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Dichiarazione di Filippo PENATI
Alla data della dichiarazione: Consigliere Regione Lombardia (Gruppo: PD)
«Pronto, sono Filippo Penati. Mi ha dato il suo numero l’onorevole Bersani»
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(02 settembre 2011) - fonte: www.libero-news.it - inserita il 11 settembre 2011 da 18670
...Pronto, sono Filippo Penati. Mi ha dato il suo numero l’onorevole Bersani...»: comincia così, con una telefonata, l’intenso sodalizio tra l’allora presidente della Provincia di Milano e un imprenditore, Marcellino Gavio. Era il luglio del 2004….All’ascolto c’era anche la Procura di Milano, che stava indagando sulla scalata Unipol a Bnl. A quell’intercettazione allora non si volle dare peso alcuno: altri erano i protagonisti…Il primo a sollevare dubbi fu Gabriele Albertini, a quel tempo sindaco di Milano, i cui ripetuti esposti non ebbero esito. La Procura di Milano ordinò una perizia, secondo la quale il prezzo era congruo, benché la Corte dei conti fosse di avviso diametralmente opposto. Si aggiunga tuttavia che le coop rosse già sono entrate nell’inchiesta e che, stando a quanto riferisce Panorama, avrebbe preso corpo anche una pista pugliese, che partendo dall’ex Stalingrado d’Italia arriva a lambire D’Alema e compagni. Tutto da dimostrare, beninteso: ma saremmo confortati se il segretario del Pd rispondesse a qualche domanda, cominciando da quelle formulate su queste pagine da Maurizio Belpietro. Ne aggiungiamo un’altra: perché s’è sentito in dovere di favorire l’incontro tra Penati e Gavio? Se non si trattasse d’una semplice cortesia tra vecchi amici, si aprirebbero scenari poco edificanti. Non intendiamo dare credito a teoremi accusatori stile “non poteva non sapere”; d’altra parte nessuno li ha mai applicati alla sinistra, neanche all’epoca di Tangentopoli e del compagno G. Eppure, alla luce di quanto è avvenuto, quella presentazione merita d’esser giustificata. Penati ha detto e ripetuto di non essersi arricchito. Gli crediamo. Ma in qualche capiente tasca le mance di Gavio sono finite. Ci piacerebbe sapere quale.http://www.libero-news.it/news/813322/Schiacchiati-Pd-quella-telefonata-di-Bersani-pesa-come-un-masso-nella-tangentopoli-rossa.html
Fonte: www.libero-news.it | vai alla pagina » Segnala errori / abusi
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Inserito il 11 settembre 2011 da 18661
Condannato il compagno G. 23 gennaio 1999 — pagina 16 sezione: POLITICA INTERNA MILANO - Ci sono voluti quasi tre anni di processo, lento e noioso. Ma ieri sera Mani pulite ha ottenuto una sentenza che mette nero su bianco una verità che il pool milanese è stato a lungo accusato di non voler né cercare né trovare: anche il Pci-Pds nazionale ha partecipato tra la fine degli anni Ottanta e l' inizio dei Novanta alla spartizione del bottino di Tangentopoli. Per questo, tra i venti condannati del processo alle tangenti dell' Enel, ci sono - insieme a veterani come Craxi e Citaristi - anche due uomini della Quercia: sono Primo Greganti, il famoso "compagno G", collaboratore di Botteghe Oscure, e il professor Giovanbattista Zorzoli, il tecnico che il Pci- Pds aveva piazzato nel consiglio d' amministrazione dell' Enel. Insieme, sono accusati di corruzione e finanziamento illecito per avere procurato al partito un miliardo e 200 milioni provenienti dal gruppo Ferruzzi. Se insieme a loro non viene condannato un dirigente nazionale del partito, aveva spiegato il pm Paolo Ielo, è solo perché Greganti e Zorzoli, con i loro silenzi e le loro bugie, hanno fatto argine, impedendo di individuare con nome e cognome il destinatario finale: e perché le testimonianze come quella di Bartolomeo De Toma, collettore di mazzette craxiano che indicava in Massimo D' Alema il referente dei "finanziamenti" al partito, sono rimaste prive di riscontri. Pesanti le pene: tre anni e sette mesi per Greganti, e ben 4 anni e 8 mesi per Zorzoli, un anno più di quanto aveva chiesto l' accusa. Ma i due della "pista rossa" non sono gli unici a venire trattati con durezza nella sentenza che il giudice Verga legge alle 19, dopo due giorni di camera di consiglio. Franco Viezzoli, ex presidente dell' Enel, travolto dall' indagine quando ancora sedeva al vertice del colosso elettrico di Stato, viene condannato a quattro anni e mezzo: anche se non ha incassato una lira di tangenti, ha detto il pm , era lui il "garante" del sistema. Giampiero Pesenti, ex presidente di Gemina, si vede infliggere 3 anni e 4 mesi. Franco Nobili, ex presidente dell' Iri, 2 anni e 7 mesi: e pensare che il pm aveva chiesto che i suoi reati fossero dichiarati prescritti. Brutte sorprese anche per i socialisti Giorgio Gangi e Ugo Finetti: Ielo aveva proposto la prescrizione dei reati per il primo e dieci mesi di carcere per il secondo, il tribunale infligge rispettivamente 5 anni e 5 mesi e 2 anni e 4 mesi. Cinque anni e due mesi per il dc Severino Citaristi. L' assoluzione viene invece accolta per gli ex ministri Francesco Forte (psi) e Giorgio La Malfa (pri). Curiosamente, gli unici imputati con cui i giudici si dimostrano più teneri della Procura sono Bettino Craxi e i suoi prestanome bancari Mauro Giallombardo e Gianfranco Troielli: sconti per tutti e tre, il lider maximo viene condannato a 5 anni e 2 mesi, Giallombardo a 4 anni e mesi (Ielo ne aveva chiesti 8!), Troielli a 3 anni e 7 mesi. Craxi protesta ugualmente: "Continua la mia brutale persecuzione". Il processo per gli appalti dell' Enel è l' ultimo, dei filoni iniziali dell' operazione Mani pulite, ad approdare alla sentenza di primo grado. Una sentenza che arriva in un clima che sa di finestagione, dopo tre anni di udienze, di rinvii, di replay dovuti all' articolo 513, quello sulle testimonianze dei "pentiti", che cambiava in continuazione. La sentenza arriva così quando molti reati sono ormai prescritti, e con la prospettiva concreta che l' intera inchiesta venga inghiottita dalla prescrizione prima di arrivare al giudizio finale della Cassazione. Lo stesso, forse, accadrà per Greganti e Zorzoli. Ma per ora la decisione del tribunale è netta e cruda: quando Lorenzo Panzavolta, sanguigno manager dei Ferruzzi, raccontava di aver dovuto pagare anche il Pci-Pds, non raccontava frottole. - di LUCA FAZZO http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1999/01/23/condannato-il-compagno.html
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