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Dichiarazione di Dario FRANCESCHINI

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) 


 

Riforma Fornero. «Norme sbagliate, non siamo al rimorchio della Cgil» - INTERVISTA

  • (23 marzo 2012) - fonte: Il Messaggero - Carlo Fusi - inserita il 23 marzo 2012 da 15492

    Sulla bufera che infuria sull’articolo 18, Dario Franceschini, capogruppo del Pd a Montecitorio, la mette semplicemente così: «C’è un problema che è rimasto aperto in una riforma che ha moltissimi aspetti positivi, con misure che noi chiedevamo da anni».

    Sicuro? Perché quel problema aperto, come dice lei, cioè il non reintegro per i licenziamenti economici, sta diventando dirompente: non solo divarica il Pd ma c’è chi arriva a ipotizzare la crisi perché potreste togliere l’appoggio a Monti...

    «Quello del reintegro è un tema serio che però è del tutto sbagliato ricondurre a ragionamenti tattici: vince questo o vince quello; il Pd subisce le pressioni della Cgil e così via. Facciamo un ragionamento di merito. Chiediamo e continueremo a lavorare affinché venga recepita la possibilità di reintegro anche per i licenziamenti economici».

    Monti però nel vertice conclusivo con le parti sociali ha già detto che non si tocca nulla, che il reintegro non c’è. E allora?

    «E allora ci sono due considerazioni da fare. La prima, appunto, è di merito. Se la norma rimane così com’è, si affida solo al giudizio del datore di lavoro la fondatezza o meno della situazione di crisi. In sostanza l’imprenditore si autocertifica la condizione di difficoltà economica, e di conseguenza licenzia. Il lavoratore può ricorrere e l’unico provvedimento che può assumere il giudice è stabilire l’entità dell’indennizzo. Potremmo trovarci di fronte a migliaia di lavoratori che perdono il posto per crisi false oppure solo annunciate. Ed è per questo che le norme, da che mondo è mondo, sono fatte per tutelare le parti più deboli».

    Poi c’è l’impatto sul Paese, lei dice. Cioè?

    «Se l’articolo 18 resta nell’attuale formulazione, si ottiene il risultato che centinaia di migliaia di persone, da sempre convinte di non poter essere licenziate, precipiteranno in una condizione di precarietà psicologica. Invece di stabilizzare i precari, si ottiene il risultato di precarizzare gli stabili. Devastante».

    Confindustria e piccole imprese, per non parlare del Pdl, la pensano in maniera opposta. Vi sentite isolati?

    «La verità è che una norma siffatta, oltre che essere sbagliata, non può reggere. Non a caso, è di queste ore il fatto che la Cisl, l’Ugl, i vescovi sono arrivati alla stessa conclusione, e molti altri ci arriveranno nei prossimi giorni: è necessario adottare il modello tedesco, che è reintegro o indennizzo ma su decisione di un giudice».

    Tuttavia il nodo politico resta intatto. Il governo mantiene la sua posizione e non intende modificarla.

    «Se non mi sono distratto, le leggi è il Parlamento che le fa, non il governo. Siccome le leggi le fa il Parlamento, il governo manda un testo alle Camere - poiché l’ho espressamente chiesto resto convinto che non potrà essere un decreto bensì un disegno di legge o una delega - e lì la riforma verrà modificata».

    Suona come una minaccia. Significa che se non cambia non appoggerete più Monti?

    «Nessuna minaccia, semplice constatazione di quelle che sono le regole. Il nostro rapporto con il governo non cambia, la politica sistemerà le cose».

    Stavolta però la partita è più difficile. Davvero crede che in aula sia possibile trovare i numeri per eventuali modifiche?

    «Non solo che sia possibile: penso sia obbligatorio. Nessuno può immaginare che il sostegno a Monti possa arrivare da maggioranze occasionali o variabili. E’ come se io dicessi, ma non lo faccio, che Pd, Lega e Idv insieme hanno la maggioranza numerica».

    Se si modifica l’articolo 18 è salva anche l’unità del Pd, piuttosto pencolante a quanto pare. E’ per questo che siete così determinati?

    «Che in un partito grande, votato da un terzo degli italiani, ci sia un dibattito e anche posizioni di partenza differenziate è normale, mi preoccuperei se fosse l’opposto. Non è che ogni volta che c’è una discussione si possa parlare di spaccatura o addirittura di fine del Pd».

    Gira parecchia irritazione nel Pd nella convinzione che Monti sull’articolo 18 non avrebbe rispettato i patti. Conferma?

    «Tra noi e Monti su questo tema specifico c’è una differenza di opinioni. Nessuno scandalo. E nessun retroscena».

    Dica la verità: quanto pesa il pressing della Cgil? Quanto siete a rimorchio della Camusso? Fin dove siete disposti a seguirla?

    «Noi non seguiamo nessuno. In questa circostanza c’è una parziale coincidenza di posizioni con la Cgil. Qualche volta sono d’accordo con la Camusso, qualche volta no. E’ semplice autonomia reciproca. Il resto è strumentalizzazione».

    Insistere sul disegno di legge non è il paravento di una celata volontà di non fare la riforma?

    «Non esiste. Con un po’ di volontà politica un disegno di legge può essere approvato con gli stessi tempi di un decreto. Anche modificandolo».

    Fonte: Il Messaggero - Carlo Fusi | vai alla pagina

    Argomenti: parlamento, lavoro, sindacati, pd, lavoratori, licenziamenti, riforma, Cgil, articolo 18, governo Monti, fornero | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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