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Dichiarazione di Stefano STEFANI

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: Lega)  - Pres. commissione Affari esteri Camera - Deputato (Gruppo: Lega) 


 

"L'italiano" - INTERVISTA

  • (09 febbraio 2012) - fonte: L'italiano - Lucia Abballe - inserita il 09 febbraio 2012 da 21157

    Il Presidente della Commissione Affari esteri della Camera dei Deputati ha votato contro il decreto che prolunga le missioni militari internazionali.

    Il primo Febbraio la Camera dei Deputati ha approvato il decreto che proroga fino al 31 dicembre del 2012 le missioni militari internazionali nelle quali è impegnato il nostro Paese. L’esame del provvedimento ha ottenuto il solo voto contrario della Lega Nord che, attraverso le parole del leghista Stefano Stefani in dichiarazione di voto, “continua ad esprimere grande perplessità sulla partecipazione italiana alle missioni internazionali”.

    Abbiamo chiesto all’on. Stefano Stefani, Presidente della Commissione Affari esteri della Camera dei Deputati, i motivi del voto contrario.

    Presidente Stefani, Lei è intervenuto in dichiarazione di voto ed ha affermato che la riduzione dell’impegno numerico nelle missioni internazionali consola poco. Non crede che si tratti di un processo graduale volto al totale ritiro dei nostri contingenti militari e del personale appartenente alle Forze di polizia impiegati nelle diverse aree geografiche?

    Tutto giusto. Peccato che tale riduzione non sembra avere apprezzabili conseguenze sul piano degli oneri finanziari, che si riducono soltanto di poco più di 100 milioni di euro. A fronte di una diminuzione delle truppe di oltre il 20% si registra infatti un risparmio soltanto dell’8%. Ho da subito fatto presente la questione ai Ministri degli esteri e della difesa durante la loro audizione davanti le commissioni esteri e difesa di Camera e Senato.

    E cosa Le è stato risposto?

    Mi è stato risposto che la proporzione non può essere matematica. Mi sembra ovvio, in ragione delle spese fisse, ma la differenza è troppo rilevante per essere liquidata così.

    Quali sono i bilanci negativi e quali quelli positivi delle missioni internazionali?

    In Afghanistan, dove dispieghiamo il nostro contingente più numeroso, a dieci anni dall’inizio dell’intervento della comunità internazionale il bilancio è decisamente negativo e sta imponendo la trattativa con i talebani da una base di debolezza. Il Presidente Karzai è tornato in Europa a battere cassa ma non è in grado di garantire alcuna prospettiva certa, tanto che invoca la prosecuzione della presenza internazionale nel suo Paese anche dopo la fatidica data del 2014 fissata in chiave meramente pre-elettorale dal Presidente Obama. Sappiamo bene che non si risolve la crisi afghana se non nel quadro regionale, e cioè coinvolgendo il Pakistan, ma anche l’Iran. Ebbene su questo fronte non è stato fatto alcun passo avanti! L’Iraq è ben lungi dall’essere pacificato, come dimostrano le continue serie di attentati terroristici e l’endemica rivalità tra le forze politiche che sono in realtà una sorta di clan etnico-religiosi, nonostante la retorica statunitense dell’esportazione della democrazia.
    Apprezziamo naturalmente il rafforzamento della nostra presenza in Kosovo che resta la sola garanzia per la sopravvivenza delle comunità serbo-ortodosse. Ma restiamo stupefatti dalla motivazione addotta di dover far fronte ad una recrudescenza della conflittualità interetnica. Ma non ci si rende conto che la causa è stata proprio la dissennata riduzione del contingente internazionale disposta nei precedenti decreti? Chi ha mai potuto credere alla favola di un Kosovo pacificato?

    Quindi Presidente Stefani, secondo Lei ed il suo partito, il piatto della bilancia pende soprattutto dalla parte negativa di queste missioni internazionali. E l’Europa in tutto ciò?

    L’Europa sta a guardare , si potrebbe dire richiamandosi alle stelle del celebre romanzo di Cronin. La crisi dell’euro sta infatti assorbendo tutte le risorse comunitarie e continua a mancare all’appuntamento di una strategia comune di intervento con pericolo di scaricare sui singoli Stati le tensioni di un progetto fallito, come già sta avvenendo sul piano migratorio. È giunto il momento di smetterla di inseguire il mito provinciale di una media potenza e di darsi da fare veramente per la pace che non si consegue certo aumentando la pressione militare.

    Fonte: L'italiano - Lucia Abballe | vai alla pagina

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