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Dichiarazione di Andrea Riccardi

Alla data della dichiarazione:  Ministro  Cooperazione internazionale e integrazione


 

La politica non mi fa schifo. Ma non sarà mai il mio lavoro - INTERVISTA

  • (19 marzo 2012) - fonte: Panorama - Ignazio Ingrao - inserita il 20 marzo 2012 da 22161

    La bufera per una sua frase «rubata» sulla «politica che fa schifo» non ha fatto perdere le vecchie abitudini al ministro per la Cooperazione internazionale, Andrea Riccardi: una lunga passeggiata in una mattina già primaverile, per lasciarsi alle spalle le polemiche. E qui il fondatore della Comunità di Sant’Egidio accetta di rispondere alle domande di Panorama.

    Quattro anni fa, in un’altra intervista a «Panorama», descriveva il disagio che provò nel 1968 partecipando ai collettivi studenteschi. È lo stesso fastidio che sente oggi per la politica?

    Allora ero un ragazzo di 18 anni, che avvertiva un fortissimo desiderio d’impegnarsi. Nei collettivi ascoltavo tante parole, ma sentivo che mancava il contatto concreto con la realtà. E mancava anche la profondità spirituale. Capivo che fuori da quel modo di fare politica c’era il mare immenso della vita, i poveri, una città come Roma, piena di disuguaglianze, e la gente che nessuno ascoltava. Per questo ho lasciato i collettivi e ho cominciato a frequentare le baracche a Ponte Marconi e a Primavalle.

    Oggi quelle baracche non ci sono più, ma un certo modo di fare politica la infastidisce lo stesso?

    Oggi è diverso: avverto una grande domanda di politica. Certo, alla gente non interessa più stare davanti alla tv a vedere leader che litigano. E in fondo non interessa nemmeno se a vincere sarà Pier Luigi Bersani, Pier Ferdinando Casini, Angelino Alfano o Silvio Berlusconi in quanto tali. I cittadini oggi sono più interessati alle proposte che ai leader. C’è voglia di partecipare e di dire la propria. I partiti dovrebbero tornare fra la gente, tornare a parlare di cose concrete.

    Con la Comunità di Sant’Egidio avete fatto politica?

    In un certo senso penso di sì. Siamo convinti che la carità possa cambiare il mondo. Il cristianesimo non si vive nelle nuvole, ma in mezzo agli uomini. La pace che la Comunità di Sant’Egidio ha negoziato in Mozambico è stata un fatto politico, anche se l’obiettivo andava oltre la politica. Il doposcuola con i rom o la lotta all’aids sono un modo di fare politica fuori dal Palazzo.

    Dopo il suo contestato «fuori onda» lei ha avuto anche apprezzamenti: l’antipolitica riscuote sempre successo?

    I cittadini non sono interessati alle frasi rubate e io non penso di essere un campione dell’antipolitica. Tutt’altro. Ho sempre detto, e molto prima di diventare ministro, che la politica deve crescere, che c’è bisogno di politica, ma fatta in modo diverso. E credo che molti abbiano compreso quello che volevo dire veramente. Certo, il rischio dell’antipolitica c’è sempre, alimentato dal ribellismo e dalle proteste. La vita è dura per chi non vede prospettive davanti a sé. Ma l’antipolitica si combatte mostrando l’attività di un governo che con pochissimo tempo a disposizione cerca di mettere le basi per il futuro del Paese.

    Dicono che si candiderà sindaco a Roma…

    No, non sono candidato al Comune di Roma e non ci ho mai pensato. A 62 anni penso che il mio compito possa essere diverso. Continuerò a parlare di cultura e di politica. Ma non diventerò mai un politico di professione. Più volte, in questi anni, ho rifiutato ruoli e candidature. Ho risposto di sì alla telefonata di Mario Monti, la mattina del 16 novembre, perché ho pensato si trattasse di un’emergenza nazionale e di un servizio per il Paese che non avevo in alcun modo sollecitato.

    Non c’è conflitto d’interessi tra il suo ruolo nella Comunità di Sant’Egidio e il suo compito da ministro?

    Non vedo quale possa essere il conflitto. Ho portato la mia esperienza nel governo. Il mio ministero mette insieme due temi molto diversi ma correlati: la cooperazione internazionale e l’integrazione. Mi sono trovato a dover costruire il mio ministero, a dover perimetrare le mie competenze anche rispetto a quello degli Esteri. La cooperazione internazionale è molto cambiata e va ripensata perché sono molto cambiati anche i paesi che ne beneficiano. Togliere il bollo alle rimesse degli immigrati è un modo per fare cooperazione. Allo stesso tempo, non sono il ministro degli stranieri: sono il ministro degli italiani e di tutti coloro che vivono nel nostro Paese.

    Voi ministri cattolici siete stati accusati di aver fatto troppo poco per i temi che stanno a cuore alla Chiesa, a parte l’Ici. Cominciando dalla famiglia.

    Salvare l’Italia dal default ha voluto dire salvare anche lo stato sociale. Non dimentichiamolo. In caso di fallimento del nostro Paese i primi a pagarne le conseguenze sarebbero stati i poveri e le famiglie.

    Anche lei lavora per far rinascere la Dc?

    Il mondo cattolico, scioccato dalla crisi della Dc, si era allontanato dalla politica. Oggi invece nei cattolici riemerge un certo gusto per la politica. I cattolici hanno idee per il futuro del Paese. Ma non saprei cosa vuol dire far rinascere la Dc. Penso che i cattolici saranno in tutte le parti politiche ma forse si condenseranno un po’ di più in qualche schieramento. Pretendere di eliminare il centro, in nome di un bipolarismo forzato, è impossibile. L’Italia è un paese plurale, dove il bipartitismo non può esistere. Ma attenzione: non mi candido a diventare leader di un polo dei cattolici.

    Se Corrado Passera scenderà in campo alle prossime elezioni, gli starà accanto?

    Passera non mi ha mai parlato dei suoi progetti. Ha lasciato i suoi impegni per mettersi al servizio dell’azione di governo. Ma mi pare prematuro immaginare ora, con più di un anno di anticipo, scenari elettorali futuri. Nessuno fra noi ministri discute su quello che farà dopo: siamo concentrati sui problemi da risolvere. Io stesso non riesco neppure a immaginarmi come «consigliori» cultural-politico di qualcuno.

    Ma allora che cosa farà, una volta terminato di essere ministro?

    Vorrei spendermi per il rapporto tra il Nord e il Sud del mondo e per promuovere il dialogo. Perciò immagino i prossimi anni fatti d’incontri, studi, viaggi ed esperienze tra l’Europa, l’Africa e il Mediterraneo.

    Fonte: Panorama - Ignazio Ingrao | vai alla pagina

    Argomenti: politica, solidarietà, cooperazione, governo Monti | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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