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Dichiarazione di Cesare DAMIANO

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) 


 

Licenziamenti facili? Ma l'occupazione non riparte

  • (02 dicembre 2011) - fonte: Gli Altri - inserita il 02 dicembre 2011 da 31

    Lavorare ad un sistema che garantisca ai lavoratori italiani quella flexicurity di stampo europeo.

    Entro il 5 dicembre il governo ha annunciato l`intenzione di presentare il suo programma. E' evidente la necessità di un confronto preventivo, che sarà sicuramente avviato con gli incontri separati che il presidente del Consiglio terrà con i leader dei partiti che sostengono l`esecutivo, e che dovrà continuare per i necessari approfondimenti di merito a livello parlamentare e con le parti sociali.

    Per noi questo governo di emergenza dovrà caratterizzarsi su una linea di discontinuità rispetto a quello precedente, anche perché abbiamo ritenuto dirimente l`affermazione di Mario Monti, nel discorso di insediamento al Senato circa la volontà di procedere lungo una linea non solo di rigore, ma anche di crescita e di equità sociale. Su queste pagine abbiamo largamente trattato nelle scorse settimane il tema delle pensioni. Adesso vorremmo affrontare due argomenti oggetto di un acceso dibattito come quelli del modello contrattuale e del mercato del lavoro.

    Sul primo tema ritengo che il punto di riferimento rimanga l`accordo del 28 giugno scorso siglato da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria che ha sapientemente dosato il rapporto tra una contrattazione aziendale potenziata ed una cornice generale di regole rappresentata dal contratto nazionale di lavoro. Di fronte a questo esito contrattuale unitario, espressione dell`autonomia delle parti sociali, è a suo tempo intervenuto pesantemente l`ex ministro del Lavoro Maurizio Sacconi con un provvedimento grave e sbagliato, l`ormai famoso articolo 8 inserito a forza nella manovra d`estate.

    Le parti sociali hanno giustamente preso le distanze da questa interferenza dichiarando a più riprese di non essere interessate all`applicazione della normativa in questione. Per noi è fondamentale che la politica rispetti l`autonomia negoziale dei sindacati che rappresentano il lavoro e l`impresa, a meno che si tratti di interventi legislativi di sostegno, come lo Statuto dei lavoratori, che hanno il compito di raccogliere e di consolidare attraverso la legge i passi in avanti compiuti dalla negoziazione.

    A questo proposito varrebbe la pena di intervenire per quanto riguarda la situazione che si è determinata negli stabilimenti della Fiat, a seguito della decisione dell`azienda di cancellare tutti gli accordi sindacali esistenti per adottare il cosiddetto "modello Pomigliano".

    L`operazione di Marchionne non ci ha colti di sorpresa, dopo la decisione dell`azienda di fuoriuscire da Confindustria. Confidavamo però in una maggiore prudenza e soprattutto sulla consapevolezza della Fiat di doversi confrontare con un nuovo quadro politico che ha, alla base della sua scommessa, l`esigenza di riportare l`Italia fuori dalla crisi assumendo come elemento centrale di successo la ricerca di una nuova coesione sociale.

    Circa la scelta operata dalla Fiat, vogliamo semplicemente affrontare l`argomento della democrazia nei luoghi di lavoro: l`esclusiva applicazione dell`art. 19 dello Statuto dei lavoratori consente la costituzione di rappresentanze sindacali esclusivamente a quelle organizzazioni che siano firmatarie degli accordi applicati nella unità aziendale stessa.

    Questa situazione si è determinata a seguito della improvvida correzione dell`art. 19 dello Statuto dei lavoratori a seguito del referendum del 1995: il primopunto del dispositivo cancellato consentiva, per iniziativa dei lavoratori, anche la costituzione di rappresentanze sindacali aziendali nell`ambito delle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale, cioè Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Fismic, tutte presenti all`interno degli stabilimenti. Per evitare adesso il riprodursi di un conflitto che potrebbe derivare dall`esclusione di un qualsiasi sin- dacato dal diritto di presenza all`interno della fabbrica, in questo caso della Fíom in quanto non firmataria dell`accordo, proponiamo che si preveda legislativamente il ripristino della formula dell`articolo 19 com`era prima del referendum. In questo modo il problema della presenza dei sindacati all`interno dei luoghi di lavoro sarebbe risolto alla radice e non vincolato alla firma degli accordi.

    Per quanto riguarda invece il secondo punto, il cosiddetto contratto unico proposto da Pietro Ichino, nel constatare il successo di una formula ormai entrata nel linguaggio comune, non posso che rilevarne, come ha fatto Sergio D`Antoni sulle colonne de l`Unità, l`estrema contraddittorietà e il rischio di inefficacia che essa comporta. Intanto contratto unico non significa unico contratto, perché accanto ad esso sopravvivono forme di lavoro a termine o stagionali, come è del tutto ovvio.

    In secondo luogo, proporre il mantenimento dell`articolo 18 soltanto per coloro che sono già nel mercato del lavoro e non a chi dovrà entrare con le nuove assunzioni, per lo più le giovani generazioni, significa riprodurre quel dualismo di regole tra generazioni che a parole si vorrebbe eliminare. Infatti nella proposta di Ichino, alla «reintegrazione nel posto di lavoro eventualmente decisa dal giudice», si sostituisce un risarcimento di tipo monetario.

    Inoltre non si capisce, in un mercato del lavoro che impone, a seguito di crisi e flessibilità, una mobilità sempre maggiore da lavoro a lavoro, cosa succederebbe a coloro che attualmente impiegati e protetti dall`articolo 18 dovessero licenziarsi o essere licenziati.

    Anche a questi lavoratori verrebbero applicate le regole previste da Ichino per i nuovi assunti? In realtà, pensare di risolvere il tema dell`occupazione cancellando l`articolo 18 è una impostazione sbagliata. Dovremmo invece interrogarci sul come garantire ai lavoratori italiani quella flexicurity di stampo europeo che tutti, a parole, invocano e che noi condividiamo.

    Basterebbe, a questo proposito, applicare la legge delega sugli ammortizzatori sociali, da me predisposta quando ero ministro del Lavoro nel governo Prodi, condivisa dalle parti sociali e rimasta finora inattuata.

    Fonte: Gli Altri | vai alla pagina

    Argomenti: lavoro, sindacati, licenziamenti, relazioni sindacali, Fiat, Sacconi Maurizio, flessibilità, Statuto dei Lavoratori, governo Monti | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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Commenti (1)

  • Inserito il 02 dicembre 2011 da 31
    "La legge delega sugli ammortizzatori sociali è rimasta finora inattuata". Questa è una constatazione. L'informazione non c'è. Perché proprio questa legge, in anni e anni di lavori precari, è rimasta inattuata ?

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