare Damiano, capogruppo Pd in Commissione Lavoro della Camera ed ex ministro del Lavoro, boccia senza sconti sia il «decreto sviluppo» in discussione al Parlamento che l'annunciata manovra sul fisco.
Come bisognerebbe agire, invece, secondo voi del Pd?
Io mi concentrerei sulle rendite finanziarie, che dovremmo portare al 20% europeo, escludendo i titoli di Stato. E poi si dovrebbero tassare i grandi patrimoni. Ma sottolineo «grandi», parlo dei milionari in euro, perché non vorrei si sentissero chiamate in causa tutte le persone che vivono onestamente del loro lavoro. Al contrario, i vantaggi fiscali dovrebbero andare, riequilibrando il sistema, proprio a dipendenti e pensionati. Senza fare altra cassa con le pensioni, come si annuncia. Basta ai tagli su quel fronte.
Ci sono anche tanti precari, molti nel pubblico e nella scuola: il governo dice però che non ci sono soldi per stabilizzarli.
Credo sia giusto stare attenti ai conti, ma con i precari della scuola si stanno violando tutti i dispositivi europei. Si beffano persone che da anni e anni attendono la stabilità. Così per il pubblico dobbiamo evitare l'annullamento dei concorsi: chi ha vinto ed è idoneo lo deve rimanere sempre. Nè ci va bene che venga azzerato, come vuole Tremonti, il turn over, già basso con 20 nuovi ingressi ogni 100 uscite.
Tra i lavoratori a rischio ci sono oggi anche quelli dei call center, da Teleperformance in giù.
Per loro potrà agire un nostro emendamento al decreto sviluppo che per ora è sopravvissuto: si mette chiarezza negli appalti, prevedendo che i costi della sicurezza e del lavoro, parametrati sui minimi contrattuali, vengano scorporati dal massimo ribasso. Questo scoraggerà, spero, gli abusi da parte di grandi committenti come il Parlamento, le Regioni, i ministeri, la Rai, fino a Eni, Fiat, Enel, Telecom: oggi si arriva a pagare 3 euro per ora lavorata, contro i 16 di un operatore inquadrato regolarmente. Ricordo che Teleperformance ha annunciato ben 1400 esuberi, mentre dall'altro lato i call center emigrano in paesi come l'Albania o la Tunisia.
Ma il ministro Sacconi potrebbe agire in qualche modo?
Nonostante le gravi emergenze occupazionali, il ministro Sacconi tiene in un cassetto il protocollo siglato tra Assocontact, ministero dello Sviluppo e Cgil-Cisl-Uil-Ugl: si erano definiti aiuti a un settore che conta 80 mila addetti e si chiedeva maggiore trasparenza negli appalti, per evitare il ritorno all'abuso delle collaborazioni. E dire che il ministro ha sempre decantato gli accordi tra le parti sociali e gli avvisi comuni. Ma tornando al decreto sviluppo, segnalo un'altra grave scorrettezza: in un primo tempo il governo aveva accettato il nostro emendamento che rendeva esigibile il credito di imposta, per poi cancellare quella norma nella stesura finale del maxiemendamento.
La settimana scorsa avete deciso a Genova la vostra strategia sul precariato. Dunque la proposta Ichino è messa in soffitta?
Io ho sempre dichiarato che quella proposta non mi convinceva, anche perché è contraddittoria: che vuol dire stabilizzare a tappe e offrire il tempo indeterminato se poi non si garantisce l'articolo 18? Piuttosto noi diciamo: facciamo costare il lavoro atipico più di quello stabile, retribuiamo stage e tirocini con almeno 400 euro al mese, rimettiamo in ordine gli appalti e totalizziamo tutti i contributi. In più, non sono contrario a un salario minimo fissato dalla legge per tutte quelle figure che non hanno un contratto di riferimento, e che dovrà essere non inferiore ai minimi contrattuali del proprio settore.
Proprio oggi, Cgil, Cisl e Uil vedono la Confindustria per un'intesa sui contratti. Come la vedete?
Un accordo separato sarebbe un disastro, e spero nell'unità. Tenendo fermi dei paletti: 1) no alla sostituzione del contratto nazionale con quelli aziendali, sarebbe la fine del sindacato; 2) no alla sostituzione delle Rsu elette con le Rsa nominate; 3) deve poter presentare una lista anche chi non firma accordi; 4) per la rappresentatività conti il principio del 50% più 1 sancito nell'accordo del 2008 tra Cgil, Cisl e Uil, con il mix tra iscritti e voti alle Rsu, come nel pubblico impiego.
Fonte: il manifesto - Antonio Sciotto | vai alla pagina » Segnala errori / abusi