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Dichiarazione di Beatrice DRAGHETTI

Alla data della dichiarazione: Pres. Giunta Provincia Bologna (Partito: Cen-sin)  - Consigliere Provincia Bologna (Lista di elezione: Cen-sin) 


 

Intervento all'assemblea dell'Ance "Bologna 2014 Città metropolitana"

  • (17 ottobre 2011) - fonte: Sito personale Beatrice Draghetti - inserita il 31 ottobre 2011 da 21
    L'impostazione dell'Assemblea ANCE evidenzia una combinazione di fattori assolutamente importanti: persone con responsabilità specifiche nei confronti di questa comunità bolognese / si incontrano e si confrontano / in un orizzonte di futuro non indeterminato, ma efficacemente descritto / per creare le condizioni per decidere e attuare le previsioni.
    Nel corso degli ultimi anni abbiamo lavorato insieme per cercare di rispondere alle criticità prodotte dal combinato disposto della riduzione dei trasferimenti statali e dei limiti, imposti dal Patto di stabilità, fattori che hanno drammaticamente inficiato la capacità di investimento degli EE.LL., non consentendo di agire come motore di sviluppo, come vorremmo e potremmo. Certo raccolgo e condivido le proposte di lavoro comune.
    Mi riporto al tema che mi è stato assegnato questa mattina.
    É del tutto evidente che gli assetti istituzionali di un Paese sono questione rilevantissima per il raggiungimento dei risultati.

    In questa occasione intendo specificamente sottolineare come le istituzioni, in quanto democratiche e orientate al bene comune, per raggiungere i loro scopi devono poter mettere in campo la capacità di decidere: se non decidono o tardano a decidere abdicano alla loro “essenza” e conducono alle retoriche ormai diffuse della loro inutilità o in generale dell'antipolitica.
    La moltiplicazione dei livelli istituzionali e quindi la complicazione del processo decisionale ha dilatato e cristallizzato la percezione diffusa delle istituzioni come di un concentrato “di burocrazia e di interessi politici”, luoghi più ostativi e paralizzanti di proficue attività piuttosto che soggetti effettivamente portatori di “valore aggiunto”.
    Alla riforma del titolo V della Costituzione del 2001 è mancata una coerente attuazione che prendesse le mosse da una razionale distribuzione delle funzioni amministrative tra i vari livelli di governo e che prevedesse spazi e strumenti di coordinamento fra loro.

    Dentro a un sistema di autonomie apparentemente rinforzate, patiamo la persistenza, se non la moltiplicazione, dei cosiddetti punti di veto che di fatto smentiscono l'annunciata autonomia: ciascun attore, pur perseguendo legittimamente i propri fini istituzionali, con il proprio operato – di fatto individualistico nel sistema e quindi ostativo - produce un effetto perverso cioè l'assenza di cose fatte o di risultati ottenuti in tempi utili. Discutere di innovazione istituzionale nell'attuale contesto politico-ordinamentale è operazione difficile e scivolosa, in considerazione dell'evoluzione della normativa di riferimento che non è certamente un “campione” di chiarezza nè tantomeno di coerenza giuridica: le proposte di riforma legislativa ancora nel pieno della fase di “discussione” (penso alla Carta delle Autonomie e ai suoi emendamenti) non sono infatti coordinate con le proposte di riforma costituzionale in tema di Enti locali o, peggio, sono in contraddizione fra loro.

    Mi soffermo pertanto, con un approccio pragmatico, su quello che possiamo e dobbiamo “fare” a legislazione vigente, tentando di ridefinire il ruolo dell'Ente di governo dell'area vasta metropolitana con particolare riferimento al contesto locale bolognese.
    Le amministrazioni locali hanno ritenuto, a parole e mi pare nei fatti, da circa 25 anni che la Città Metropolitana fosse l'approdo più congeniale e naturale di modalità e di esperienze di governo di area vasta che dall'istituzione della Conferenza Metropolitana dei Sindaci in avanti hanno esplicitato una scelta di corresponsabilità e di azione sinergica nei confronti del territorio, da cui è proprio impensabile retrocedere. Adesso è essenziale evidenziare le esigenze sulle quali far sorgere un'ipotesi coerente di innovazione istituzionale. Il territorio, e lo confermano le proposte della mattinata, ha bisogno di una programmazione metropolitana agile, efficace e semplificata che riguardi l'assetto urbanistico, le infrastrutture e i servizi pubblici. Tale programmazione è efficace solo se coglie i reali bisogni in un'ottica dinamica e appronta altrettanto dinamicamente risposte efficaci e coerenti, seguendo iter semplificati privi di “punti di veto”.
    Quanto “ci mettiamo” a costruire una scuola o ad ampliarla? Quanto ad autorizzare il passante nord? Quanto per capire che certe tratte del trasporto pubblico metropolitano devono essere rinforzate piuttosto che altre? Quanto ancora a riqualificare un'area urbana o sub-urbana? Quale vantaggio da una perequazione di area vasta o da una regolamentazione unica in materia edilizia o dal farsi carico a livello metropolitano della programmazione comunitaria?
    Un governo di livello metropolitano semplificherebbe i processi decisionali, migliorando il rapporto con imprese, cittadini e utenti che si interfaccerebbero con un solo interlocutore dotato di pieni poteri decisionali che favorisca e garantisca l'univocità e l'omogeneità dell'azione amministrativa (pensiamo ad esempio ai Regolamenti unici urbanistici o a quelli degli Sportelli unici per le imprese e l'edilizia).
    Io credo che l'Ente di area vasta metropolitana debba essere un soggetto di programmazione e regolazione, di coordinamento e assistenza tecnica ai Comuni del territorio e alle loro forme associative (in una logica di economie di scala, mettendo insieme le tante professionalità già presenti sul territorio) e, in via esclusivamente residuale, di gestione di funzioni amministrative dirette al cittadino (nel caso soltanto in cui il bacino metropolitano venga motivatamente individuato come ambito ottimale per l'esercizio di quella funzione, in ragione del principio di sussidiarietà e adeguatezza).

    La legislazione vigente (ma anche i progetti in discussione in parlamento) assegna alla Città metropolitana, come funzioni fondamentali, quelle dell'attuale Provincia e quindi funzioni tipicamente di programmazione-pianificazione. In aggiunta alle funzioni provinciali la Legge 42/2009 (delega al governo in materia di federalismo fiscale) attribuisce in via transitoria alle Città metropolitane:
    la pianificazione territoriale generale e delle reti infrastrutturali la strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici la promozione e il coordinamento dello sviluppo economico e sociale Tale configurazione, vista per il momento da un punto di vista funzionale, garantirebbe nelle materie elencate certamente cruciali per la comunità amministrata la massima semplificazione dei processi decisionali.

    Resta il compito di interrogarsi su come si possa ingegnerizzare il nuovo Ente, con particolare riferimento alla tipologia e alla composizione dei suoi organi. Credo che una buona strada metodologica sia quella che progetta l'assetto organico in modo coerente alle funzioni strategiche e alle esigenze della comunità metropolitana (secondo il celebre modello di coerenza MPS – mercato, prodotto, struttura - dell'organizzativista R. Norman).
    Occorre un sistema di organi metropolitani che rilevi “velocemente” le istanze economico-sociali e che decida in autonomia, perseguendo il “bene comune metropolitano”, assumendosi pienamente una responsabilità politica chiara e univoca rispetto ai propri stakeholders.

    Il nuovo Ente metropolitano, in ragione della maggiorazione delle competenze e della loro riconosciuta strategicità, non può essere dotato di organi di governo ontologicamente più “deboli” di quelli dell'attuale Provincia. Sarebbe preferibile assegnare funzioni e attività di maggior peso ad un modello organizzativo coerentemente più forte in termini di legittimazione e di potere.

    In tal senso è importante, a mio avviso, non prescindere dalla legittimazione popolare e dunque dalla rappresentanza diretta: penso ad una figura metropolitana eletta a suffragio universale nell'ambito di tutto il territorio di riferimento e dunque rappresentativa e in grado di portare a sintesi, appunto perchè legittimato, le esigenze particolari spesso a rischio di un “patologico” localismo.
    Un Consiglio metropolitano, eletto a suffragio universale in modo da garantire la rappresentanza delle minoranze politiche, a sua volta deve essere in grado di svolgere appieno la funzione di indirizzo politico amministrativo con una composizione snella e agile che favorisca l'assunzione rapida delle decisioni, mantenendo una modalità di stretto e continuo confronto politico con il territorio.

    Pensare a un Ente metropolitano di secondo grado con un Consiglio mutuato dall'esperienza associativa significa, ove non si voglia trascurare la tutela delle minoranze, immaginare un Consiglio assolutamente pletorico. Inoltre – lo ricavo dall'esperienza - non potrebbero che allungarsi i processi decisionali guidati da una rappresentanza degli interessi a vocazione “territoriale-comunale”, piuttosto che di area vasta, e quindi di più difficile composizione.

    E la Giunta metropolitana? Sarebbe composta dai Presidenti delle forme associative, in cui l'appartenenza a schieramenti politici diversi rischierebbe di giocare un ruolo paralizzante delle decisioni da assumere? O la Giunta sarebbe nominata dal Sindaco metropolitano fra i Sindaci? In entrambi i casi si moltiplicherebbero gli sforzi di chi è già Sindaco, Presidente della forma associativa e infine membro della Giunta metropolitana; dico questo per sottolineare che il problema non è il percepire una sola indennità piuttosto che tre, ma se un tale cumulo di responsabilità e compiti permetta di esercitare pienamente e proficuamente il proprio ruolo. In ogni caso l'Ente rimarrebbe esposto ad un altissimo rischio di “lottizzazione” delle risorse cui potrebbe conseguire un sensibile aumento dei c.d. “costi di transazione politica”.
    Da ultimo comunque sottolineo che il modello di secondo grado, non essendo previsto dalla legislazione vigente, deve essere tecnicamente e specificamente vagliato e approfondito nella sua fattibilità concreta.

    Concludo con la evidenziazione di alcune condizioni indispensabili per arrivare all'obiettivo Città Metropolitana:
    - dobbiamo “aprire subito il cantiere” per la proposta di istituzione della Città Metropolitana perchè, per rispondere alle esigenze di Bologna 2014, abbiamo la responsabilità - nelle condizioni date - di costruire anche uno strumento istituzionale nuovo. Produrre una proposta di perimetrazione, articolazione e statuto, sottoponendo poi il tutto a referendum, è operazione possibile già a legislazione vigente e dipende dalla volontà delle amministrazioni locali, di concerto con quelle economico-sociali del territorio bolognese. Preciso che la normativa vigente è stata adottata appositamente per consentire “la prima istituzione delle Città metropolitane” (articolo 23 comma 1 – L.42/2009). Solo concludendo tale prima fase preliminare sarà possibile “pretendere” dal Governo l'adozione dei provvedimenti conseguenti e dal Parlamento il completamento della disciplina delle Città Metropolitane, adottando finalmente la riforma organica delle Autonomie Locali.

    Bisogna che amministratori, realtà economiche/sociali, forze politiche, senza confusione di ruoli, ingerenze, condizionamenti, lavorino insieme con la responsabilità di arrivare finalmente a un “dunque”. O vogliamo che anche l'obiettivo della Città Metropolitana entri nel libro intitolato “La grande incompiuta”, con riferimento ai troppi Godot di Bologna e del suo territorio? Paragono questi tempi agli anni ormai lontani, ma così significativi e importanti per Bologna, della realizzazione dei nuovi quartieri, segno di una rinnovata partecipazione nei diversi ambiti della vita pubblica. Il coraggio, la competenza, la voglia di innovare veramente, non “gattopardescamente”, possono anche oggi dare esiti di grande efficacia.
    - Un “cantiere” ha la sua forza nell'approfondimento serio delle proposte e delle soluzioni, della loro sostenibilità, economicità ed efficacia: gli unici profili che devono orientare le nostre scelte.
    Gli slogan e le “scorciatoie” hanno le gambe corte: le “cose” devono poter funzionare e le esperienze associative già in atto nel nostro territorio sono, nel bene e nel male, un concretissimo riferimento da valutare con attenzione per valorizzare le potenzialità, ma anche per non ripetere errori e perpetuare inefficienze i cui costi non sarebbero più sostenibili. - La costruzione e il raggiungimento dell'obiettivo Città Metropolitana non è di qualcuno che prepara per gli altri un prodotto da consumare. Vorrei sentire e vedere una più corale richiesta ed espressione di protagonismo in questa vicenda, che peraltro stamattina ho raccolto.
    Protagonismo da “giocare” di concerto secondo le modalità, i tempi e nei luoghi che le istituzioni e la partecipazione democratica si sono dati e con la onesta esplicitazione della volontà di arrivare a una decisione veramente e finalmente utile per Bologna e il suo territorio. Esistono i luoghi istituzionali e tecnici per avviare i lavori, approfondire le varie ipotesi e i modelli istituzionali, produrre simulazioni e studi di fattibilità concreti, in un'interlocuzione estremamente interessante e proficua con le realtà vive del nostro territorio.

    Per favore, non sprechiamo le opportunità che abbiamo!

    Fonte: Sito personale Beatrice Draghetti | vai alla pagina
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