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Dichiarazione di Antonio POLITO


 

Disagi e ambiguità di fronte alla crisi

  • (11 agosto 2011) - fonte: Corriere della Sera - inserita il 11 agosto 2011 da 31

    Ci sono numerose contraddizioni nella reazione del Pd al precipitare degli eventi.

    Aveva contestato al governo il rinvio delle misure impopolari a dopo le prossime elezioni, ma ora sembra opporsi al loro anticipo; chiede un governo tecnico guidato da un`«alta personalità dotata di credibilità in Europa», ma definisce «massacro sociale» ciò che qualsiasi governo tecnico farebbe col suo sostegno.

    Il Pd si era fatto giustamente paladino della disciplina di bilancio contro un Berlusconi che appena un mese fa pensava di tagliare le tasse, ma ora è contrario all`inserimento in Costituzione del pareggio di bilancio. Il partito di Bersani sembra disorientato dagli obblighi imposti a Roma dalla Bce, con una lettera che pure porta la firma di Mario Draghi, fino a ieri premier in pectore della sinistra.
    E questo è sorprendente per una forza politica che ha nel suo dna un europeismo a volte perfino fideistico, e che vanta come padri nobili europeisti del calibro di Beniamino Andreatta, Giorgio Napolitano e Romano Prodi.

    Il problema è che il Pd non ha ancora detto quali misure proponga per rispettare i vincoli quantitativi e temporali richiesti dall`Europa, e cioè almeno 20 miliardi di euro di risparmi aggiuntivi entro la fine di settembre.

    Ma le ipotesi fin qui evocate sono o largamente insufficienti dal punto di vista dei numeri, come la tassazione delle rendite finanziarie;
    o poco credibili, come le liberalizzazioni, da parte di un partito che ha appena fatto campagna per il sì al referendum sull`acqua. Il Pd si oppone a manovre sull`assistenza e la previdenza, per non «far pagare alla povera gente» come dice Bersani: ma non indica neanche misure alternative di pari valore, per esempio sul patrimonio dei privati e dello Stato.

    Ci sono certamente cause tattiche dietro tali ambiguità. Una di queste è la sensazione che anche stavolta la spallata al governo non ci sarà, perché come ha detto Prodi non conviene cambiare il timoniere durante la tempesta; il che fa riassaporare al Pd gli agi dell`opposizione, dove si può dire sempre no.
    Un vizietto che si è accumulato negli anni in un partito che si è molto allenato a dire che il problema del Paese è Berlusconi, ma si è applicato poco ad affrontare i problemi che il Paese avrebbe anche senza Berlusconi.

    E c`è d`altra parte per il Pd la scusante della totale mancanza di cultura bipartisan nella maggioranza di centrodestra, perché è vero che in un Paese normale l`opposizione sarebbe stata subito informata della lettera di Trichet e Draghi, ed è anche vero che in un Paese normale l`opposizione avrebbe conoscenza precisa dei conti dello Stato, che qui da noi il Tesoro lesina perfino ai ministri.

    Temo però che ci sia qualcosa di più profondo, un calcolo più strategico, a spingere il Pd su questa nuova strada. L`indizio era in una dichiarazione di Stefano Fassina, lo sherpa di Bersani sulla politica economica, resa qualche giorno fa al Corriere.
    A Monica Guerzoni che gli obiettava «ma lo chiede l`Europa», l`esponente pd ha risposto: «Sì, ma una Ue fatta da governi di centrodestra che ci stanno portando nell`abisso».

    Sembra di capire che ai vertici del Pd si stia affermando l`idea che nel giro di un anno o due le elezioni in Francia e in Germania potranno cambiare, insieme con i governi in carica, anche il tabù secondo il quale non si finanzia la crescita in deficit; che cioè un`Europa più socialista possa diventare più lassista sui conti pubblici, e che lo Stato possa tornare a giocare un molo di primo attore dell`economia.

    Si spiegherebbe così anche il paradosso per cui il Pd non vuole il pareggio di bilancio in Costituzione: un modo di tenersi le mani libere per un`altra fase politica, quando una sinistra finalmente al governo potrebbe aver bisogno di spendere.

    Se questo è il calcolo, è miope: la virtù dì bilancio è un elemento fondativo dell`Europa, lo è sempre stata per governi di destra e di sinistra, e se dovesse saltare salterebbe l`Europa stessa perché la Germania non potrebbe accettarlo.

    Ma sarebbe anche la negazione della storia migliore della sinistra riformista italiana, che si conquistò la sua credibilità di forza di governo proprio partecipando all`opera di risanamento del Paese in un`altra ora buia come questa. Nessuno che si neghi a quell`opera oggi, avrà un futuro di governo per molti e molti anni a venire.

    Fonte: Corriere della Sera | vai alla pagina

    Argomenti: rendite finanziarie, economia, liberalizzazioni, tasse, UE, europa, pd, opposizione, germania, BCE-Banca Centrale Europea, crisi economica, bilancio dello Stato, governo tecnico, referendum acqua, governanti | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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