Ti trovi in Home  » Politici  » Arturo Mario Luigi PARISI  » Referendum, il tempo è ora

Chiudi blocco

Altre dichiarazioni nel periodo per gli stessi argomenti



Dichiarazione di Arturo Mario Luigi PARISI

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) 


 

Referendum, il tempo è ora

  • (23 agosto 2011) - fonte: Europa - inserita il 23 agosto 2011 da 31

    Caro direttore, mi consenta di richiamare e commentare per i lettori, che rientrano dopo Ferragosto, la nota puntuale che su Europa di venerdì 20 Mario Lavia ha dedicato al referendum contro il Porcellum. «Mattarellum qualcosa si muove», «Non è solo la manovra a scaldare la politica», avete giustamente titolato, «il referendum elettorale conta nuovi adepti». Mentre siamo tutti sempre più concentrati sui temi planetari della drammatica fase storica nella quale siamo precipitati, il gruppo di referendari che ha deciso di non gettare la spugna ha portato avanti in questi giorni di agosto «una battaglia che potrebbe smuovere le acque della politica nostrana». Nonostante l’isolamento mediatico, l’assenza di sostegni finanziari, il ridottissimo numero di giorni a nostra disposizione per la raccolta delle firme, e l’ostilità del generale agosto, i referendari – i Democratici, Idv, Pli, I Referendari di Segni, Sel, Unione Popolare – sono andati avanti lo stesso. «Raccogliere per settembre le 500mila firme necessarie è molto difficile. Ma non impossibile», avete scritto. Se penso che all’inizio di agosto l’impresa era stata abbandonata, dopo un estenuamente traccheggiamento di quasi venti giorni da sostenitori illustri, anzi, come scrive Lavia «di primissima fila», pur indicati dalla stampa come gli ideatori e i veri promotori del referendum, fosse solo per questo riconoscimento, già questa sarebbe una vittoria.
    Anche se non è tempo di vittorie morali.
    Ai referendari che, ad un mese dal deposito in Cassazione dei quesiti formulati dalla sapiente mano di Andrea Morrone, avevano all’inizio di agosto confermato pubblicamente la loro determinazione a continuare è stato sempre chiaro e continua ad esser chiaro che l’impresa è una impresa disperata.
    Ma, come ha detto Di Pietro, «il modo piu’ sicuro per perdere, è non provarci neppure». E, come dissi allora io, «in tempi disperati, solo le imprese disperate possono aprire un varco alla speranza ». Perchè il punto è questo. Mentre infuria la tempesta della crisi, con un governo di fatto commissariato dall’esterno, l’Italia ha più bisogno che mai di un parlamento pienamente legittimato e rispettato capace di prendere decisioni che impegnino tutti difronte al mondo nel presente e nel futuro.
    Ma noi di questo parlamento oggi purtroppo non disponiamo.
    Per chi legge sui giornali il dileggio al quale è sottoposto quotidianamente il parlamento e i parlamentari, sa che essi possono assumere impunemente solo due tipi di decisioni: quelle che resistono ai tagli imposti dall’esterno attraverso il governo, e, soprattutto, i tagli su se stessi, confusi con quelli della democrazia e con quelli della politica.
    Perché è questo quello che può fare una casta. Togliersi di mezzo. Ma se i parlamentari e il parlamento sono arrivati ad essere prima descritti, poi denunciati ed ora percepiti come una casta separata di privilegiati, è perché una legge infame li ha separati geneticamente dagli elettori espropriando questi del diritto di eleggerli, o, almeno, di rifiutarli, e mettendo quella che è diventata una nomina nelle mani di un pugno di capipartito. Può permettersi il paese un parlamento ridotto così, o, anche solo così ormai unanimemente definito? La mia risposta è da tempo: no! Eppure è questa la situazione: non solo nel presente, ma anche nel caso di nuove elezioni che dovessero essere indette nel tempo ordinario, e ancor più, anticipato. Possiamo permetterci di rischiare che la nostra democrazia finisca ancora una volta schiacciata tra una piazza ridotta a folla, e poteri privi di una propria specifica legittimazione democratica? Questo è quello che può capitare. Lavorino quindi i partiti, e il Pd in testa, alle loro proposte di legge. Continuino pure a prendersi tutto il tempo che pensano necessario. Continuino ad auspicare governi straordinari, come si è detto per mesi, con un compito solo: la legge elettorale. Propongano di tagliare i costi eliminando col machete parlamentari e consigli, per ragioni contabili. Ma si mettano una mano sulla coscienza e riconoscano quello che una persona onesta come Chiti, vicepresidente del senato, incaricato della questione “legge elettorale” nel nostro ultimo governo, e competente come pochi, ha ripetuto a chiare lettere.
    Dobbiamo riconoscere che «non si stanno determinando le condizioni per l’approvazione di una nuova legge. È quindi giusto che ci sia una sollecitazione forte da parte dei cittadini attraverso il referendum. A questo punto è importante firmare». Per chi vuole intendere, un messaggio chiarissimo ancorché, come sempre, misurato. Lo stesso che abbiamo sintetizzato in uno slogan. Se, di fronte a questa vergogna, non permettiamo ai cittadini di dire “basta! O la cambiate voi e in fretta, o la legge l’abroghiamo noi” qua continuerà a non succedere nulla. Un invito a firmare rivolto a tutti, ma soprattutto alla dirigenza del Pd. Lo stesso argomentato analiticamente su Europa da Franco Monaco, “Mattarellum, Il Pd firmi” (17/8).
    Ringrazio perciò Europa per l’attenzione e la vicinanza alla nostra battaglia. Da deputato eletto come capolista in Sardegna per il Pd non riuscivo infatti ad accettare il sostegno convinto del Fatto Quotidiano e quello spassionato del Tempo, mentre le voci amiche restavano in silenzio. E tuttavia proprio questa amicizia mi costringe a riprendere la conclusione di Lavia che registrando la diffusa «disponibilità di militanti ed elettori dem a sottoscrivere il referendum anti-porcellum» mi rivela un «incoraggiamento silenzioso dei vertici del Partito».
    E chiedere: perché poi dal Pd solo un incoraggiamento «tra virgolette»? Perché, infine, silenzioso? E poi, laddove riferisce che «i promotori » confiderebbero che «nello scorcio finale della raccolta, nomi di peso e dirigenti di primissima fila (Veltroni) possano scendere in campo», un’altra domanda: perché solo nello scorcio finale della campagna? Perché solo Veltroni? E mi fermo qua. Aggiungo: lo scorcio finale è già iniziato. Se i problemi non sono andati in vacanza, neppure la democrazia può permettersi di andare in vacanza. Basta prendere esempio da Chiti: dalla sua onestà e dal suo coraggio.

    Fonte: Europa | vai alla pagina
    Argomenti: legge elettorale, veltroni, referendum elettorale, veltrusconi, parlamentari, Parlamento Italiano, porcellum, raccolta firme | aggiungi argomento | rimuovi argomento
    » Segnala errori / abusi
    Pubblica su: share on twitter

 
Esporta Esporta RSS Chiudi blocco

Commenti (0)


Per scrivere il tuo commento devi essere loggato