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Dichiarazione di Beatrice DRAGHETTI

Alla data della dichiarazione: Pres. Giunta Provincia Bologna (Partito: Cen-sin)  - Consigliere Provincia Bologna (Lista di elezione: Cen-sin) 


 

PSM. Piano strategico metropolitano. L'intervento al Forum.

  • (29 marzo 2012) - fonte: Sito personale Beatrice Draghetti - inserita il 31 marzo 2012 da 21

    Oggi prende avvio la parte più pubblica e partecipata del percorso per la elaborazione del Piano Strategico Metropolitano, il "nostro" PSM (piano strategico metropolitano).
    Accostando alcune esperienze già realizzate in altri territori del nostro Paese e in Europa si coglie la consistenza di un'impresa, quella appunto di un PSM, che ha a che fare con una visione di futuro cercata assieme, approfondita, condivisa, che muove e coinvolge una pluralità di soggetti qualificati e motivati che sentono come propri i processi e i risultati, che deve produrre cambiamenti significativi e strutturali rispetto alla situazione di partenza. Esperienze partite dalla consapevolezza di dover reagire al rischio di rimanere ai margini di un movimento di rinnovamento indispensabile per rilanciare e consolidare identità e potenzialità di un territorio.

    Se un'emulazione ci deve essere da parte nostra, oltre che evidentemente quella di evitare errori già fatti da altri e far tesoro di buone prassi riuscite, essa riguarda la convinzione che si metta mano ad un'impresa di alto profilo e difficile, che richiede che l'asticella sia posta in alto: a rischio, lo so bene, di non riuscire a corrispondere poi del tutto alle aspettative suscitate, ma d'altra parte sollecitati dall'impossibilita', pena l'inefficacia, di limitarsi ad un maquillage di superficie con un inutile nome pomposo.
    E' la cultura della strategia, delle strategie che dobbiamo recuperare e che darà un senso anche al quotidiano e all'emergenza. Un PSM non è un'attività normale e ordinaria di un territorio: appartiene alle stagioni di svolta, corrisponde per noi, oggi, alla scelta costruttiva di reagire ad una depressione, quella di questi ultimi anni, dai molti profili con la volontà e la fiducia di poter riaffermare i valori culturali, economici e sociali che ci connotano come vantaggi specifici da giocare dentro ad un contesto che ha i confini del mondo, guardando molto avanti, con un esercizio rinnovato e straordinario di pensieri e prospettive lunghe.
    Io credo che sia necessario assumere, partendo con questa fase di partecipazione responsabile, l'atteggiamento di chi capisce che ha un'occasione storica tra le mani, che c'è un momento particolarmente favorevole per noi ed è proprio questo, che passa adesso, da cogliere. Nessuna supponenza, nessuna faciloneria, piuttosto la determinazione, la resistenza, il passo da podista per tenere e soprattutto per portare a compimento. Una coraggiosa visione del nostro futuro possibile: per meno non credo che valga la pena di muoversi e di scomodare un PSM. Noi oggi partiamo per un percorso costituente per Bologna del futuro.
    Entro aprile si avvieranno i Tavoli per i quattro ambiti scelti : in quelle occasioni avremo l'opportunità di condividere alcuni orientamenti di scenario per un percorso che possa svolgersi dentro a riferimenti chiari ed in sintonia tra tutti.

    Vorrei esprimere brevemente alcune convinzioni. Scegliamo davvero di RIPENSARE la città e il territorio. Alle spalle abbiamo una storia importante, i cui segni e i cui frutti rappresentano ancora motivo di fierezza di appartenenza e garanzia di tessuto sano. L'attualità ci parla di risorse preziosissime in campo, ma anche di fatiche e difficoltà inedite, alla cui entità e diffusione non eravamo abituati, qui. Un futuro che ha bisogno di essere segnato da una nostra impronta positiva ed originale, con direzioni di marcia che corrispondano ad un disegno, ad una progettualità armonica di respiro, ad un orizzonte che dia un senso ai nostri progetti, agli sforzi, ai sacrifici... E per fare questo, provando a scegliere anche un punto di vista: io suggerirei di far molto conto di una presenza, che forse non da tutti e spontaneamente si considera preziosa, e cioè quella delle persone oggi segnate drammaticamente dalla crisi attuale. Perché sono loro che probabilmente ci consentiranno di recuperare anche un genere diverso di vita, perché non c'è dubbio - comunque la si pensi - che qualcosa di quello che siamo e di quello che facciamo ha prodotto e continua a produrre disastri. Con loro forse e' possibile riconoscere che abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità, che i valori del bene comune sono soprattutto da praticare, che dobbiamo mettere la nostra fiducia nel progettare insieme, pure affrontando sacrifici utili e sapendo il perché.
    Individuiamo le CONDIZIONI che consentano al disegno di delinearsi in maniera vera, di reggere e soprattutto di attuarsi. Non possiamo pensare di mettere mano ad alcunché di serio e di robusto se non si fa strada insieme, avendo il senso della cosa comune, della casa comune, che non può tollerare solo protagonismi, incomunicabilità, demolizioni e divisioni.
    C'è bisogno che la visione di futuro sia costruita non dai soliti ancorché validissimi noti, ma è da risvegliare il gusto della partecipazione che langue, quella vera, che non si limita a tirar sassi e scappare ma che c'è, magari anche scomoda per i decisori, ed è disponibile ad esercitare fino in fondo il profilo di cittadinanza, nei diritti, nei doveri e nelle responsabilità.
    Infine il prerequisito del lavoro, che appunto fa della persona un cittadino ed è la condizione per qualsiasi possibilità di progetto personale e comunitario. Altrimenti non parliamo di niente. Senza lavoro - e la gestione dei tavoli di crisi aziendali in Provincia anche da questo punto di vista è stata un'esperienza drammatica - senza lavoro un padre e una madre fanno fatica a riconoscersi come tali, un ragazzo con due lettere di licenziamento in famiglia non è più lo stesso studente di prima, un giovane a spasso è la più grave e seria contraddizione che ci sia e la strategia delle strategie deve tendere a sconfiggere questi scenari.
    Infine giochiamo con lungimiranza un profilo che ha segnato sempre la nostra convivenza: l'INTERDIPENDENZA, che abbiamo dimostrato di saper declinare in modo articolato.
    Interdipendenza dei territori, innanzitutto. L'esperienza della dimensione metropolitana e' decisamente un fatto: l'integrazione di soggetti, politiche e azioni ha dato ormai da lunghi anni buona prova di sè, esprimendosi in programmazioni e interventi di area vasta che hanno rafforzato le pari opportunità dei cittadini, hanno migliorato la qualità e la efficacia dei servizi, hanno prodotto significative economie di scala. Il peso positivo di un ampio sistema istituzionale/amministrativo territoriale, quale è il nostro, e' una risorsa nient'affatto scontata nel panorama nazionale.
    I Sindaci sono stati e sono artefici e manutentori convinti della bontà di questa esperienza di legame istituzionale forte, che dentro alla regia di coordinamento della Provincia, si e' irrobustita ed articolata negli anni, tanto da auspicare un più significativo supporto delle normative in questa direzione, anche in vista di una governance più adeguata. Si è consapevoli infatti, oltre che delle potenzialità, anche delle criticità esistenti nel rapporto tra centro e periferia del sistema territoriale: sicuramente la frattura tra capoluogo e territori rappresenterebbe una visione assolutamente miope e di cortissima efficacia.
    Il sistema territoriale bolognese è nodo e rete anche su scala ampia, innanzitutto a livello regionale. Sono convinta che, in una logica di sistema, il rafforzamento di Bologna in ambito infrastrutturale, produttivo, culturale e formativo, sarebbe un vantaggio anche per gli altri territori e la Regione stessa ne beneficerebbe. Bologna, nodo per l'Italia, ma già da ora anche per l'Europa - pensiamo all'Università – e per vaste aree del mondo a cui siamo collegati da interessi economici e culturali, ma anche, di impegno solidale. Connessioni che dobbiamo decidere di far diventare strategiche.
    Interdipendenza delle culture e delle persone. Alla fine del 2010 gli stranieri residenti in provincia di Bologna erano oltre il 10%, vent'anni fa erano appena l'1,2%. Se in poco meno di 20 anni la popolazione complessiva e' aumentata di quasi 100 mila abitanti, la componente italiana e' rimasta pressoché costante. Più della meta' degli stranieri risiede nel capoluogo. 156 i Paesi di provenienza. Ormai l'immigrazione ha assunto un carattere di stabilita', come dimostrano: l'incremento della popolazione femminile, dei minori stranieri (aumentati di più del 130% dal 2002 al 2010) e dei nati, che nel 2010 sono pari al 21% circa del totale dei nati. Infine il 14% dei cittadini stranieri residenti sul territorio è nato in Italia: a Granaglione, Pieve di Cento e a Castel d'Argile oltre il 20%.
    La coesione e' un bene di cui il territorio non può fare a meno: certo viene messa alla prova dai fenomeni migratori, ma riguarda l'insieme delle relazioni di chi abita, lavora, studia qui; oggi l'inclusione, non pienamente assimilata neanche nel nostro territorio, è minata anche da una crisi dai molti volti che in modo assurdo contrappone povertà a povertà. Un cambio di passo e di incisività rispetto ad un'emergenza gestita sia pure civilmente in vista di una strutturata, positiva e feconda convivenza plurale costituirebbe un salto qualitativo di potenzialità sia per il territorio sia per l'esterno.

    Infine interdipendenza delle età. Abbiamo a disposizione alcune risorse di immenso valore, quali l'intrapresa educativo/formativa e il capitale sociale, che hanno fatto di Bologna un indiscusso riferimento. Sono esattamente gli ambiti in cui, in modo naturale ed estremamente fecondo, le generazioni si trasmettono le ragioni di vita e di speranza, i saperi e le competenze, la gratuita' e la solidarietà. Non si può non portare ancora a frutto con grande determinazione e senso delle priorità questa mappa del tesoro, che costituisce l'attrezzatura più robusta ed invincibile per le persone e le comunità, soprattutto nelle stagioni più magre, come quelle attuali. Possiamo anche risparmiare su tutto, ma non sulla semina e sulla semina di queste potenzialità e sulla coltivazione di quei legami che nessuna rete potrà mai sostituire.
    Concludo con un riferimento alla partecipazione. Il Piano deve essere un piano della città e del territorio. Dobbiamo stringere una sorta di patto, attraverso un confronto caldo dei valori e degli interessi di tutti: si sceglie di mettersi in pista se si ha fiducia nelle rispettive potenzialità e se si condivide che la cura della comunità scaturisce da un grande impegno collettivo e intrecciato. Se riusciremo a recuperare e rilanciare una siffatta partecipazione, non sarà solo per il PSM, ma costituirà l'esperienza e il profilo- da non abbandonare più - del nostro modo di essere comunità bolognese.

    Fonte: Sito personale Beatrice Draghetti | vai alla pagina
    Argomenti: infrastrutture, investimenti, bologna, provincia di Bologna | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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