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Dichiarazione di Luigi BERLINGUER
La cultura sul web un bene condiviso
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(07 luglio 2011) - fonte: Il Riformista - inserita il 07 luglio 2011 da 31
Il provvedimento dell’Agcom evidenzia rischi per la libertà della Rete e per diritti fondamentali. La governance di Internet è materia troppo delicata per essere regolata esclusivamente dalla delibera di un’Authority amministrativa. Per fortuna anche in Italia sembra (finalmente) essersi aperto un ampio dibattito pubblico sul futuro della Rete.Tra le voci eminenti, quella di Stefano Rodotà, che ha ribadito la natura intrinsecamente nuova dei diritti digitali e la necessità di stabilire un quadro normativo che tenga conto dei mutamenti tecnologici e sociali in corso.
Insomma, il futuro della rete va stabilito per legge, non è ammissibile una tale fuga dal Parlamento.
In tutta l’Unione Europea, anche quando sono state introdotte normative restrittive e di penalizzazione per i singoli utenti della rete - come nel caso dell’Hadopi francese - è stato il legislatore ad assumere su di sé la responsabilità di definire la governance di Internet.
Il Parlamento Europeo, nei prossimi mesi, sarà chiamato a pronunciarsi su misure europee comuni per la tutela e la promozione del diritto d’autore. Si tratterà di misure decisive, che avranno un impatto ancora più rilevante e pervasivo delle misure oggi in discussione presso l’Agcom.
Le frontiere della moderna società della conoscenza sono mutate profondamente nell’ultimo decennio, in conseguenza del grande sviluppo tecnologico e dell’emergere di modelli commerciali e culturali inimmaginabili fino a pochi anni fa. La campagna in corso contro il provvedimento Agcom non contiene alcuna indebita giustificazione nei confronti di chi trasmette e scarica illegalmente i contenuti digitali. La tutela e la valorizzazione del lavoro intellettuale, anzi, deve rimanere un pilastro per una moderna forza politica progressista.
Certamente, però, le manifestazioni di questi giorni hanno aperto il dibattito su come trattare finalmente in modo serio nel nostro Paese la questione della realizzazione di una agenda digitale. In Italia, finora, si è discusso di riforma della rete ancora con una metrica televisiva (lo dimostra il riferimento al decreto Romani come base della decisione Agcom), senza comprendere linguaggi ed esigenze di riforma che l’economia digitale comporta.
Nel nostro Paese spicca il ritardo nell’introduzione della banda larga e l’assenza di offerte legali adeguate che permettano nuove forme remunerative oltre il modello del supporto fisico delle opere intellettuali.
Come se negli ultimi anni non fossero invece cambiate in modo radicale le possibilità stesse di fruizione delle opere culturali; come se non fosse mutato, profondamente, il rapporto tra artista, produttore e utente. Se davvero vogliamo investire e scommettere nella società della conoscenza, come l’Europa afferma da anni, occorre procedere ad alcune importanti riforme, concettuali prima ancora che politiche: la tutela del lavoro intellettuale è tra queste.
Il copyright non deve rimanere chiuso nella sua cittadella fortificata.
Può avvenire tutto ciò disinnescando la contrapposizione frontale (e aprioristica) tra futuro della rete e diritto d’autore.Perché, chiedo, non ripartire da proposte concrete di riforma? Ad esempio dalla validità, anche economica, di alcuni nuovi modelli economici e giuridici: dal fair use, ai creative commons, alle licenze collettive estese.
Dietro alla richiesta di nuovo copyright, in fondo, c’è la domanda di un più largo accesso alla cultura e alla conoscenza, e sarà probabilmente questo, nei prossimi decenni, il fronte su cui si dispiegheranno molte battaglie sociali e politiche. Le soluzioni vanno ricercate nelle nuove politiche dell’accesso che sappiano definire la conoscenza come bene comune. E, come tale, da promuovere e tutelare in tutte le sue forme.
Fonte: Il Riformista | vai alla pagina » Segnala errori / abusi