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Dichiarazione di Renato BRUNETTA
Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI) - Ministro PA e innovazione (Partito: PdL)
Il pareggio di bilancio in costituzione non è un podestà straniero
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(10 agosto 2011) - fonte: www.renatobrunetta.it - inserita il 18 agosto 2011 da 18670
L’Italia non deve perdere la grande occasione (mondiale) della crisi per riscrivere il suo patto su spesa e crescita Ci sono pochi dubbi che le trasformazioni in corso nel sistema degli equilibri economici a livello globale, regionale e nazionale, abbiano un carattere epocale. Si tratta di processi di lungo periodo che hanno assunto un`accelerazione impetuosa e crescente negli ultimi anni, mesi e persino settimane. Il cambiamento del contesto, sociale, tecnologico, ma anche economico, da sempre, nella storia dell`uomo, ha prodotto conseguenze sul modo in cui la polis (nelle sue tante dimensioni e “scale”) è stata riorganizzata. Da un paio di centinaia di anni l`organizzazione delle strutture di governo politico coincide con le vicende del costituzionalismo e con l`idea che esistano delle decisioni fondamentali da consacrare in forme solenni o comunque attraverso il consapevole riconoscimento collettivo (là dove non vi sia, ad esempio, una Costituzione in senso formale). Nella maggior parte dei casi queste decisioni fondamentali si chiamano Costituzioni. Questo è il motivo per il quale, in questo passaggio epocale, del quale la crisi economica in corso è un indicatore e un acceleratore, i dibattiti e le scelte politiche intorno a cui si concentra la discussione pubblica nella maggior parte dei paesi hanno ormai assunto un “tono costituzionale”. Attengono cioè ai fondamenti costitutivi del vivere associato. Si tratti del dibattito statunitense sui limiti ai deficit del bilancio federale, del Patto Europlus (di cui alle decisioni del Consiglio europeo deL 24 e 25 marzo 2011) o della riforma costituzionale tedesca o svizzera per l`introduzione del principio del pareggio di bilancio, nella cui stessa direzione si muove in questi giorni la Francia, si fa strada la convinzione diffusa che, pur nel pieno di una congiuntura critica, gli stati sono chiamati a scelte che si proiettino oltre la congiuntura stessa. Scelte che chiamano in gioco i modelli di governo dell`economia, ma anche la sostenibilità nel tempo di quei modelli, soprattutto in relazione alle generazioni future. Anche per l`Italia questo dibattito è ormai maturo. Se ne discute da tempo ma, come purtroppo accade a un paese i cui guai vengono da lontano, è proprio nel momento più critico che si rende necessario passare dalle parole ai fatti. Non che il nostro paese non abbia fatto nulla nella sua storia anche recente. Senza scomodare il significato storico, simbolico e politico del raggiungimento del pareggio di bilancio nel 1871, è sufficiente guardare al dibattito in Assemblea costituente per riconoscere lo sforzo già allora profuso da personalità come Einaudi, Mortati, Vanoni o Ruini, per propiziare regole costituzionali di responsabilità fiscale. Lo stesso articolo 81, con la previsione dell`obbligo di copertura per le leggi di spesa, fu concepito per assicurare una politica di bilancio prudente e oculata. E fa un certo effetto rileggere oggi le parole di Ezio Vanoni, che spiegava ad alcuni colleghi più riottosi (convinti che la “politica” avrebbe saputo esercitare spontaneamente la virtù della continenza fiscale) come l`obbligo di copertura costituisse “una garanzia della tendenza al pareggio di bilancio” (24 ottobre 1946). Partire dall’articolo 81 Anche l`adesione all`Unione monetaria, con l`abbandono di quello straordinario “strumento” che erano le svalutazioni competitive, è una scelta ormai storica, cui ci siamo sottoposti non per masochismo o per cercare il “podestà esterno”, ma per la consapevolezza dell`esistenza di un destino comune con altri popoli con cui condividiamo secoli di convergenze culturali, economiche, artistiche o spirituali. Questo processo di definizione e perseguimento di obiettivi di caratura costituzionale (è noto che i vincoli comunitari sono considerati dalla nostra Corte costituzionale come equivalenti a quelli discendenti dalla Costituzione) ci pone oggi di fronte a una nuova sfida: quella di assumere le decisioni solenni che facciano tesoro, da un lato, dell`esperienza di sessant`anni di storia costituzionale (rivelatasi, con riferimento all`applicazione dell`art. 81, insufficiente rispetto alle necessità del tempo) e, dall`altro, della necessità di accrescere sempre la convergenza verso il nascente orizzonte europeo di politica economica comune. Sul tavolo ci sono oggi due questioni, a ben vedere collegate tra loro. Ed entrambe suggeriscono interventi di livello costituzionale. La prima è rubricata come riforma dell`art.41 Cost., in tema di iniziativa economica privata. Il tema è molto semplice e chi lo banalizza dicendo che non è nemmeno necessario un intervento costituzionale mostra di non riconoscere il significato e il valore delle Costituzioni. E` vero, ma questo lo sa anche il ministro Tremonti che l`ha proposta, che una norma che sancisca che “è permesso tutto quanto non sia vietato dalla legge” è già implicitamente contenuta nella nostra Carta (all`art.23). Ma in questo caso l`esplicitazione non ha solo un valore (pur molto importante) di valorizzazione “in positivo” di quanto già è prescritto in termini negativi (“nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”). In questo caso si tratta di compiere definitivamente il passaggio culturale, che Einaudí avrebbe voluto fosse realizzato già dalla costituente, secondo cui la prosperità della società e lo sviluppo dell`economia non si assicura con i vincoli e le autorizzazioni paternalisticamente imposte dallo Stato, ma con la regolazione di un mercato concorrenziale. Il secondo tema, particolarmente attuale in queste ore, è quello della costituzionalizzazione dell`obbligo di “pareggio di bilancio”. Sappiamo tutti che questa misura si rende necessaria per la sostanziale elusione subita dall`art. 81 in tema di copertura della spesa pubblica e per il cronico e straripante ricorso all`indebitamento che ci troviamo alle spalle, oltre che per dare un segnale, simbolico e di credibilità, dell`impegno di disciplina fiscale adottato dal nostro paese. L’efficacia del vincolo costituzionale Sul punto esiste già un`ottima base di partenza, rappresentata dalla proposta del sen. Nicola Rossi, e sottoscritta anche da parlamentari della maggioranza come Lamberto Dini e Giampiero Cantoni, e da altri vari disegni di legge, da cui è possibile trarre un testo che raccolga un`ampia convergenza parlamentare, anche per favorire quel dialogo bipartisan di stampo riformistico, che spesso viene invece invocato a sproposito per compiere le peggiori nefandezze consociative. Dal mio canto, mi permetto di mettere in evidenza tre fondamentali nodi che andranno sciolti nel dibattito tempestivamente avviato con l`apprezzabile disponibilità dei presidenti delle Camere di convocare congiuntamente, già in settimana, le competenti commissioni di Camera e Senato. Il primo nodo è quello dell`equilibrio tra rigidità e flessibilità. L`utilità di una tale misura si gioca tutta sul sapiente dosaggio relativo ai termini dell`obbligo di pareggio strutturale, all’uso del bilancio per il controllo del ciclo, alle deroghe ammissibili per far fronte a eventi di natura eccezionale e alla modalità di controllo sia dei deficit congiunturali sia delle deroghe. Il secondo punto riguarda l`efficacia dei vincolo costituzionale allorché si rinvii a sanzioni sostanzialmente ex post nel caso di violazione dello stesso. Sono necessari controlli ex ante, già nella procedura di bilancio, oltre quelli ex post riguardanti gli obblighi di piani di ammortamento per il rientro dai deficit congiunturali? Terzo punto, conseguente a questo. Chi deve fare questi controlli? Su questo bisogna essere chiari, altrimenti il tutto si risolve in una colossale ipocrisia. Da che mondo è mondo, il controllore non può essere il controllato e l`interessato non può essere per definizione disinteressato. E, nel caso del bilancio, un controllato e interessato è certamente il Governo. Interessato è anche il Parlamento, quando si tratta di spesa. E` necessario, dunque, pensare a innestare nel processo controlli da parte di soggetti di maggiore indipendenza. Si è parlato di una Autorità fiscale indipendente, c`è la Banca d`Italia. E` necessario soprattutto considerare che le misure dei divari congiunturali tra pil potenziale e pil corrente, cui si dovrebbe rispondere con gli stabilizzatori più o meno automatici, si misurano a livello europeo, ed ogni tipo di controllo, ex post o ex ante, dovrebbe essere armonizzato con la “governance” europea. Quale che sia la risposta, la riuscita dell`operazione si fonda sulla credibilità e terzietà di chi vigila sul processo. D`altra parte la soluzione efficiente dipende anche dalla scelta di collegare o meno l`obbligo di pareggio di bilancio, sia nella sua versione tedesca sia nella sua versione limitata alle partite correnti del bilancio, alla costituzionalizzazione di altri vincoli tendenti a limitare il peso dello stato sull`economia. Ci riferiamo sia al vincolo riguardante la dimensione della spesa pubblica, sia al vincolo, del resto implicito nel primo, di porre un limite costituzionale al prelievo fiscale. Quel che è certo è che entrambe le riforme, quella di liberalizzazione (art. 41) e quella di disciplina fiscale (art. 81) sono necessarie e strettamente connesse. Un settore pubblico instabile, oscillante e alla periodica rincorsa del risanamento dopo periodi di sregolata espansione, impedisce alla società e al mercato di avere un proprio sviluppo equilibrato, in un quadro di certezze fiscali e di garanzie che l`intermediazione pubblica non invada continuamente spazi impropri. http://www.renatobrunetta.it/2011/08/10/il-pareggio-di-bilancio-in-costituzione-non-e-un-podesta-straniero/#more-8971
Fonte: www.renatobrunetta.it | vai alla pagina » Segnala errori / abusi